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Evolution with Anna Stöhr

Text by Camilla Pizzini

Una splendida storia di non solo di arrampicata, ma anche di evoluzione da una carriera come atleta professionista su boulder ad atleta che si dedica ad un progetto multi-peach come quello di Ali Baba, 8 tiri, 250 metri, grado 8a+, Francia.

Abbiamo avuto il piacere di incontrarla in anteprima per la premiere di Evolution Movie e di porle alcune domande.

 

Una parte del cortometraggio parla di come il primo blocco che ha avuto la scalatrice fosse proprio la paura di affrontare l’altezza di questa parete e di come effettivamente non riuscisse a distaccarsi da questo pensiero. Essendo così la paura uno dei punti cardine di questo cortometraggio le prime domande che le sono state poste sono state su come si stesse trovando in questo momento di blocco generale causato dal Covid-19 e come stesse affrontando le preoccupazioni che chiaramente coinvolgono tutti quanti.

“La paura è decisamente qualcosa che coinvolge tutti quanti, chi più chi meno, e non si può decidere in che situazione avere paura. Per me, durante la scalata di Ali Baba, era il modo in cui mi sono ritrovata su quel muro ed era giusto raccontare di essa perché era una parte essenziale ed autentica di questa storia. So che ci sono molte persone che non sentono la paura, per me è stato anche molto speciale superare questa paura e lavorarci sopra. Anche ora la situazione nella quale viviamo ora è simile, alcune persone sono spaventate altre meno, ciò che è importante è lavorare per andare avanti e di superare il tutto.”

 

Come è la tua vita privata? Come metti insieme il tuo lavoro e la tua vita privata?

“Arrampicare è di nuovo la mia professione ora, ma ho comunque frequentato l’università e ho lavorato come maestra. Arrampicare è la mia passione e una parte importante della mia vita e lo sarà sempre, ma non so per quanto ancora come professione.”

 

Credi che un giorno nel tuo lavoro da maestra cercherai anche di trasmettere ai tuoi alunni ciò che hai imparato da questa “evoluzione” e come hai affrontare le proprie paure?

“Spero certamente che un giorno insegnerò a dei giovani alunni come gestire la paura, ma non solo. Lo sport è uno strumento importante per crescere e per stare anche nella natura, che è una risorsa fondamentale per trovare tranquillità e felicità. In questa attuale situazione mi sento veramente felice quando posso uscire e godermi la foresta. Ed è inoltre importante trasmettere il concetto che avere degli scopi nella vita poi ti aiuterà a superare i momenti difficili. Ad esempio per me l’arrampicata è stata un modo per affrontare i vari problemi ed andare avanti raggiungendo i miei scopi.”

Preferisci arrampicare più in indoor o outdoor? E quale è l’effetto che preferisci di queste due discipline?

“Di certo amo uscire all’aperto con i miei amici e godermi una giornata così. Anche allenarsi in indoor è importante per preparare dei progetti e poi sentirsi pronti. Di certo se dovessi scegliere prediligerei l’outdoor, ma per fortuna non devo farlo. L’effetto di arrampicare all’esterno è pura motivazione e gioia, mentre l’indoor è speciale perché ci sono sempre molti amici con cui farlo, incontri sempre persone che anche se non gli dici che stai per andare a scalare, loro sono lì ed è bello arrampicare con un bel gruppo numeroso a volte.”

 

Quanto è stata cruciale la presenza di Kilian Fischhuber?

“È stato fondamentale ed importante averlo con me, lui è il mio fidanzato e un supporter, è riuscito a farmi capire che l’importante non è che qualcosa funzioni o meno, ma che è fondamentale godersi quel muro in insieme. Probabilmente è stato la chiave del successo.”

 

Come riesci a gestire la rabbia durante la scalata e dopo anche tanti errori continuare e giungere alla fine?

“Per me è importante raggiungere un equilibrio, soprattutto quando si parla di arrampicare. Per me è stato decisivo fare anche altre attività in quei giorni, godersi il paesaggio e i canyon, andare in bici. Ciò è stato fondamentale perché ho ottenuto più motivazione soprattutto una volta che mi sono ritrovata sulla parete.”

 

Tornando indietro prima del progetto, quanto è grande la differenza tra quello che avevi prospettato prima e quello che effettivamente hai conquistato alla fine?

“Ritornando all’inizio mi ricordo di aver pensato guardando la guida “Ah non dovrebbe essere un gran problema” ma poi quando ero sul muro i sentimenti erano cambiati e si avevo paura ed è stato più difficile di quello che pensavo affrontare il tutto. È diventato sempre più importante, giorno dopo giorno, riuscire ad affrontare questa sfida senza pensare a nulla. All’inizio era un piccolo scopo, ma alla fine è diventato un sogno.”

Ti senti più ispirata dalle donne o dagli uomini nell’arrampicata?

“Decisamente dalle donne, perché il mondo dell’arrampicata è dominato in gran parte da uomini e credo è veramente bello vedere i risultati delle altre donne. Quando arrampicavo e vedevo che qualche donna, o comunque qualcuno della mia altezza e di conseguenza con la mia stessa larghezza di braccia, era riuscita a fare una via, allora mi convincevo che io stessa potevo farcela.”

 

Hai mai avuto paure nella tua carriera da boulder climber che non ti hanno permesso di dare il massimo? O era una paura diversa?

“Certamente c’erano delle paure, ma erano più pressioni, preoccupazione su me stessa, che altri ti mettono, quindi sono un tipo diverso di paura. Quando ero su Ali Baba erano tutt’altro.”

 

C’è qualcosa che hai imparato nella tua carriera nel bouldering che ti è poi stato utile su Ali Baba?

“Certamente. La prima cosa è stata di non rinunciare. Se hai un sogno devi lavorare duro per raggiungerlo. Inoltre, ho imparato come allenarmi, come prepararmi per i vari tipi di problematiche sulla parete.”

 

Aiglun è un posto veramente isolato, silenzioso, veramente distante dalle competizioni alle quali Anna è stata abituata, piene di folla e rumore. Quanto è stato diverso?

“È un posto veramente isolato, un paesino di solo 50 persone ed è questo che lo rende veramente speciale. Mi piace arrampicare fuori dove sono sola ed in silenzio, ma mi piace arrampicare anche dove c’è la folla. Credo ci sia una sorta di equilibrio tra gli opposti. Ad esempio, quando c’era la folla riuscivo a spingermi quel poco di più e ciò l’ha reso veramente eccitante. Ma nonostante questa abitudine, apprezzo anche quando sono outdoor con me stessa e poche persone. Entrambe queste parti rendono l’arrampicata speciale.”

“La prima cosa è stata di non rinunciare. Se hai un sogno devi lavorare duro per raggiungerlo. Inoltre, ho imparato come allenarmi, come prepararmi per i vari tipi di problematiche sulla parete.”

La grossa difficoltà di Ali Baba è stata la paura, questa parte è chiusa o magari tornerà nei prossimi progetti?

“Probabilmente dalla prossima volta sarà minore, ma di certo non scomparsa. Ci lavorerò di certo, ma la cosa bella ora è che ho la confidenza e so che posso lavorarci e che è risolvibile e che migliorerà. Questa volta la paura è stata una parte essenziale, ma la difficoltà del progetto è stata un’altra parte fondamentale. Mi sono dovuta allenare duramente per questo progetto, quindi alla fine c’erano due vere questioni da affrontare: la paura e la difficoltà della via.”

 

Nel film dici che puoi lavorare sulla paura, ma effettivamente in maniera pratica, come hai lavorato sulla tua paura?

“Praticamente provando e facendo errori, arrampicando tanto e cadendo tanto e abituandosi. Nell’ arrampicata sportiva la paura è una questione molto personale, anche se è irrazionale perché magari sei veramente vicino alla fine. La cosa importante in quei momenti è lasciar andare ed iniziare a fidarsi di chi magari ti fa da sicura.”

 

Non è fastidioso fare qualcosa di nuovo come per te Ali Baba e avere intorno filmer o fotografi?

“È certamente distraente, per questo abbiamo deciso di avere un filmer all’inizio e poi abbiamo fatto due viaggi a settembre per stare da soli e concentrarci al massimo nei passaggi e nell’arrampicata in sè. Mentre il film è stato fatto in novembre. I viaggi a settembre sono stati veramente fondamentali per superare le mie paure e capire bene cosa fare.”

 

Quale è il consiglio che la Anna di 31 anni farebbe alla Anna di 16 anni?

“Essere più audace, provare cose diverse e non preoccuparsi del futuro perché tutto funzionerà in qualche modo”

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