By Molly Hurford
Photo Chris Burkard
By Molly Hurford
Photo Chris Burkard
“Adoro confrontarmi con quei paesaggi remoti dove ti senti veramente insignificante. Aiuta a ridimensionare il mio ego” il famoso fotografo d’azione Chris Burkard ci racconta della sua spedizione più recente, una traversata dell’Islanda in bicicletta, 975 chilometri da Dalatangi a Bjargtangar in nove giorni. “Ciò che amo di più è sfidare me stesso e pensare al paesaggio circostante come il mio più grande antagonista.”
E l’Islanda si è dimostrata davvero un degno avversario grazie alle sue centinaia di attraversamenti fluviali, che vanno da piccoli ruscelli a veri e propri fiumi impetuosi, e ai passaggi sabbiosi e ripidi che Burkard ed i suoi compagni di avventura hanno dovuto affrontare spingendo a mano biciclette da più di 30kg, passando attraverso meravigliosi ghiacciai circondati da specchi d’acqua azzurra. Il percorso da est a ovest stabilito da Burkard, con l’aiuto di un cartografo locale e di una squadra di spedizione, sarebbe stato percorso per la prima volta nella sua intera lunghezza.
Quando un gruppo di quattro persone si appresta alla traversata di un paese sconosciuto, verrebbe da pensare che siano già tutti amici intimi, o almeno che abbiamo già affrontato insieme un viaggio simile sebbene su scala ridotta. Ed invece Burkard ha incontrato la mountain biker olimpica Emily Batty, suo marito ed ex mountain biker professionista Adam Morka e l’esperto di spedizioni invernali Eric Batty per la prima volta all’aeroporto di Reykjavík. Per nove giorni e 78 ore di pedalata, il gruppo si è fatto strada attraverso fiumi, distese rocciose, strette strade sterrate e campi di lava appena nati, accampandosi in capanne remote lungo la strada. Un’esperienza che lega istantaneamente, o che potrebbe finire in un disastro.
“La squadra che vai a mettere insieme deve essere basata sui punti di forza di ogni persona” dice Burkard. “Non si tratta sempre di trovare il team più forte, ma di unire delle caratteristiche che si completino a vicenda. Il nostro gruppo aveva talento e tutte le capacità necessarie per questa avventura, ma soprattutto anche per imparare dagli altri e crescere insieme. Emily è stata semplicemente instancabile, non si lamentava mai e si assicurava che tutti avessero ciò di cui avevano bisogno in ogni momento. Adam era esperto di tutti i dettagli del viaggio e ha sempre tenuto il gruppo allegro. Ed Eric ha avuto la capacità di guidare il team durante la spedizione, sempre tenendo conto della sicurezza ma non perdendo mai un’occasione per scherzare.”
“Ho considerato il gruppo come quattro parti di un’unità” dice Eric Batty. “Per me, la misura del successo è portare tutti dall’inizio alla fine in buone condizioni ed avere il morale ancora alto alla fine.”
Questo viaggio ha segnato la 43esima avventura di Burkard in Islanda e, probabilmente, quella più audace in quanto il percorso prescelto avrebbe potuto subire variazioni da un momento all’altro a causa della natura incerta del luogo, senza contare le difficoltà causate dalla pandemia globale di Covid 19. “C’era molta ansia prima del viaggio, e tutto era in attesa” spiega il fotografo californiano. “Poi, all’improvviso, abbiamo avuto il via libera per partire e ci siamo ritrovati a pianificare il viaggio, fare le valigie e prepararci fisicamente in un periodo di tempo davvero breve.”
La preparazione fisica era in cima alla lista delle cose da fare. Burkard è un ciclista di lunga data e quindi sapeva di avere la resistenza necessaria per attraversare il territorio islandese, ma i suoi tre compagni di avventura avevano tutti un background molto più agonistico del suo: una medaglia di bronzo ai Campionati del Mondo (Emily Batty), un decennio di esperienza in campo professionistico (Morka) e numerose traversate invernali di territori precedentemente non tracciati nonché diversa esperienza in mountain bike (Eric Batty). Quanto a Burkard? “È stata forse la mia 25esima volta in mountain bike, anche se vado molto in bici” ammette. “Ero nervoso, ma sapevo anche come gestire una bici ancora più pesante a causa del cambio, e di avere la resistenza di cui avrei avuto bisogno”.
Burkard non era l’unico ad essere nervoso, tuttavia: “Attraversare l’Islanda in bici era qualcosa che mi avrebbe sicuramente spinto al limite” ha ammesso Emily Batty. “Ma sapevo che questa era l’occasione di una vita.” (La stagione delle gare di Coppa del Mondo di Batty sarebbe iniziata solo poche settimane dopo, così come la possibilità di partecipare alle Olimpiadi di mountain bike di Tokyo 2021.)
Fortunatamente, il gruppo si è fin da subito trovato in sintonia e il senso dell’umorismo e dell’avventura di Burkard lo ha legato immediatamente agli altri tre. “Ogni mattina in bici, ci divertivamo così tanto da stare male dal ridere. Era tutto esilarante, forse eravamo solo stanchi, ma penso che fosse perché la nostra dinamica di gruppo era semplicemente perfetta” dice. “Onestamente, trovare un gruppo come questo è stata la parte migliore del viaggio.”
Eric Batty non ha potuto che concordare. “Attraversare l’Islanda con un così bel gruppo di persone intensifica l’esperienza e regala tanta gioia” dice. “Se tutti sono entusiasti di quello che stanno facendo e di dove sono, allora l’umore non può che rimanere alto. Ma se hai qualcuno che non sta provando la stessa gioia, si abbassa il morale di tutti e fa venire meno il fattore divertimento.”
Normalmente, un viaggio come questo sarebbe stato quasi impossibile a causa dei possibili guasti meccanici, delle dita congelate e della natura selvaggia del luogo. Ma per quei nove giorni la fortuna è stata dalla parte del gruppo. All’inizio di agosto, il percorso sarebbe stato impraticabile a causa degli alti livelli dell’acqua di alcuni fiumi. Ma il tempo ha svoltato repentinamente e quando la squadra è partita 19 agosto le previsioni erano ideali. Se avessero anche solo tardato di una settimana l’avventura non avrebbe avuto luogo, infatti appena giunti alla tappa che ha segnato la fine del loro viaggio, le gocce di pioggia hanno cominciato a cadere.
Erano preparati per qualsiasi condizione atmosferica avessero trovato. Le bici cariche di giacche e pantaloni impermeabili, cappotti caldi e cibo a sufficienza per durare dieci giorni, nel caso fossero rimasti fuori più a lungo del previsto o non fossero riusciti a trovare dei rifornimenti lungo la strada.
“Avevamo tutto il cibo di cui avremmo potuto aver bisogno, ma dopo circa 600 chilometri siamo stati entusiasti di vedere una stazione di servizio dove poter rifornire le nostre scorte di barrette di cioccolato e prenderci un caffè” ricorda Eric Batty. Durante i 975 chilometri, hanno incrociato solo tre punti per fare rifornimento. “A volte non c’era niente intorno a noi e sembrava di star percorrendo il suolo lunare.”
Anche il percorso rappresentava un’incertezza. Guardando la mappa ci si rende conto di come le nove ore in sella alla bici coprivano ogni giorno distanze molto diverse fra loro a causa delle differenti superfici attraversate. Il paesaggio è passato dal verde dei prati e il blu brillante dei fiordi al marrone sabbia degli altopiani. “Un giorno eravamo in un territorio desolato e freddo, quello dopo in uno caldo e rigoglioso” racconta Eric Batty. “Sembrava che l’energia del paese cambiasse continuamente. Una mattina, all’alba, ci siamo svegliati in una capanna sperduta con una leggera spolverata di neve sul terreno, abbiamo pedalato mentre il sole sorgeva sulle montagne e sul ghiacciaio, attraverso la roccia vulcanica e la sabbia nera che la copriva come un manto di neve. Il contrasto è stato incredibile.”
Il paesaggio è passato dal verde dei prati e il blu brillante dei fiordi al marrone sabbia degli altopiani. “Un giorno eravamo in un territorio desolato e freddo, quello dopo in uno caldo e rigoglioso” racconta Eric Batty.
L’esperienza maturata in spedizioni remote di Burkard ed Eric Batty ha fatto si che fossero loro a prendersi in carico della riuscita dell’impresa. Burkard era pervaso dall’ansia il quarto giorno, quando avrebbero dovuto attraversare il primo grande fiume sul loro cammino. “Direi che la parte peggiore del viaggio è stata l’angoscia” ammette. “Eric ed io abbiamo passato molte notti a parlare con la guida della spedizione che aveva percorso la nostra stessa strada una settimana prima in jeep. Ci disse che non c’era modo di poter attraversare quel fiume. Abbiamo continuato a tenere d’occhio le previsioni del tempo per vedere se sarebbero cambiate in modo da rendere transitabile il tratto. Eravamo io ed Eric a dover decidere se continuare per quella strada o se deviare dal percorso allungandolo di 150 chilometri per aggirare il fiume”.
“Abbiamo deciso di provarci. Ma non sono riuscito a chiudere occhio la notte prima. Anche quando siamo arrivati non sapevamo ancora come sarebbe stato il livello dell’acqua” dice. “Ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Dopo di che, il viaggio è diventato molto più gestibile. Tutto lo stress è svanito e le sfide che prima ci preoccupavano ci sono improvvisamente sembrate come un gioco da ragazzi.”
I fiumi con molti affluenti rappresentavano la sfida più grande: i molti corsi d’acqua che vi confluiscono a profondità diverse presuppongono che il corso d’acqua debba essere attraversato laddove il fondale è più basso, farlo con le bici in spalla è solo una difficoltà in più. L’acqua potrebbe trarre in inganno ed essere alta pochi centimetri e scorrere lentamente, oppure molto più profonda ed impetuosa. Per attraversare solo poche centinaia di metri il gruppo ha impiegato diverse ore il quinto giorno di strada.
La vicenda avrebbe potuto demoralizzarli molto, invece la squadra ha deciso di vivere al meglio l’avventura. “Ha spezzato la monotonia della guida” raccont Burkard. “Sembrava veramente di vivere un’avventura. Eravamo come tornati bambini, e muoversi in un paesaggio del genere è stato un modo di viaggiare molto intimo”.
“È stato il viaggio della vita” sostiene Eric Batty. “Quando ripenso a tutte le escursioni fatte in passato, capisco di non aver mai vissuto niente di simile. Non avremmo potuto chiedere di più: non un tempo migliore, non un percorso migliore, non un gruppo migliore. Tutto è andato per il meglio. La preparazione e le dinamiche di gruppo sono state fondamentali, ma abbiamo avuto anche molta fortuna. Nonostante tutto quello che sta accadendo nel mondo abbiamo potuto arrivare in Islanda, il tempo ha tenuto e non abbiamo forato nemmeno una volta. Di solito quando pianifico un viaggio mi preparo sempre al peggio, invece tutto è andato oltre le mie più rosee aspettative”.
“Quando abbiamo iniziato a parlare del viaggio, ho pensato ‘Perché non intraprendere uno dei percorsi più difficili a cui io possa pensare, con persone che hanno un mix di esperienze diverse e che non ho mai incontrato?’” Burkard racconta ridendo. “A quel tempo pensavo potesse essere solo un valore aggiunto alla storia. E invece ho finito per instaurare delle amicizie durature”.
“È stato il viaggio della vita” sostiene Eric Batty. “Quando ripenso a tutte le escursioni fatte in passato, capisco di non aver mai vissuto niente di simile. Non avremmo potuto chiedere di più: non un tempo migliore, non un percorso migliore, non un gruppo migliore.
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