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Bocia da Mont, la scuola di montagna

by Martina Fea

Quando ci si avvicina alla montagna da piccoli è fondamentale avere una guida che, oltre alla passione e alla motivazione, ci trasmetta valori come la sicurezza ed il rispetto nei confronti dei compagni di attività.

Abbiamo incontrato Nicola Castagna, alpinista ventiseienne che, assieme ad altri colleghi, quest’estate ha deciso di dedicarsi al progetto “Bocia Da Mont” per avvicinare ragazzi e ragazze dai 12 ai 16 anni all’ambiente montano, con l’obiettivo di dare inizio ad una nuova generazione di appassionati di alpinismo.

Ciao Nicola, parlaci un po’ del tuo lavoro. Il 4 di maggio scorso hai iniziato un’impresa notevole: scalare in 80 giorni le 82 cime sopra i 4000 metri nelle Alpi. Ci racconti come è stato?
È stata un’esperienza totalizzante: per quasi tre mesi corpo e mente erano concentrati su un unico progetto. Questo mi ha permesso di esplorare i miei limiti mentali e fisici ed approfondire la conoscenza di me stesso. Anche da un punto di vista umano è stata un’avventura interessante perché la condivisione di fatiche, paure, soddisfazioni, dolore con il mio compagno Gabriel Perenzoni hanno forgiato un solido legame di stima e amicizia destinato a durare. Infine, questo viaggio mi ha permesso di esplorare le Alpi e vedere posti mozzafiato che in fin dei conti sono a poche ore di macchina da casa e nei quali c’è ancora tanto spazio per vivere vere avventure alpinistiche!

Come è venuta l’idea di creare “Bocia da Mont”? Cosa vi auguravate di creare con un progetto così?
L’idea è nata da alcuni miei colleghi, guide alpine di Pinzolo Mountain Friends, che volevano dare la possibilità ai ragazzi di avvicinarsi al mondo della montagna un po’ come era successo a loro, anni fa, con altre guide. Si voleva provare a far capire la bellezza e le soddisfazioni che scalare, fare trekking o ferrate sono in grado di dare ed in definitiva trasmettere un po’ la nostra Passione.

Come è stato iniziare al mondo dell’alpinismo un gruppo di ragazzi così giovani? Che impressioni hanno avuto? Come pensate si siano trovati?
Certamente insegnare ai più giovani è una bella responsabilità. Ci sono alcune regole di sicurezza che devono entrare bene in testa a ciascuno e le guide devono verificare costantemente che siano state recepite in maniera corretta. Per il resto l’entusiasmo e l’energia dei ragazzi sono contagiosi e permettono di vivere delle giornate piene ed intense. A giudicare dalla partecipazione che hanno dimostrato penso che i ragazzi si siano trovati bene, sia con le guide, sia soprattutto tra di loro e questo è molto importante perché la capacità di condividere un’esperienza con dei compagni è fondamentale per fare alpinismo e non solo.

Secondo voi qual è il modo migliore per avvicinare un ragazzino o una ragazzina alla montagna senza spaventarlo o spaventarla? C’è un maggiore bisogno di programmi come questo?
Senza dubbio l’approccio deve essere graduale e deve seguire la curva di apprendimento dei ragazzi in modo da offrire attività che richiedano il giusto impegno. Una volta apprese le basi in un ambiente che deve essere il più “confortevole” possibile, si prova ad alzare l’asticella della difficoltà stando bene attenti a non esagerare per non creare spavento e rifiuto, ma allo stesso tempo penso sia fondamentale un po’ di stimolo per rendere il tutto divertente e mostrare quanto e come si può migliorare. Un giusto mix tra l’impegno e il piacere, insomma, certamente non facile da realizzare. A mio avviso più sono le possibilità per i giovani di avvicinarsi alla montagna meglio è, non solo per l’attività fisica, ma soprattutto per i valori che la montagna insegna: senso di responsabilità, altruismo, umiltà, coraggio, pazienza…Valori che sono poi spendibili nella vita di tutti i giorni!

A metà settembre, Federico Tomasi, un ragazzino di soli 11 anni ha scalato il Cervino, diventato il più giovane ad aver mai raggiunto la cima. Per raggiungere questo grande obiettivo di Federico ha dovuto saltare alcuni giorni di scuola, scelta che i genitori dei suoi compagni hanno disapprovato. Cosa ne pensi?
Questa è una domanda difficile, non ho un figlio di quell’età, ma quello che mi viene da dire è che tutto dipende dalle motivazioni alla base dell’obiettivo di Federico. Se c’era un desiderio autentico di salire il Cervino e soprattutto personale, non ci vedo nulla di male a saltare qualche giorno di scuola. Lo studio è fondamentale nel percorso di un ragazzo, questo è indubbio, ma non è l’unica cosa importante della sua formazione. Personalmente dedico una bella fetta della mia vita allo studio, sto terminando una laurea in ingegneria, ma il mio carattere, le mie ambizioni e i valori con cui provo a vivere tutti i giorni li ho sviluppati andando in Montagna, sperimentando le emozioni sincere e limpide che essa sa regalare.

Come si è sviluppato il programma e come avete scelto le mete e le attività da proporre ai ragazzi? Raccontateci la giornata tipo.
Il programma di massima è stato elaborato da un nostro collega guida alpina di Pinzolo e cercava di comprendere le principali attività che le montagne del gruppo Adamello-Brenta hanno da offrire, che diciamocelo sono veramente tante e varie. Certamente li si voleva portare sul ghiacciaio che si vede anche dal fondo valle, a fare la via delle Bocchette per esplorare le guglie del Brenta e salire la cima Tosa. Gite classiche, perfette per prendere consapevolezza delle infinite possibilità che queste montagne hanno da offrire. È difficile definire una giornata tipo, visto che l’organizzazione cambiava molto in base all’attività. Comunque, quando i Bocia erano in rifugio la sveglia era di buon mattino, per poter sfruttare appieno la giornata. Di solito per il primo pomeriggio il grosso della gita era compiuto, dopo la pausa per il pranzo però si cercava sempre di proporre attività ulteriori!

Quanto è importante insegnare a ragazzi così giovani il discorso della sicurezza in montagna e come lo avete proposto?
Il tema della sicurezza in montagna è il cuore della nostra professione di guide alpine e trasmettere parte del nostro bagaglio era ovviamente uno degli obiettivi del progetto. È auspicabile che ogni persona che si muova in montagna sia consapevole dei rischi connessi a questo ambiente, indipendentemente dall’età. E per creare questa cultura della sicurezza in montagna bisogna partire dalle basi: che abbigliamento indossare, il tipo di calzatura, cosa portare o non portare nello zaino, consultare le previsioni meteo… Spesso la gestione di questi aspetti era affidata ai ragazzi: dovevano fare un elenco di cosa mettere nello zaino i giorni prima della partenza, poi le guide lo verificavano. Quando si arrampicava in falesia, erano autonomi nella realizzazione dei nodi e nel fare sicura al compagno (sempre previo controllo da parte nostra) e quando ci si legava in cordata doveva essergli ben chiaro il come e il perché lo si stava facendo.

Quali brand vi hanno supportato e come?
Un grosso contributo ci è arrivato dal gruppo Isvald che ha permesso di coprire una buona parte delle spese legate al progetto. Inoltre, la Ortovox, tramite gli importatori italiani Outback97-Ortovox Italia, ha fornito a tutti i Bocia uno zaino e una maglietta. Li ringraziamo molto per il loro supporto e speriamo di continuare la collaborazione nelle stagioni a venire!

Avete intenzione di far diventare “Bocia da Mont” un’iniziativa fissa negli anni? Che programmi avete per il futuro?
Beh, a questo non abbiamo pensato ancora di preciso, ma perché no? Quello che ci preme ora è di organizzare qualche attività invernale in modo che il loro approccio alla montagna comprenda anche la parte legata alla neve e al ghiaccio, mondi affascinanti quanto talvolta insidiosi. L’estate prossima vorremmo poi proporre un proseguo del programma con qualche gita un po’ più impegnativa. In ogni caso sarà l’entusiasmo dei ragazzi a farci da navigatore: finché gli farà piacere noi saremo ben contenti di guidarli alla scoperta del mondo della Montagna!