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Elisa Bessega: l’outdoor è la mia casa

Elisa Bessega è una fotografa nata a Padova ma trasferita a Trento per studiare giurisprudenza. Durante gli studi, il mondo outdoor non le interessava ma le montagne del capoluogo trentino sono riuscite a farle cambiare idea. La voglia di esplorare e di scoprire il mondo outdoor ha preso spazio nella vita di Elisa, che ha deciso di abbandonare la carriera giuridica e di inventarsi un lavoro che le permettesse di stare il più tempo possibile a contatto con la natura. 

Sei una fotografa e filmer, cosa significa per te fare questo lavoro?
Ho sempre scattato per me stessa e mi piace l’idea di fissare un mood, potermi esprimere e avere la possibilità di rivederlo. Col tempo ho capito che scattare poteva essere anche d’ispirazione per gli altri, quindi ora per me la fotografia è riuscire ad ispirare.


Come mai hai deciso di fotografare la natura e l’outdoor in generale?

Perché uno fotografa le cose che gli piacciono! Nella natura passo la maggior parte del tempo, la mia vita è fatta di montagna, scalata, trekking, sci: queste sono le storie che mi piace raccontare. Non ho sempre frequentato la montagna, però è lì che ho trovato la mia dimensione. Mi piace raccontare agli altri quello che ho provato nel trovare una nuova casa, un nuovo stile di vita e spero con le mie foto di ispirare qualcuno a prendere questa strada. Ho capito che se ti immergi nella natura, sei più in contatto con te stesso ed è il primo passo da fare per essere più sereni nel mondo.


Quale tipo di fotografia ti ispira?
La fotografia che mi piace di più è la fotografia documentaristica. Infatti, nonostante io lavori con ambienti e paesaggi, ciò che mi ispira di più sono le storie di chi abita la montagna. Credo che le foto di paesaggi che ho scattato si contino sulle dita della mano, non ci ho mai provato seriamente proprio perché mi ispirano di più le persone. Inoltre, i miei scatti migliori non sono mai costruiti ma sempre rubati, con tutte le conseguenze che questo ha sul tipo di fotografia che faccio. 

Quali sono i tuoi sport outdoor preferiti e perché?
In montagna pratico diverse attività: ho incominciato con il boulder, poi ho scoperto le vie lunghe, le vie trad. Dopo ho iniziato con l’alpinismo, lo scialpinismo e ogni tanto cascate di ghiaccio. La cosa che mi piace fare di più in assoluto credo sia lo scialpinismo, perché penso sia la somma di tutto questo. Quando si scia si sta in giro dall’alba al tramonto e si torna pieni di tutta la bellezza che la montagna può offrire.


Cosa significa e che sensazioni
ti regala stare a contatto con la natura?
La natura ha una funzione terapeutica, ciò che mi trasmette in primo luogo è quella sensazione di pace, di ritornare a sentire istinti e profumi che si perdono vivendo in un mondo molto urbanizzato. È un modo per tornare a ricordarsi che siamo animali prima di tutto e ridimensionare tanti dei problemi che ci disturbano ogni giorno.


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Abbiamo avuto molte possibilità di viaggiare e scoprire luoghi nuovi a causa della pandemia. Cosa ti ha insegnato?
Con la pandemia paradossalmente abbiamo avuto molte più possibilità di scoprire posti nuovi, perché ci siamo ritrovati obbligati ad esplorare quello che avevamo intorno a noi. Ho fatto uno dei giri più belli quando non potevo muovermi dal comune, concatenando tutte le cime che circondano Trento. Sono stata in giro 4 giorni, dormivo in tenda e mi sembrava di esplorare posti nuovi, ma riuscivo comunque a vedere la città; casa mia era a portata di mano. È stato bello, come quando da bambino metti la tenda in giardino e ti sembra di vivere un’avventura.


Il luogo più incredibile dove hai fotografato?
Il luogo più incredibile è in Madagascar. Ho partecipato alla realizzazione di un documentario sul Famadihana, una cerimonia funebre con la quale le popolazioni locali disseppelliscono i loro cari per fare una grande festa, ci danzano insieme e li aggiornano sulle novità del paese. Sono entrata in contatto con una cultura lontanissima dalla nostra, è stata un’esperienza veramente assurda. Siamo stati dentro una delle tombe dove si svolgeva il rituale, un momento molto potente e toccante. Ma soprattutto è stato un momento formativo dove abbiamo capito come altre culture percepiscano la morte in un modo molto diverso dal nostro, come uno stato diverso dell’esistenza dove la persona mancata continua ad esistere come forma di ricordo e presenza fisica.


Cosa significa per te la parola outdoor?
La parola outdoor vuol dire certamente sport e molti la definiscono terreno di gioco, “playground”. Per me però in primo luogo vuol dire “backyard”, casa. Non penso a un posto dove posso andare a divertirmi, penso a casa mia.

Il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto è poter continuare a vivere come sto vivendo adesso per tutta la mia esistenza, che resti tutto così.


Raccontami il tuo viaggio più incredibile.

Oltre ai documentari in Madagascar, l’inverno scorso ho fatto la traversata del Lagorai in autonomia con un’amica. Per 7 giorni non abbiamo incontrato nessuno, abbiamo dovuto portare con noi tutto quello che ci serviva per sopravvivere; è stato difficile ma intenso ed emozionante, mi ha cambiata radicalmente. È la prima volta che ne parlo, non lo abbiamo raccontato a nessuno perché parlarne era sempre in qualche modo limitante rispetto a quello che sentivamo di aver vissuto. Passare così tanto tempo nella natura nella sua veste più estrema, quella della montagna, ti obbliga a risvegliare i tuoi istinti, le tue paure, torni a vivere un po’ come un animale del bosco. 


Cosa farai domani, ovvero nei prossimi mesi e anni?
Questa domanda spesso presuppone una visione della vita dove deve per forza esserci una progressione di carriera, un arrivare all’essere “qualcuno” e questa visione è profondamente in contrasto con il modo in cui cerco di vivere. Mi dà veramente fastidio l’idea di cercare il successo ad ogni costo – aldilà dell’ambito professionale dove voglio migliorare perché sono partita da autodidatta. Per tutto il resto mi lascio trascinare da quello che succede, non voglio programmare progetti a lungo termine e sono contenta del modo in cui sto riuscendo a vivere. Il mio sogno è che possa continuare così, che possa lasciarmi ispirare dalla montagna, voglio poter continuare a raccontarla attraverso la fotografia.