Image Alt

Bivacchi: di latta e d’acciaio

By Filippo Caon

Sono andato ad Auronzo tutti gli anni per dieci anni. Il che significa più o meno il 50% della mia vita. All’ex-Bivacco Fanton ci passavo davanti quando mi stufavo delle file indiane, e mi veniva voglia di guardare le Tre Cime da una prospettiva diversa: da Forcella Baion, Val da Rin, Marmarole.

Quel bivacco mi ha sempre divertito, era la classica lattina gialla, stava appoggiato su di un terrazzino protetto da qualche alberello insignificante, tutto accartocciato su sé stesso come una lattina di Moretti vuota. Non so da quanto tempo fosse inagibile, io almeno non l’ho mai visto intatto, fatto sta che quest’anno hanno deciso di sostituirlo.

Il nuovo Bivacco Fanton non è una lattina: ha una base in cemento, o qualcosa di simile, ed è tutto squadrato, sembra più che altro un container. A dir la verità è piuttosto brutto.

Negli ultimi anni sulle Alpi stanno comparendo sempre più strutture geometriste: rifugi, bivacchi. Forse il termine “geometrista” non è propriamente corretto, ma avete capito. Spesso queste strutture sono anche realizzate con materiali intelligenti, come legno, vetro, acciaio, facili da riciclare e poco impattanti. Autosufficienti a livello energetico e costruite con tecnologie all’avanguardia, hanno porte USB per ricaricare i cellulari e illuminazione elettrica a energia fotovoltaica. In genere sono anche belle (ok, il nuovo Fanton non è bello), e se qualcuno mi dice che non si integrano nel paesaggio, la prima risposta che mi viene in mente è: perché le lattine si integrano? Insomma, sono buone strutture. Ed è inutile fare gli integralisti a tutti i costi fingendo che le Alpi siano le Ande: l’uomo interviene sul paesaggio alpino da migliaia di anni e un bivacco non è certo una funivia, e per di più serve.

Per queste ragioni ho sempre pensato che se vanno fatti, tanto vale farli ecologici, belli e moderni, piuttosto che brutti e fintamente vecchi. Imitare modalità costruttive superate quando abbiamo i mezzi per fare di meglio significa tradire le ragioni strutturali originali, realizzando qualcosa di finto. Almeno io la pensavo così. Anzi, la penso così.

Poi, però, un amico che stimo molto mi ha mostrato la stessa questione da un’altra prospettiva: più che sulle modalità costruttive o sulla sostenibilità dei materiali mi ha fatto ragionare sullo scopo del bivacco, e mi ha ricordato che l’unica caratteristica che esso dovrebbe avere, tutto sommato, è l’essenzialità. Insomma, il bivacco una cosa deve fare: coprirti la testa, tutto il resto è in più.

Certo, la domanda resta la stessa: ma che c’è di male a farlo bello? Beh, se a quel minimo indispensabile aggiungete un valore estetico, per quanto subordinato alla funzionalità, quella struttura diventa qualcosa di diverso da un bivacco, avvicinandosi piuttosto molto di più al campo del design. E un bivacco non contempla il design. Il bivacco deve essere semplice, povero, e deve coprirti la testa, appunto. Più di questo, anche una vetrata al posto di un oblò, è altro. Quello che voleva dire il mio amico insomma è che tra fare una cosa bella e funzionale e farla solo funzionale c’è una differenza non da poco.

Sono fisime? Può essere. I problemi della montagna sono certamente altri: funivie, piste, bacini per la neve artificiale, terrazze panoramiche. Cose su cui probabilmente varrebbe di più la pena spendere energie e combattere. E sono certo che se un bivacco ha uno spigolo al posto di un bordo arrotondato probabilmente non fa molta differenza, quando invece la fa di più l’approccio con cui le persone vi si recano. Ma come al solito, provando a trascendere, il rischio di questi esperimenti è farci alzare lentamente l’aspettativa di quello che vorremmo trovare in montagna, facendoci perdere il centro della questione. Si tratta di bivacchi, e non del padiglione del Kamchatka all’esposizione universale. Per farla breve, cercare il design in montagna equivale a spostare quel centro, modificando la nostra attitudine all’alpinismo e il modo in cui andiamo in montagna.

Il “bello” non è soltanto un accessorio, il bello stravolge l’intenzione della struttura. A questo punto dovremmo chiederci: di cosa abbiamo realmente bisogno?

Ragionare su cose apparentemente stupide, magari discutendone insieme, aiuterebbe a muovere un po’ di idee, e potrebbe far venire fuori qualcosa di buono. Chissà.

“E sono certo che se un bivacco ha uno spigolo al posto di un bordo arrotondato probabilmente non fa molta differenza, quando invece la fa di più l’approccio con cui le persone vi si recano. Ma come al solito, provando a trascendere, il rischio di questi esperimenti è farci alzare lentamente l’aspettativa di quello che vorremmo trovare in montagna, facendoci perdere il centro della questione.”

Share this Feature