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Un pianoforte a Zanskar

by Luca Albrisi

L’odissea di tre strani personaggi determinati a portare un pianoforte in uno dei luoghi più remoti del pianeta.

Il Trento Film Festival è in grado da sempre di condurci tra i pendii di una Montagna fatta non solo di imprese sportive straordinarie ma anche di straordinarie storie che hanno origine in luoghi impensabili dove la Montagna riesce a penetrare e diventare protagonista.

Alcune storie cominciano che neanche te ne accorgi.
Serpeggiano tra le strade e i vicoli brullicanti di persone che, ignare, iniziano a diventare personaggi di racconti talmente straordinari da non sembrare nemmeno verosimili.
Desmond O’Keeffe sembra già di per sé un personaggio di fantasia, è soprannominato “Mr. Gentle”, probabilmente per il suo tono di voce pacato e per quello sguardo sensibile e un po’ triste con cui guarda al mondo.
Desmond è un accordatore di pianoforti e possiede una bottega a Camden Town, Londra, da dove passano centinaia di persone ogni giorno.
C’è chi entra per prenotare un’accordatura, chi si intrufola con passo leggero per rendersi conto di come realmente sia una bottega dove vengono accordati i pianoforti e c’è chi, infilando il naso per curiosare, decide di diventare un apprendista e fermarsi qualche anno.
È quello che è successo ad Anna, altra anima gentile naturalmente affine a Desmond, che nel suo peregrinare ha sentito la necessità di fermarsi per condividere una fetta di vita con il “vecchio gentile”.
Un rapporto di cura reciproca che sarà fondamentale per intraprendere questa surreale avventura.

Ma si sa, le avventure, piccole o grandi che siano, hanno sempre inizio con una “chiamata”. Qualcosa che ci fa smuovere dentro, innescando dei sentimenti in grado di stravolgere il naturale essere delle nostre vite per spingerci all’azione, verso qualcosa che rompa i nostri schemi.
Verso qualcosa che possa essere ricordato e rivissuto.
Anche solo da noi stessi.
“Alcune delle cose più straordinarie che sono avvenute nella mia vita, sono cominciate semplicemente con qualcuno che è entrato nella mia bottega” dice Desmond.
Perché si, molto spesso sono le avventure a cercarci e a offrirci occasioni straordinarie e irripetibili.
E infatti, in un giorno come tanti altri, nella bottega di Desmond, entra una cliente abituale portando con sé il racconto di una scuola nella regione dello Zanskar – nel remoto Himalaya indiano – dove avrebbero tanto bisogno di un pianoforte per poter avviare i bambini del luogo allo studio della musica.
Ma la sfida vera è che Lingshed, questo il nome del paese, è situato a più di 4000m di quota e accessibile solo tramite sentieri molto impervi. Indubbiamente uno dei centri abitati più remoti al mondo che proprio per questo è stato in grado – almeno per ora – di mantenere intatta la propria cultura e i propri stili di vita messi in pericolo dallo sviluppo, se pur lentissimo, delle nuove strade che portano con sé la diffusione degli usi e costumi occidentali.
E così, alle parole “è impossibile portare un pianoforte nello Zanskar” il vecchio Desmond sente la sua chiamata ed è pronto a mettersi in discussione.
Già, forse perché quando hai dedicato tutta la vita ai pianoforti, alla loro riparazione, alla loro accordatura quello che desideri più di ogni altra cosa è diffondere una melodia che sappia andare oltre la semplice musica. Qualcosa che sappia penetrare all’interno delle persone andando al di là del semplice oggetto-strumento. Una melodia che possa attaccarsi alla loro anima e continuare a vivere insieme a qualcuno che magari nemmeno conosci ma che, mantenendola in vita, in qualche modo mantiene in vita anche te.
Desmond decide quindi di rinunciare al proprio imminente futuro da pensionato “seduto sulle sedie a sdraio a mangiare torta al limone” e accetta quella che probabilmente è la sfida più grande della sua vita, non solo come accordatore di pianoforti ma anche come uomo.
Per quale ragione?
Forse per lasciare il segno della propria esistenza o forse perché sente che è la cosa più giusta da fare.
O semplicemente, come diceva George Mallory riferendosi all’Everest “because it’s there”.

Un pianoforte verticale Broadwood and Sons di oltre 80 kg però, non può essere trasportato intero da Londra fino all’Himalaya indiano. Quindi la prima sfida di Desmond è proprio quella di smontare completamente il pianoforte, imballarne ogni singolo componente, ed attrezzarsi per trasportare tutto tramite l’aiuto di un gruppo di sherpa locali, pony e Yak.
Un’impresa che nessuno dei componenti di questa spedizione si sarebbe aspettato essere così difficile e impegnativa.
Ma quando nella vita hai seminato amore e disponibilità tutto ti torna indietro e a supportare questi enormi sforzi compare anche un altro apprendista, Harald, giovane vichingo che anni prima, a causa di sofferenze sentimentali, aveva deciso di lasciare il nord Europa e girare il mondo trovandosi a passare nella bottega di Desmond e decidendo di fermarsi per un po’.
Ma fino a che punto è giusto spingersi per raggiungere i propri obiettivi, soprattutto quando questi sembrano assurdi?
E fino a che punto è lecito mettere in pericolo la propria vita e quella dei propri compagni per riuscire a suonare una delle melodie “più alte del mondo”?
Il potere universale della musica è proprio quello di ispirare forza e portare gioia ma bisogna anche essere disposti ad ascoltarla e seguirne l’impeto.
“I’ve been moving piano for fifty years, I’ve seen a few things but this is a bit… insane…” si ritrova a commentare Desmond durante uno dei momenti più critici di questo viaggio contraddistinto da pendii ripidi, sentieri impervi, strapiombi e panorami di assoluta bellezza.
E quello che viene da chiedersi di fronte a chi è in grado di rispondere alla propria chiamata è se, in fondo, ci sia tutta questa differenza tra i pianoforti e le montagne.

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