Enigma Torre Trieste

Enigma Torre Trieste: nuova via aperta da Ale Beber e Ale Baù

È l’amicizia quella che porta due alpinisti ad aprire vie in giro sull’arco alpino da decenni e a mantenere intatto tanto il legame d’intesa quanto l’eticità e il rispetto. Alessandro Beber e Alessandro Baù, insieme a Nicola Tondini e sostenuti da Montura, hanno aperto Enigma, una nuova via sulla Torre Trieste.

Enigma Torre Trieste

Alessandro Beber ha 37 anni, è guida alpina da 14 e per riuscire ad iscriversi all’agognato corso di roccia ha dovuto vincere le resistenze dei suoi, crollate quando aveva 13 anni. Anche Alessandro Baù è una guida alpina, ma in realtà fa l’ingegnere: per lui il contatto con la montagna è stato agevolato dal padre, che lo portava a scalare, e da una borsa di studio per fare una scuola di sci. Si sono conosciuti mentre entrambi frequentavano l’Università di Padova, chiaramente l’incontro è avvenuto in una palestra di arrampicata.

“Da lì abbiamo iniziato ad andare a scalare insieme e la prima proposta di uscita che ho ricevuto da Ale Bau è stata fin da subito una via bella tosta sul versante nord ovest del Civetta: siamo partiti in quarta, è stato una specie di blind date piuttosto impegnativo, ma abbiamo visto che ci venivano bene anche le cose difficili e da lì abbiamo continuato” inizia a raccontare Ale Beber. “Siamo due persone affini con la stessa passione che hanno fatto scelte diverse: io ho provato a sovrapporre passione e lavoro, a farne un tutt’uno. Questo ha dei pro, perché vivo costantemente in montagna, però ha anche dei contro perché poi è difficile trovare degli spazi personali in questo ambiente. Ci si spende tanto per realizzare i sogni e gli obiettivi degli altri, che poi finiscono per diventare anche i propri: è una cosa bella e gratificante, però lascia un po’ meno spazio ai progetti puramente personali. Ale ha scelto di fare un lavoro diverso che però gli permetta di avere tempo per andare in montagna: dove vuole lui, quando vuole lui e con chi vuole lui e penso che entrambe le scelte abbiano luci ed ombre.”

Enigma Torre Trieste
Enigma Torre Trieste

“Entrambi cerchiamo di giocare con le bocce che abbiamo a disposizione e farle girare nel migliore dei modi possibile. A volte viene bene, a volte un po’ meno” prosegue Ale Baù. “Enigma, come tante delle vie che abbiamo aperto, è stata battezzata da Ale Beber: è lui che ha la capacità di sintetizzare concetti ed emozioni. “Enigma”, perché ci abbiamo pensato tanto. “Enigma”, perché ci si pone tante domande prima di andare su una parete che ha fatto la storia dell’alpinismo: volevamo fare una cosa bella perché non volevamo rovinare con la nostra via quelle preesistenti, rispettando un’etica precisa.”

Ale Beber: “Noi alpinisti ci tiriamo un sacco di menate: quando si va ad aprire una via su una parete storica si cerca di rispettare la tradizione di quella parete. La Torre Trieste è una delle pareti più belle delle Dolomiti, una di quelle che richiamano l’ambizione degli alpinisti, però bisogna trovare un compromesso tra l’ambizione e lo stile corretto, che rispecchi quello della parete. Nel 2023 linee e vie ce ne sono già abbastanza e, se per aprire una via nuova, bisogna incrociare o andare a sovrapporsi alle vie precedenti, questo è un motivo di demerito: sarebbe un po’ come prendere un quadro famoso e andarci a fare dei ritocchi a proprio piacimento. Bisogna porsi delle regole ferree, che poi devono essere rispettate durante tutto il momento dell’apertura.”

Enigma Torre Trieste

Parlate di questa via come un trionfo dell’amicizia, perché?

“Abbiamo aperto la via tornando per tre volte e per due giorni ciascuna: di solito ci prendevamo questo tempo per bivaccare” spiega Ale Beber. “La penultima volta io non potevo esserci perché avevo già promesso un viaggio familiare: Ale Baù e Nicola Tondini, che ha partecipato con noi all’apertura di “Enigma”, sono andati avanti in quelle due giornate da soli senza di me e, forzando un po’ la mano e tirando sul ritmo, sarebbero potuti arrivare in cima e finire la via, invece mi hanno aspettato e mi hanno lasciato l’ultimo tiro da aprire. Che, detta così, sembra una cosa da poco, ma anche in termini di time consuming vuol dire tanto: significa tornare giù e poi prendere altre due giornate per risalire e rifare altri 800 metri di scalata per aprire la via tutti insieme. Per me è stato veramente un trionfo dell’amicizia e del rapporto umano e, dal mio punto di vista, un gesto che ho apprezzato tantissimo, perché c’è dietro tanta fatica fisica ma anche organizzativa.”

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“Eravamo indecisi se andare oppure no, perché mancava Ale, poi con il fatto che era fine stagione e che c’era un’altra cordata che stava aprendo vie lì nei dintorni, abbiamo deciso di andare. Però non saremmo mai potuti arrivare in cima senza di lui” integra il racconto Ale Baù. “Montura ha sostenuto la spedizione a livello di materiale, ma soprattutto ci ha aiutati a documentare la salita attraverso l’obiettivo di Matteo Pavana: è sempre difficile documentare queste salite perché sei occupato, non dico a sopravvivere, ma quanto meno a toglierti da situazioni potenzialmente pericolose, che la documentazione passa in secondo piano.”

Che voi sappiate è stata già ripetuta?

Ale Beber: “Sì, durante i primi di settembre da due ragazzi del CAI Eagle Team: Marco Cordin e Matteo Monfrini. Io e Ale abbiamo ripetuto pochissime volte via aperte dagli altri. Aprire una via impone un livello diverso in termini di sforzo: sia mentale, che fisico, che logistico ed organizzativo e non tutti sono disposti a fare questa fatica. In più si necessita di un ottimo feeling e sintonia della cordata. Tra noi questo c’è e quando riusciamo ad incastrare i nostri impegni spariamo sempre alto per non sprecare delle giornate buone. Il fatto che questo venga riconosciuto per noi è una grande dimostrazione. Insieme abbiamo aperto una decina di vie: sul Civetta, sul Campanile Basso, sulla Cima Tosa, una sulle Pale di San Martino che si chiama “Fiaba della sera” e che ha vinto il premio come miglior scalata del 2021. Una sul Cimon della Pala, che si chiama “Fumo negli occhi” e un’altra sempre in zona che si chiama “Viva gli sposi” perché era l’anno in cui Ale Baù si è sposato. “Colonne d’Ercole”, in Civetta, è diventata una via ad alta difficoltà delle Dolomiti: sono venuti spagnoli, greci, sloveni svizzeri a rifarla ed è stata riconosciuta anche in interviste internazionali.”

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Ale Baù: “Sono tutte vie che vengono ripetute e per le quali vengono scalatori da tutto il mondo: noi siamo un po’ di parte, ma è sempre difficile farsi notare o avere del riconoscimento sulle montagne di casa, è più facile avere della risonanza su montagne lontane e celebri ma, dal punto di vista dello stile, della difficoltà tecnica e della bellezza, sono delle belle vie. Chi è dentro l’ambiente questo lo sa e ci sono scalatori che per nostra soddisfazione sono venuti dall’estero per ripetere le nostre vie.”

Ale Beber: «È un segnale che le vie sono state aperte con uno stile chiaro ed onesto. Questo è frutto di tutti i problemi che ci facciamo prima di andare in parete: il risultato è una via che, oltre ad essere bella esteticamente e dal punto di vista della scalata, ha anche un valore intrinseco condiviso dal punto di vista del rispetto dell’etica. La gente questo lo riconosce e lo apprezza.»

Enigma Torre Trieste

Avete qualche nuova via sulla quale avete messo gli occhi?

“Questa è una malattia dalla quale siamo molto lontani dal guarire, quindi stiamo già pensando alla prossima.”

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