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Anton Krupicka si racconta a Cortina

Anton Krupicka probabilmente non ha bisogno di presentazioni per nessuno, però io quel probabilmente lo voglio lasciare. Ho chiesto a lui di raccontarsi come piacerebbe essere conosciuto e per cosa vuole essere ricordato ma soprattutto chi è oggi e perché è arrivato fino in Dolomiti malgrado non gareggiasse. I suoi occhi azzurri si muovono veloci mentre cerca le parole per esprimere i suoi pensieri, e i capelli non gli sfiorano più le spalle ora che li ha tagliati. La mia prima domanda era anche la più difficile: cosa vorresti che la gente pensasse di te, chi è veramente Anton Krupicka? Al che lui ha risposto “A te cosa piace fare?” Così, ho pensato di partire dal particolare per arrivare poi al generale.

“Le persone cambiano e questo

dovrebbe andare bene, bisogna

aspettarselo e permettere alle

persone di cambiare”

Perché dagli States hai viaggiato fin qui anche se non gareggi?

Ti stai chiedendo perché sono qui? Beh, sento che sto invecchiando. Ho 39 anni. Ho corso questa gara nel 2014 e l’ho vinta, avevo 30 anni. Sono a un punto della mia vita in cui sono curioso di sapere perché sono ancora in qualche modo rilevante in questo sport. Corro le ultra dal 2006, quindi… cosa sono, diciassette anni? Amo la montagna e andare a correre. Dieci anni fa ero molto competitivo e volevo e vincevo le gare. Sto ancora bene ma non ho più bisogno di essere convalidato da un risultato. Sono però conosciuto nella community della corsa e quindi sento l’obbligo di restituire ciò che quella community ha dato a me in precedenza. È per questo che continuo a partecipare a eventi come questo, per incontrare le persone. Ciò che mi affascina sempre è il concetto della performance umana e del superamento delle sfide da parte dell’uomo, per trovare qualcosa dentro di sé.

… che è anche il motivo per cui hai iniziato a correre e hai continuato a gareggiare?

Sì, è stata la curiosità. La maratona a 12 anni l’ho fatta per la stessa ragione per cui ho iniziato a correre le ultra: mi chiedevo se ce l’avrei fatta. Poi col tempo ha iniziato a trattarsi di gare, di battere altre persone, di cercare di essere il migliore per un certo periodo di tempo. Credo che non si possa competere ai massimi livelli senza una certa dose di ego per dimostrare in qualche modo il proprio valore.

E quando hai deciso di smettere di gareggiare?

Per me si è trattato di un paio di cose: innanzitutto continuavo a infortunarmi e quindi non potevo correre per lunghi periodi. Ci sono stati alcuni anni, prima della pandemia, in cui non ho potuto correre affatto. Per un paio d’anni sono stato un po’ amareggiato da questo sport, come se la corsa non mi volesse e quindi da parte mia non volessi avere nulla a che fare con essa. Ma poi maturi e capisci che lo sport stesso è sufficiente, non hai bisogno di risultati agonistici.

Facevi la tipica vita da atleta, fatta di allenamento diete e regole?

Non sono mai stato così rigido. Ho sempre cercato più che altro di rimanere in contatto con la mia passione. Non ho mai seguito un programma rigido né ho avuto un allenatore. Il risultato agonistico non è mai stato l’obiettivo principale, ma piuttosto la passione per la montagna.

Qual è la parte migliore di questa gara? Per cosa vale la pena venire fino a qui?

Per me è la passione intrinseca nella cultura italiana. Gli italiani sono molto calorosi e accoglienti, a differenza della Francia, per esempio. È un ambiente tranquillo e rilassato, ma l’organizzazione della gara è di alta qualità e la regione con le Dolomiti e il panorama sono bellissimi e spettacolari. Certo, è diverso da quello che c’è negli Stati Uniti, ma sono cose diverse. Se si desidera la sfida e l’ organizzazione di alta qualità di una gara come l’UTMB, ma senza l’enorme hype ed il giro attorno ad essa, allora Lavaredo è un’ottima gara.

Qual è la più grande differenza tra la community di ultra europea e quella degli Stati Uniti?

Sto cercando di pensare ad una gara negli States che inizia e finisce nella chiesa della piazza del paese…! Negli Stati Uniti non esistono piazze. Non è possibile occupare una città nello stesso modo in cui si può fare qui. I terreni negli Stati Uniti sono regolamentati, il governo possiede molte terre, e i cittadini possiedono molte terre private. Di conseguenza ci sono restrizioni sul numero di persone che possono partecipare a un evento. La sensazione è diversa, è più intima, non c’è una folla così grande. È un po’ più rilassato, credo. Qui è come se la gente, anche in mezzo alla folla in gara, cercasse un risultato. In America, invece, si corre per il risultato nelle prime file forse, ma a metà gruppo non interessa niente a nessuno. 

Quindi, torniamo al punto di partenza. Cosa vorresti che la gente pensasse e sapesse di te.

È una domanda difficile, davvero! L’unica cosa che vorrei dire è che ero una persona che una decina di anni fa era al top in questo sport, ma penso che a chiunque debba essere permesso di cambiare, evolversi e crescere. Vedo ancora persone sorprese quando corro con scarpe più pesanti, per esempio. Certo, c’è stato un periodo in cui indossavo scarpe molto minimali, ma santo cielo! Si parla di dieci, quindici anni fa. Le persone cambiano e questo dovrebbe andare bene, bisogna aspettarselo e permettere alle persone di cambiare.

Sei però molto seguito comunque. Forse è perché la gente ha capito il tuo vero valore che va ben oltre la corsa. 

Apprezzo che tu lo dica, ma per me sarà sempre un mistero. Non ho mai capito perché ho questa sorta di popolarità… Voglio dire, ho vinto qualche gara e corso. Sono sempre stato quello che sono e credo che questo faccia parte dell’evoluzione del non correre più. Faccio ancora un paio di gare all’anno, ma forse la gente riesce a capire quando qualcuno sta fingendo o forzando, e io cerco di non farlo e forse la gente lo vede e lo apprezza. 

E ora? E la bici?

Il ciclismo è nato per me come mezzo per riabilitarmi da infortuni e per continuare a correre, anche se con minor costanza, mi piace pedalare ma soprattutto se in combinazione con la corsa. Adesso voglio tornare in Colorado perché lì sta iniziando la stagione estiva, la neve sulle montagne si sta sciogliendo e voglio fare un grande viaggio in bicicletta in cui correre sulle montagne lungo il percorso… questo è sicuramente ciò che mi piace fare al momento. Campeggiare in bicicletta, correre sulle montagne se ce ne sono lungo il percorso. È più uno stile di vita, una sfida che mi interessa molto di più del singolo focus sulla corsa.