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Dalla roccia alle onde e ritorno

Un fotografo e un climber compongono un racconto visivo che traccia una linea che unisce surf e arrampicata in una serie di scatti che sono diventati una mostra.

Se nasci e cresci in Versilia le Apuane non possono che essere una costante della tua vita: dominano il paesaggio praticamente da qualunque punto, le vedi guidando, passeggiando, surfando. 

È così che si sono conosciuti Filippo Maffei e Luca Andreozzi, fotografo uno e climber per SCARPA e Ferrino laltro, uniti dallessere cresciuti entrambi sotto lombra di queste fantastiche montagne e dalla passione per il surf e per larrampicata. Ci incontriamo nello studio di Filippo a Camaiore, paesino incastrato tra il mare e la montagna dal quale si raggiungono in pochi minuti a piedi alcune delle pareti più amate dai climber della zona. Lo studio è pieno di cose, ci sono i libri di Richard Avedon e Henri Cartier-Bresson, ma si capisce subito che il playground di Filippo è il mare: oltre ai volumi di Chris Burkard e Todd Glaser spuntano anche mille riviste dedicate al mondo del surf e dello skate. Filippo dopotutto le ossa, anche come fotografo, se l’è fatte in acqua, seguendo atleti e scattando campagne. Sullenorme tavolo da lavoro ci sono le dieci stampe del progetto che Filippo e Luca hanno realizzato insieme, Lines in the Mind, scatti di grande impatto visivo che tracciano una linea tra due mondi per certi versi molto affini, quello del surf e quello dellarrampicata, che sono state esposte alla Manifattura Tabacchi a Firenze. Una linea li unisce, e in entrambi la linea è un elemento fondamentale del gesto atletico, che si tratti di una via o di unonda. Luca, che surfa e che ha iniziato ad arrampicare da piccolissimo, questa connessione lha esplicitata grazie a Filippo. La prima volta in parete per lui è stata a cinque anni, con delle vecchie scarpette del padre che, preso per sfinimento, lo ha portato a scalare, tante erano le sue richieste. Non appena Luca ha toccato la roccia la prima volta ha capito subito che larrampicata avrebbe guidato tutta la sua vita, solo che allepoca non cerano palestre, o scuole, così diffuse come adesso e probabilmente il suo approccio al climbing dipende proprio da quello. Non cerano altri bambini che scalavano: come e quando praticare Luca doveva inventarselo. Un percorso lungo che lo ha portato prima a Torino, dove ha imparato a disegnare le linee indoor, e poi a Firenze, dove ha aperto Area 51, la sua palestra di climbing.  

Siamo intorno al tavolo, il loro progetto è lì e si percepisce quanta passione entrambi provino per questi mondi, che insieme hanno unito.

Filippo: Ho trascorso praticamente tutta la vita in mare, ma le Apuane erano sempre lì, a guardarmi e ad esercitare questo enorme fascino su di me. Frequentavo molto le cave per questioni di shooting, ma non avevo mai provato ad arrampicare fino a poco tempo fa, e più questa passione cresceva in me, e più sentivo e coglievo delle affinità con il surf. Ho iniziato a frequentare assiduamente la zona di Candalla e così ho conosciuto Luca, che mi ha coinvolto facendo crescere in me lesigenza di provare a scattare in parete, che per me è una cosa essenziale: che si tratti di acqua o roccia io voglio avere la stessa prospettiva dellatleta, condividere lo stesso sforzo fisico e lo stesso elemento. Il mio obiettivo nel seguire Luca in parete era di avvicinarmi il più possibile a quello che lui stesso vede. Il feeling tra di noi è stato immediato: i primi scatti li abbiamo fatti a Calafuria, vicino Livorno, un pomeriggio intero in cui lui scalava e io scattavo nel silenzio più totale, con solo le onde del mare di sottofondo. 

Luca: Nel momento in cui abbiamo iniziato a scattare sono uscite subito le foto che poi sarebbero andate alla mostra, io mi ero appena messo le scarpette e mi stavo solo scaldando, mentre Filippo aveva iniziato a fare degli scatti di prova. La sintonia è stata subito totale, come se ci conoscessimo da una vita. 

Filippo: Quello che di Luca mi è piaciuto fin da subito è il suo approccio alla scalata. È sì tecnico, perché lui è fortissimo, ma ha anche una sua vena artistica. Il suo è un modo di vivere la montagna tutto suo, con Ray-Ban, jeans e capelli sparati. 

Luca: Io scalo da una vita ma, soprattutto negli ultimi anni, ho cercato di fare cose che mi rispecchiassero veramente, di dare la mia visione dellarrampicata. Per me è sì uno sport, ma anche un modo di essere e di esercitare la mia creatività. Mi sono vestito in maniera atipica rispetto allarrampicatore classico proprio per questo, perché mi è sempre piaciuto dare il mio tocco: oggi, per i miei gusti, laccento viene posto troppo sulla performance e si stanno perdendo tutte delle sfaccetture che per me nellarrampicata sono essenziali. In palestra vedo gente scalare tutti i giorni, ed è chiaro come lapproccio di libertà di questo sport si stia andando a perdere: è tutto numeri, gradi, codificazioni. Rompere un pogli schemi è stato bellissimo, Filippo ha concretizzato su pellicola la mia visione dellarrampicata. 

Filippo: Veniamo tutti e due dal mondo del surf e dello skate, che è uno stile di vita a tutto tondo, questi non sono solo sport”, ma racchiudono in sé dei mondi. Anche il solo fatto di girare per cercare lo spot giusto per potersi esprimere al meglio è qualcosa che appartiene molto alla cultura surfistica, o street dello skate, in cui devi scegliere dove praticare e poi trovare il modo di piazzare le luci funzionali allo scatto: è qualcosa che si discosta molto dal discorso di performance dura e pura. Grazie a Luca ho scoperto dove poter arrampicare nei luoghi di casa, sia sulle Apuane che sul Romito, una location particolarmente inedita anche per i local. Tutto è  partito dalla mia richiesta di trovare uno spot da cui si vedesse il mare. 

Luca: Ecco, la creatività nellarrampicata per me sta proprio in questo, nel dove andare a cercare la scalata: questo è indice di un processo di ricerca che è molto, molto creativo. Solitamente si tende ad andare sempre negli stessi posti, dove è tutto già stato scoperto, già catalogato, già fatto e si va semplicemente a fare sport, quindi a ripetere un gesto. Per me però larrampicata non è questo, ma un processo di ricerca e avventura: vedere una linea dove nessuno lha mai vista, o andarla a cercare dove nessuno ha mai neanche voluto cercare, come nel caso di Calafuria, che è un luogo totalmente fuori dalle mappe della scalata. È un posto che ha delle forme naturali e delle linee pazzesche, dove vado da anni a cercare nuovi giochini, perciò quando Filippo mi ha parlato del progetto non ho avuto dubbi. Ma anche nella stessa Camaiore, che non è certo inedita nel panorama dellarrampicata sportiva, noi siamo andati alla ricerca di linee che fossero prevalentemente estetiche, fregandocene delle informazioni tecniche o dei gradi. Anzi, ho fatto scegliere a Filippo le linee che catturavano di più il suo occhio di fotografo. 

Filippo: Tra larrampicata e il surf ci sono moltissime connessioni, a partire dagli aspetti più mentali fino a quelli prettamente fisici, dalla concentrazione, che entrambe le discipline richiedono, fino al fatto di essere totalmente immersi in un elemento che è più grande di te, che sia il mare o la montagna, che ti impone di avere un rispetto profondo. Sei solo con te stesso e a contrasto con questo elemento con il quale devi trovare un equilibrio, devi trovare un modo per affrontarlo, una via, una linea. Una linea la devi trovare sia che tu cavalchi unonda e sia che tu debba arrivare in cima a una parete e ce la devi avere in testa prima di partire, la devi prima visualizzare e poi mettere in pratica. 

Luca: Se c’è un connubio tra il surf e larrampicata questo viene fuori in maniera evidente nel lavoro di Filippo, entrambi surfiamo, entrambi veniamo dalla Versilia e abbiamo trovato il nostro modo di raccontare larrampicata, che per noi è molto vicino al mood e alla filosofia del surf. È un connubio molto affascinante: se ci pensi larrampicata, proprio come il surf, è unattività che può essere vissuta in tantissimi modi diversi, ma sicuramente ti chiama a stare fuori, nella natura. In un caso sei solo te, la tavola e londa, nellaltro solo te, la roccia e le scarpette. Se la vivi come labbiamo vissuta noi è proprio come trovarsi in mare e dover scegliere che onda prendere: scegli la linea che ti piace, quella che ti cattura, e la scali, senza pensare alla difficoltà o alle caratteristiche tecniche che un arrampicatore normalmente guarderebbe. In questo lapproccio delle due discipline è proprio simile e poi sono entrambi sport individuali, dove però condividi lo stesso elemento con altri: il fatto che siate lì, entrambi a fare la stessa cosa, vi rende in qualche modo complici.