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Crazy: la pazza storia di un brand nato a Bormio

With: Crazy
ITW: Valeria Colturi & Luca Salini
By: Silvia Galliani

Atleta, artista e visionaria. Valeria Colturi da 30 anni è al timone di Crazy, il brand Made in Italy, che si è fatto largo tra colossi del mercato facendosi conoscere ed apprezzare grazie ai propri prodotti di altissima qualità, performanti e al tempo stesso eclettici. Al fianco di Valeria c’è Luca Salini che, sia a casa che in azienda, supporta Valeria e con lei porta avanti con coraggio la mission di Crazy.

Valeria, qual è la tua storia? E quella di Crazy.
Sono nata a Bormio, in montagna, dove è normale che si pratichi sport fin da giovani. Ho iniziato nello sci club Alta Valtellina come fondista, in seguito ho gareggiato per il Comitato Alpi Centrali. Fin da bambina ho però avuto mille altre passioni e sono sempre stata una persona molto creativa e manuale”. Amavo l’abbigliamento ma volevo abiti fatti esattamente “come dicevo io”, non mi piaceva quello che proponeva il mercato, quindi ho iniziato a creare i miei vestiti cucendomeli da sola: il poter creare da niente un capo mi regalava una sensazione veramente galvanizzante. Nel frattempo portavo avanti la mia carriera di atleta di sci di fondo ma, come per i vestiti di tutti i giorni, nessuna tuta che lo sci club mi dava mi piaceva: finivo sempre per smontarle e personalizzarle, tanto che le mie compagne di squadra hanno iniziato a chiedermi di fare lo stesso con le loro. Ai tempi smettevo di sciare alluna e subito dopo visitavo tutti i negozi della zona alla ricerca di scampoli e tessuti che mi piacessero, di solito erano fantasie e colori inusuali, mai visti sulle piste da sci. Di sera e di notte cucivo. Raccogliendo scarti di lycra sono poi passata al creare costumi da bagno e pantaloncini da ciclismo, sport che praticavo in estate come allenamento per lo sci di fondo. Avevo un mio piccolo giro quindi ho pensato: perché non provare a vendere anche ai negozi? Ho messo insieme un piccolo campionario che è da subito stato apprezzato ed ho finito per avere così tanti ordini che le ore di una giornata non mi bastavano per realizzarli! Questo è l’inizio di Crazy, una vera e propria storia di passione che è iniziata nel 1989.

Da cosa deriva la scelta del nome? E quella del logo e di tutta la parte creativa?
Inizialmente i primi capi che realizzavo avevano come logo “Vale di Valeria Colturi”, il nome Crazy è arrivato dopo ed è sicuramente legato a quello che diceva la mia famiglia quando, a 18 anni, ho deciso di non continuare a sciare per lanciarmi a capofitto in questa avventura: tutti pensavano fosse un’idea folle! Oggi l’azienda si chiama solo Crazy, un nome più corto ed immediato che pensiamo funzioni meglio. I due triangoli del logo invece sono la V e la A di Valeria, la C di Crazy è stata inserita successivamente.

Luca, siete sia una coppia che colleghi di lavoro: come ti sei appassionato al mondo outdoor e quali sono i vostri ruoli in azienda?
Sono nato e cresciuto a Morbegno in Valtellina, ma ho vissuto per 4 anni a San Martino Valmasino. Fin da ragazzo, con mio padre, ho frequentato la montagna e ho partecipato a moltissime gare di scialpinismo e skyrunning. Nel 1994, tramite amici comuni, ho conosciuto Valeria in Val di Mello dove entrambi arrampicavamo. Crazy esisteva già dal 1989 ma io ai tempi lavoravo nel campo automotive. Abbiamo iniziato a collaborare solamente più tardi, nel 2004, quando nel frattempo erano nati i nostri due figli. Conoscevo l’ambiente dello scialpinismo per via delle gare fatte e avevo esperienza di vendita grazie ai miei lavori precedenti quindi perché non unire il tutto lavorando in Crazy? Valeria ha continuato a gestire la parte creativa, i contatti con le società sportive e i rapporti con i negozi, mentre io ho iniziato a cercare nuovi clienti occupandomi della parte commerciale. Siamo andati avanti in questo modo fino al 2015 quando abbiamo deciso di gestire l’azienda seguendo dei metodi più canonici: fare una collezione, proporla sul mercato e cercare di andare all’estero. Nel 2015 e 16 abbiamo riposizionato azienda e collezioni, abbiamo deciso di concentrarci sulla focalizzazione, ovvero su tutto quello che conosciamo meglio, il mondo dell’outdoor sportive. Il passo più importante è stato definire e nominare la nostra categoria di prodotti. E’ stato qui che è nato il Fast & Light, una denominazione chiara che dopo che l’abbiamo utilizzata noi viene oggi usata da molte altre aziende, ma con orgoglio possiamo dire di averne definito noi i canoni. Valeria continua ad occuparsi di tutta la fase di ricerca, sviluppo, studio e stile del prodotto mentre io seguo la parte gestionale. Di invariato rispetto al passato è rimasto il fatto che qualunque cosa che esca di Crazy, anche il modo in cui decidiamo di comunicarlo a livello marketing, viene dalla visione di Valeria.

Valeria, quale esigenza voleva soddisfare Crazy quando hai creato il marchio?
Crazy è da sempre un brand molto differente dagli altri marchi outdoor. Ho iniziato realizzando modelli per me stessa perché non mi piaceva nulla di quello che c’era ai tempi sul mercato. Ero io la prima a testarli e a sapere quali esigenze dovessero soddisfare. Se sei una atleta ti rendi subito conto quali sono i difetti di un capo, il mio valore aggiunto è stato quello di sapere anche esattamente come rimediare a questi difetti. 

A che tipo di target fate riferimento?
Valeria. Tutti i nostri capi sono realizzati pensando alla performance, questo però non significa che possano essere utilizzati dai soli atleti, il turista o il beginner può trarre numerosi vantaggi dai prodotti Crazy. Sicuramente sono capi ideali per gente che ricerca uno stile diverso, fuori dalle righe, anzi spesso solo dopo averli utilizzati molte persone scoprono che sono stati creati per assecondare una esigenza tecnica specifica. 

Luca. Crazy si rivolge principalmente a clienti con aspettative molto alte, consumatori esigenti ma non necessariamente esperti di sport di montagna. Sono prodotti ideali per tutti coloro che vogliono partire con il piede giusto e che magari prendono spunto da chi va da tempo in montagna. Tutto ciò fa di Crazy un brand decisamente ispirazionale.

I prodotti Crazy sono caratterizzati da un approccio Fast&Light: cosa significa? Come si articola il processo produttivo? Qual è lispirazione alla base di un nuovo capo?
Valeria. Fast&Light significa realizzare prodotti senza orpelli, senza niente di inutile, guardando a tessuti elastici, leggeri e con fantasie eclettiche. Ho sempre cercato di realizzare prodotti che sentissi miei, ben lontani da quello che la società imponeva, e il fatto di avere una buona manualità, ma anche di aver praticato gli sport per cui i miei capi sono pensati, mi ha permesso di esprimere la mia creatività al 100%, dall’idea fino alla realizzazione di un modello, testandolo poi io stessa. Detto questo, bisogna sempre partire dal presupposto che nessuno inventa mai niente di nuovo, tutti copiano il che significa, per una persona creativa come me, prendere ispirazione, anche inconscia, dal mondo che mi circonda: dalla moda, allarredamento, allarte in generale. Osservo sempre tutto con attenzione e con occhi diversi. Una volta avuta l’ispirazione giusta, il disegno parte sempre da me anche se ora ho al mio fianco 10 collaboratrici in ufficio Tecnico e stile, 6 delle quali mi seguono fin dai primi anni del brand.

Luca, avete diversi punti vendita, sono solo monomarca o trattano anche altri brand?  In quali mercati, oltre quello italiano, vi siete espansi e quale volete approcciare in futuro?
Ad oggi abbiamo 13 punti vendita, di cui 3 all’estero: Praga, Chamonix e Carbondale, negli Stati Uniti, un vero punto strategico per gli sport di montagna, fra Denver e Salt Lake City. A parte 4 store monomarca, gli altri negozi sono tutti in gestione, si tratta di un vero e proprio progetto monobrand fatto in collaborazione con i negozianti stessi. In alcuni di questi negozi sono presenti alcuni brand partner di accessori o di sci e scarponi a seconda di dove si trova il negozio.

Quanto sono importanti invece le vendite online? Che differenza c’è tra la vendita diretta in negozio dove un capo può essere toccato, spiegato e anche testato? In che modo scegliete i punti strategici dove aprire?
Abbiamo un e-commerce di “servizio” su cui non facciamo mai sconti, serve solo al cliente finale nel caso non trovi qualcosa in negozio: se quello specifico prodotto c’è sul sito può acquistarlo ed  anche farlo consegnare al suo negozio di fiducia senza spese di spedizione. Questo perché il nostro scopo principale è supportare i negozi che per noi rappresentano il primo canale di vendita. L’online è il nemico del nostro negoziante, vogliamo che il cliente vada negli store perché lì troverà qualcuno di competente sempre pronto a consigliarlo. I negozi creano comunità e crediamo molto nel lavoro dei negozianti, sia perché conoscono la materia ma anche perché conoscono il territorio, ecco perché ci affidiamo completamente a loro quando dobbiamo scegliere un nuovo punto strategico dove aprire un punto vendita.

Quali sono i programmi futuri sullo sviluppo del brand?
L’obiettivo è sicuramente quello di far crescere il brand a livello internazionale. Al momento siamo presenti in 8 nazioni europee e negli Stati Uniti, dove siamo appena partiti con una prima collezione. Funzioniamo molto bene in Repubblica Ceca, Austria, Slovacchia, nella parte bavarese della Germania e nell’enclave di Andorra, sui Pirenei. Siamo inoltre presenti in Svizzera, Francia e Spagna, quindi in futuro puntiamo sicuramente a consolidare questi mercati e in seguito espanderci verso est, ad esempio in Polonia e Bulgaria dove c’è una forte tradizione scialpinistica e dove l’outdoor sta crescendo molto. Tutto ciò sempre portando avanti il nostro approccio Fast&Light unito allo stile unico ed eclettico che ci contraddistingue, focalizzandoci su skitouring in inverno e trekking e trail running in estate. 

Sviluppate anche prodotti tecnici hardware (scarponi, ecc) o avete intenzione di farlo in futuro?
In passato abbiamo realizzato alcuni modelli di sci e zaini ma ora, per scelta, realizziamo solo abbigliamento perché crediamo che sia il modo migliore e più immediato di comunicare chi siamo, i nostri valori e la nostra mission, soprattutto allestero. Abbiamo inoltre deciso di ridurre la collezione a livello di numero e abbiamo a campionario solo alcuni modelli continuativi ma con colorstory sempre diverse. Quello che è importante per noi è rimanere al passo con i tempi e con le esigenze del consumatore finale, utilizzando i migliori tessuti che il mercato offre e le ultime tecnologie disponibili. Tutto ciò sempre seguendo la nostra filosofia Fast&Light e il nostro approccio creativo. Siamo certi che chi produce tutto per tutti abbia poca competenza specifica, finendo per fare tutto male.

Valeria, siete molto attivi a livello marketing: ad oggi come comunicate il marchio Crazy? Atleti, eventi, social, riviste, etc.
Fin dall’inizio abbiamo sempre lavorato molto con gli atleti. All’inizio erano miei colleghi, poi qualcuno è diventato ambassador nel corso degli anni, in seguito abbiamo iniziato a creare i nostri team di scialpinismo e sky running, su cui abbiamo creduto fin dall’inizio quando ancora non erano sport considerati da altri marchi. Tutti i grandi atleti di scialpinismo sono passati da Crazy e molti sono rimasti degli amici. Oltre a questi due team, da poco tempo siamo diventati partner della Nazionale Italiana di sky running: i loro atleti vestiranno Crazy per i prossimi 3 anni e ci sarà il circuito Crazy Sky Running Italy Cup. Supportiamo anche diversi eventi, molti sono nostri clienti verso cui abbiamo un trattamento particolare perché acquistano gadget gara o abbigliamento per lo staff, di altri invece siamo sponsor. 

La sostenibilità è un termine molto usato ultimamente, spesso abusato. Come vi ponete voi nei confronti di questo tema?
Per noi la sostenibilità è, ed è sempre stato, un tema importante, tuttavia non hai mai fatto molto parte della nostra comunicazione perché crediamo che debba essere un punto di partenza, non qualcosa da raggiungere e sui cui, spesso purtroppo, si costruisce una strategia di marketing comunicandolo come un fatto fuori dall’ordinario. Io da sempre cerco di inquinare il meno possibile: ho iniziato questa avventura riutilizzando gli scarti dei tessuti in modo da non buttare niente e produrre meno spazzatura possibile. Avere una collezione ridotta va sempre in questa direzione. Inoltre non utilizziamo sacchetti di plastica per impacchettare i vari capi, da 4/5 anni consegniamo tutto nella carta che poi può essere riutilizzata in vari modi. Anche le nostre etichette sono ridotte al minimo per occupare meno spazio possibile e ridurre il numero di trasporti. Anche i cartellini dei prodotti sono riutilizzabili perché incorporano semi che poi possono essere piantati.

Valeria, quali sono i vostri progetti a medio/lungo termine? Come vi immaginate Crazy tra 10 anni?
Sono molto contenta dei traguardi raggiunti negli ultimi 30 anni ma ero felice anche nel mio piccolo laboratorio all’inizio di questa avventura, non mi è mai interessato il profitto fine a sé stesso, Crazy è nato dall’esigenza di fare qualcosa che mi piaceva ed appassionava. Ogni giorno mi sveglio pensando a cosa di nuovo posso realizzare e ogni giorno è diverso.