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Andrea Lanfri alla conquista dell’Everest

With: Ferrino
ITW:Andrea Lanfri
By: Ilaria Chiavacci

Una meningite piuttosto aggressiva gli porta via, a un passo dai trentanni, tutte e due le gambe e sette dita delle mani su 10, ma il richiamo della montagna è stato più forte e adesso Andrea, che di anni ne ha 36, sta per affrontare lEverest.

 

Andrea Lanfri, atleta paralimpico ambassador Ferrino, punta alla vetta più alta del pianeta. È partito il 23 marzo 2022 con destinazione Nepal per tentare di conquistare l’Everest. È la prima volta che un atleta pluriamputato italiano tenta una scalata sopra gli 8000 metri. Salirà con l’amico Luca Montanari e l’obiettivo è l’ascesa senza ossigeno.

Dover convivere con una malformazione, con un corpo diverso da quello degli altri, un corpo che deve sforzarsi il triplo per fare quello che la maggior parte delle persone fa senza neanche pensarci, è difficile. Lo è ancora di più se in questa condizione ci si ritrova di punto in bianco a 29 anni. È infatti a 29 anni, nel pieno del vigore e della forza che Andrea Lanfri, ambassador Ferrino, a causa di una meningite con sepsi meningococcica perde entrambe le gambe e buona parte delle dita delle mani. Quella che ai più appare come una notizia shoccante non smuove Andrea dalla sua passione: è sempre stato malato di alpinismo e a mollare non ci ha pensato mai, neanche per un secondo.

“Non saprei proprio spiegarlo, ma già dal mio risveglio dopo le varie amputazioni, dei piedi e di gran parte delle mani, dentro di me cera questa pazza convinzione che, nel bene o nel male, sarei tornato lAndrea” di prima. Ho visto subito questa situazione come una sfida, una bella sfida, ad oggi la più impegnativa che mi sia trovato ad affrontare, ma alla fine lho vinta. Anzi, sono andato oltre: in quel letto di ospedale mi ero giurato di continuare a fare le cose che facevo prima, ad oggi posso dire che mi sbagliavo alla grande perché oggi ne faccio molte più.”

Con molte più di prima” Andrea si riferisce allaver raggiunto punta Hiunchiuli sul monte Everest e aver scalato il Vulcano Chimborazo in Ecuador, solo per citarne due.

Ilaria Chiavacci gli ha rivolto qualche domanda prima della partenza.

La tua bio recita: I limiti sono solo nella tua testa.” Ce n’è uno che ancora non sei riuscito a superare?
Credo che il volersi costantemente migliorare sia insito nella natura di tutti gli atleti, ogni limite lo si vede come una sfida e, preparandosi per vincerla, automaticamente il limite viene spostato più in là. Appena messe le prime protesi provai ad arrampicare subito, in quel momento fallii alla grande e misi il climbing in stand-by, poi la mia testardaggine mi ha spinto a continuare a provare ancora e ancora, fino a trovare delle soluzioni. È stata lambizione, questo desiderio assiduo, ad aprirmi la mente a nuove idee, nuove impostazioni del mio corpo che, ad oggi, mi hanno portato a pensare di scalare montagne altissime. Io credo che per una persona che come me si trovi ad affrontare un intoppo” nel suo percorso di vita ambizione, determinazione e saper sognare siano tre requisiti fondamentali. La montagna e lalpinismo sono tornati prepotenti nella mia vita perché lho sognato veramente tanto. Ma bisogna anche essere determinati: quando sono tornato a casa e ho iniziato a frequentare i luoghi montani di sempre con i miei nuovi piedi trovavo tutto così difficile, anche quei percorsi che prima classificavo come facilissimi.

Le prime protesi le hai ottenute attraverso il crowdfunding, questi strumenti possono dare una qualità di vita molto alta, ma sono anche molto costosi…
Purtroppo anche la normale manutenzione, specialmente se come me ne si fa un utilizzo esagerato, è costosissima. Molte delle mie infatti sono ricavate da quelle vecchie: ormai usurate per uno scopo, ma ancora valide per altri. Le protesi da ciclismo ad esempio sono nate da un vecchio paio che utilizzavo per camminare. Ne ho di diverse per alpinismo, trekking, ciclismo, corsa su strada, arrampicata (anche queste ricavate da vari pezzetti di mie vecchie protesi) e infine quelle civili”, che utilizzo tutti i giorni per andare in giro e a lavoro. Per ottimizzare i movimenti e i gesti atletici ogni sport ha la sua particolarità e richiede la protesi specifica.

Sul polso destro hai tatuato la data di quando tutto questo è iniziato.
C’è una linea interrotta da questa data buia, ma poi la linea continua per intensificarsi più di prima, per dimostrare che la vita è continuata. Molti degli altri tatuaggi invece non hanno un significato particolare, praticamente girano attorno alle varie cicatrici che ho sparse per il corpo.

Come scegli le tue avventure? Cos’è che ti spinge a scegliere una cima, o unaltitudine, piuttosto che unaltra?
A volte mentre sto completando lascensione ad una me ne vengono in mente altre due, altre volte invece lispirazione arriva proprio mentre sono a casa, come durante il primo lockdown quando ho partorito from0to0” il progetto in cui sono partito dal livello del mare, Lerici, per avvicinarmi in bici e poi salire sul Monte Pisanino e tornare ancora ad altitudine zero di nuovo a Lerici.

Partirai presto di nuovo per lEverest, cosa ti ha portato a scegliere questa impresa?
La vetta del monte Everest, i famosi 8848, per me rappresentano la fine di un lungo cammino iniziato anni fa: il percorso di avvicinamento non è solo quello verso il Campo Base. Comunque ho talmente tante idee e progetti in mente che non sarebbe sufficiente una vita intera per portarli a termine tutti. Ho la fortuna di avere moltissime passioni, ma anche tanta fantasia e voglia di fare: questo è sempre stato il mio vero punto di forza.

Fai parte della family Ferrino, quale attrezzatura hai scelto per questa impresa?
Senza dubbio gli zaini Instinct, che per me sono un must e fanno parte di tutte le mie salite importanti. Per me i requisiti essenziali da soddisfare sono leggerezza e praticità. Con me avrò anche anche alcune tende dalta quota, materassino e sacco a pelo.

Questa intervista è stata pubblicata su The Pill Outdoor Journal 52.