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Cober Since 1953

Il panorama italiano nel 1953, era costellato da piccoli artigiani, che producevano le singole componenti dei bastoni. Memore delle esperienze in gioventù, quando per avere dei bastoncini da sci ci si doveva arrangiare, e venivano creati alla bell’e meglio da pezzi di legno, Renato Covini decide di dare vita alla prima vera fabbrica di bastoncini da sci in Italia. Negli anni i bastoncini si sono evoluti rapidamente: Cober è stata la prima azienda ad introdurre una delle novità più importanti, passando in breve tempo dal tubo in acciaio al tubo in alluminio con la possibilità di essere colorato con qualsiasi tinta.

Dai bastoncini agli attacchi, dalle racchette da tennis, alle forcelle e ai telai per le biciclette. Sempre utilizzando materiali all’avanguardia. Quanto è importante il processo di ricerca e sviluppo quando si approcciano nuovi universi sportivi?
Il processo di R&D è da sempre alla base del lavoro quotidiano di Cober, e lo è stato anche nell’approccio a diverse tipologie di sport. La curiosità personale di Renato Covini e le continue ricerche svolte in azienda hanno portato – e portano ancora oggi – quell’ispirazione che ci spinge a cercare materie prime diverse e macchinari all’avanguardia, che permettono una costante evoluzione del prodotto. 

Negli anni ’90, Cober decide di concentrarsi e specializzarsi nel settore degli sport invernali. Quali sono al giorno d’oggi le principali sfide del settore? Quali saranno le future sfide su cui focalizzarsi?
Le principali sfide al giorno d’oggi sono dovute ai cambiamenti portati dalla crisi dovuta al Covid-19: è fondamentale per un’azienda non restare indietro e adattarsi alle esigenze dei consumatori, che sono cambiate in maniera repentina dall’inizio della pandemia. C’è per esempio maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale, all’origine delle materie prime e al made in Italy: la nostra sfida è quella di soddisfare le necessità di tutti gli appassionati degli sport outdoor, offrendo la miglior qualità possibile nel totale rispetto ambientale e sociale.

Si parla molto di sostenibilità al giorno d’oggi. Ma da anni Cober si impegna nella scelta di materie prime e macchinari che rispettino non solo l’ambiente, ma anche gli operatori che vi sono a contatto quotidianamente. Cosa è stato fatto nel corso degli anni riguardo al tema?
Da sempre il rispetto ambientale è parte integrante dei valori di Cober: il percorso di sostenibilità portato avanti negli ultimi decenni riguarda svariati processi produttivi, tra cui verniciatura a polvere, serigrafia a UV senza solventi e stampaggio di componenti in plastica seconda vita. Inoltre, tutte le materie prime vengono sottoposte a severi test per la loro tossicità. Le scelte finora fatte in ambito di materie prime riducono quasi a zero l’esposizione quotidiana dello staff ai rischi. Queste premesse hanno portato Cober a ricercare la circolarità all’interno della propria produzione, e a trasformare i propri scarti di produzione in un prodotto finito: le manopole nate grazie all’utilizzo di plastica di recupero, il primo step del Leaves Project, presentato a gennaio 2020. Questo progetto ha come obiettivo quello di sostituire i componenti plastici, stampati ora con plastica vergine, con una formula di plastica seconda vita sviluppata internamente. Il dipartimento di stampaggio plastiche ha studiato appositamente un modo per reinserire nel ciclo produttivo parte degli scarti di produzione, dando vita a un’economia circolare interna. Il materiale di scarto che non può essere reinserito nel ciclo produttivo di Cober viene reimmesso nel ciclo produttivo di altre aziende.

Sempre parlando di sostenibilità, quali saranno le prossime sfide da affrontare sia in termini di produzione, compensazione e equo trattamento di tutti i lavoratori coinvolti?
In termini di produzione, il nostro obiettivo a breve termine è quello di raggiungere una totale circolarità interna. Avendo tutte le fasi di produzione in Italia, garantiamo alti standard di welfare a tutti i nostri collaboratori. Siamo riusciti, nonostante le difficoltà portate dalla pandemia, a salvaguardare stipendi e posti di lavoro. Per il futuro, proseguendo sulla strada della circolarità e della sostenibilità, ci aspettiamo di poter compensare l’impegno dimostrato da tutti in questi mesi delicati.

È veramente possibile conciliare la produzione di prodotti efficienti e performanti ma che siano al tempo stesso rispettosi dell’ambiente? Esiste il giusto mezzo fra profitto e sostenibilità?
Certamente. Bisogna prestare la massima attenzione alla scelta delle materie prime e dei processi produttivi. È fondamentale curare ogni processo dalla A alla Z: per noi questo modus operandi è facilitato da un ciclo produttivo completamente interno. I nostri prodotti sono pensati come supporto agli appassionati di sport outdoor, nel totale rispetto sia dell’ambiente in cui viene prodotto sia delle persone che lo producono. Non solo: anche la scelta dell’energia che si utilizza nella produzione, preferendo energia proveniente da fonti rinnovabili, può avere un forte impatto sull’ambiente.  

Da poco avete fatto il rebranding, ottenendo un design fortemente contemporaneo, chi sarà nel prossimo futuro il vostro consumatore?
Sarà un amante della montagna in tutte le sue sfaccettature, curioso e appassionato a diversi tipi di sport e discipline a contatto con la natura, in cui si immerge per staccare dalla quotidianità del lavoro. Sicuramente sarà anche attento ai consumi e alla sostenibilità.

Quali sono i prossimi obiettivi di Cober?
Il nostro obiettivo è diventare l’azienda italiana nel mondo outdoor che si caratterizza per la svolta green: questo comporta, sia in termini di tecnologie e di prodotti, una costante ricerca in termini di innovazione e sostenibilità.

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