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I ghiacciai prima e dopo. Fabiano Ventura.

By Matteo Pavana

Odio profondamente i negazionisti della crisi ambientale.

Mi rendo conto che non è il modo più neutrale e diplomatico di introdursi con un articolo, ma non posso esprimermi con mezzi termini verso gli scettici e i miscredenti dell’ovvio, verso coloro che scelgono l’ignoranza e l’arroganza anziché la ricerca e l’informazione. Il riscaldamento globale è un processo reale. Se nutrite ancora dei dubbi sul tema, beh, forse vale la pena fare un ultimo e disperato tentativo con questo articolo. Il lavoro di glaciologi e climatologi è importantissimo per la divulgazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Spesso però si fa riferimento a numeri e dati e interpretarli non è per tutti. Per fortuna c’è chi ha deciso di unire la scienza all’arte. Dovete sapere che una cosa che amo tantissimo è il lavoro degli altri fotografi. È più forte di me. Chiamatela passione, deformazione professionale, quello che volete. Un po’ per questo motivo e un po’ per il mio spirito ambientalista ho deciso di scrivere a Fabiano Ventura, un fotografo il cui lavoro seguo da molto tempo.

Prima di parlarvi di lui vorrei fare alcune parentesi.
Negli ultimi mesi sono successi o sono tutt’ora in corso degli avvenimenti che meritano di essere citati:

-La Groenlandia perde miliardi di tonnellate di ghiaccio al giorno e tra una ventina di anni l’Artico potrebbe restare senza ghiacci;
Le più grandi foreste tropicali e pluviali in tutto il mondo stanno andando a fuoco. Tali incendi producono tonnellate di anidride carbonica, contribuendo così al repentino surriscaldamento globale e conseguente fusione dei ghiacciai;
– Lo scorso luglio è stato il mese più caldo mai registrato di sempre;
– Il nuovo governo brasiliano ha duplicato il disboscamento dell’Amazzonia. Gli alberi sono l’unico strumento sostenibile in grado di trattenere i gas serra;
– Visti i dati scientifici presto un quarto della popolazione mondiale rimarrà senza acqua e alcune zone saranno invivibili a causa dell’aumento delle temperature;
– I dati scientifici confermano che entro il 2050 tutti i ghiacciai alpini sotto i 3500 metri scompariranno.

Questi sono solo alcuni degli eventi manifestatisi;
Di fronte a simili catastrofi ci si sente impotenti e si ha l’assoluta sensazione di non poter cambiare nulla e di non avere le capacità fisiche e morali per poter reagire.
Anch’io mi sento così. Credetemi, fa un male cane.
Mi ritorna alla mente quella volta che il mio amico Luca Albrisi, uno che ne sa una in più del diavolo o che semplicemente porta assieme alle sue citazioni anche il peso dei suoi anni, mi ha detto: “Non può esistere azione senza riflessione e non deve esistere riflessione che non porti all’azione”. Un concetto semplice, non banale, efficace.
Per avere una consapevolezza di quello che sta accadendo c’è bisogno di un’opinione pubblica critica e informata. È arrivato il tempo di assumersi le proprie responsabilità per un cambiamento culturale collettivo. Questa è la base per sollevarci a collaborare come razza universale in maniera sostenibile e intelligente.
Sono da sempre innamorato delle storie di uomini e donne che, attraverso la loro visione e il loro impegno, hanno portato i popoli all’azione del cambiamento. In un momento delicato come questo ho pensato fosse importante raccontarvi la persona e il lavoro di Fabiano Ventura.

Ecco, adesso posso introdurvelo.
Romano, classe 1975, fotografo appunto.
Fabiano è uno di quei fotografi che davanti a un tramonto è stato in grado di dirmi che “
la bella luce viene solo dopo la salute” – giusto per farvi capire la dedizione alla materia -.
Da 15 anni sta lavorando al suo progetto fotografico-scientifico “Sulle Tracce dei Ghiacciai”, che si avvale del contributo di fotografi e scienziati per coniugare comparazione fotografica e ricerca scientifica al fine di analizzare gli effetti dei cambiamenti climatici partendo dall’osservazione delle variazioni delle masse glaciali. Me lo dice umilmente, come se fosse una cosa normale, una cosa che è nata e si è evoluta naturalmente nel tempo. Se oggi vedete riportate le immagini delle conseguenze del riscaldamento globale sui ghiacciai sulle più importanti testate giornalistiche, sicuramente sono le sue. 
L’idea è nata nel 2004 in occasione della spedizione italiana che ha commemorato il 50esimo anniversario della prima salita del K2, di cui Fabiano è stato fotografo ufficiale.
Da giovane si è appassionato all’astrofotografia per poi intraprendere l’attività di fotografo freelance nel mondo dell’outdoor e degli sport estremi. Ha seguito atleti di fama internazionale in numerose spedizioni, fino a quella che avrebbe cambiato la sua vita e che presto avrebbe scosso le nostre coscienze.
La potenza del suo lavoro non merita complicate spiegazioni tecniche: Fabiano riproduce dagli stessi punti, con le stesse ottiche e nello stesso periodo dell’anno le fotografie dei ghiacciai dei principali fotografi-esploratori di fine ‘800 e inizio ‘900. Questa tecnica prende il nome di “repeat photography” 

Ho incontrato Fabiano nella pre-spedizione “Alpi 2020”, l’ultima tappa del suo progetto decennale. Finora sono state 5 le spedizioni svoltesi sui ghiacciai montani più importanti della Terra, tutte portate a termine con successo: Karakorum 2009, Caucaso 2011, Alaska 2013, Ande 2016 e Himalaya 2018.
Dati alla mano, sono stati finora analizzati 27 ghiacciai e realizzati più di 100 confronti fotografici.

Lo strumento della fotografia di confronto ha un forte potere di comunicazione ed è inequivocabile: si fissa il tempo in due immagini. Hai un riferimento d’inizio e di fine, il resto lo fa la nostra immaginazione. Lo scioglimento del candido manto nevoso, il fragore delle scariche di sassi neri sul ghiaccio puro, l’innalzamento della vegetazione sono la traduzione della lenta e straziante morte delle montagne. Il risultato è drammaticamente affascinante quanto il procedimento per arrivare allo scatto. Si ha a disposizione l’indizio di una breve descrizione sul retro della fotografia storica; il resto è una caccia al tesoro. Si ipotizzano la stagione, l’orario e la prospettiva dello scatto storico e poi si cammina fino a verificare l’esattezza del luogo. Poi è solo questione di luce.
Fabiano mi racconta con entusiasmo il lungo lavoro di selezione delle immagini negli archivi storici nazionali e internazionali e la ricerca del luogo dello scatto, con un po’ meno entusiasmo la burocrazia relativa a permessi scientifici, partnership con enti locali e sponsor tecnici, per non parlare della logistica delle spedizioni sempre molto complicata trattandosi di zone particolarmente remote.

Perché i ghiacciai sono così importanti?
Forse vale la pena spiegarlo visto che di questi tempi la corretta informazione non è mai troppa.
Partiamo dalla base: il ghiacciaio non è altro che una massa d’acqua congelata conservatasi per migliaia di anni. Alcuni studi hanno ricostruito scenari in cui fino a circa 20.000 anni fa il pianeta Terra era ricoperto per il 32% da masse glaciali. Oggi quelle masse corrispondono al 10%, in rapida diminuzione.
Dove sta il problema?
I ghiacciai sono i termometri del nostro pianeta. Più ghiaccio c’è, più è fresco. Meno ghiaccio c’è, più è caldo. Semplice no? Per fare un esempio banale potremmo dire che al di sopra di una certa temperatura, come accade al nostro corpo, il pianeta si ammala. Le cause della fusione dei ghiacciai, e quindi dell’innalzamento della temperatura, non sono naturali, ma fanno parte di un problema esclusivamente di tipo antropico.

Le cause sono molteplici e sono sicuro che già le conoscerete, ma è meglio ripeterle:
– L’importante produzione di CO
2 per via delle varie attività umane tra cui, prima tra tutte, l’allevamento intensivo (corrisponde a circa il 40% delle emissioni totali);

– La combustione di combustibili fossili;
– L’esteso processo di deforestazione;

Le conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai sono catastrofiche, ma prima di dirvele preferirei spiegarvi in maniera molto sintetica la dinamica dei ghiacci.
Abbiamo capito che i ghiacciai non sono altro che acqua solidificata migliaia di anni fa. Ok, fin qui ci siamo, perché basta che pensiamo al nostro freezer di casa.
Un ghiacciaio si forma nel momento in cui la neve che precipita in inverno eccede quella che si fonde d’estate. In questo modo infatti la neve in eccesso, strato dopo strato, si accumula e diventa ghiaccio. I ghiacciai corrispondono al 75% delle riserve di acqua dolce sulla Terra. Il fatto che un ghiacciaio si fonda in estate e aumenti di conseguenza la concentrazione di acqua dolce è un bene per la vita. Il problema purtroppo è che l’innalzamento della temperatura media, per i motivi prima elencati, stanno fondendo i ghiacciai a un ritmo esponenzialmente rapido. La prima drammatica conseguenza di quanto avviene è la riduzione delle riserve di acqua dolce. Capite la catastrofe e tutta la reazione a catena che ne sussegue?
La maggior parte dei governi del mondo ignora il problema, l’altra parte preferisce negarlo. Il perché l’evidenza venga negata penso che sia un problema che dipende dalla nostra stessa natura: di fronte a una catastrofe è meglio non pensarci, anzi è meglio ignorarla, anche se questo significa la morte di alcuni di noi o, peggio ancora, la nostra stessa estinzione.
No, l’estinzione non è uno scenario improbabile, tutt’altro.
Le conseguenze della fusione dei ghiacci sono anch’esse molteplici:
– L’aumento del livello degli oceani e la conseguente inondazione di intere aree continentali abitate;
– Stravolgimento del clima e conseguente estremizzazione degli eventi naturali come alluvioni, tifoni, ondate di calore e forti siccità;
– Squilibrio della catena alimentare, poiché un innalzamento della temperatura dell’acqua e una variazione della sua salinità comporta la variazione del ciclo naturale della flora e della fauna marina.
Un’altra conseguenza importante è che contemporaneamente alla fusione dei ghiacciai avviene la degradazione del permafrost artico che, per composizione chimica ed estensione, rilascia metano, quindi l’aumento esponenziale dei gas serra.
Il risultato finale? L’impossibilità di adattamento da parte della specie umana e quindi alla sua sopravvivenza.

Di fronte a questa problematica occorre agire, fin da subito.
Fabiano ha deciso di rispondere con il connubio tra fotografia e scienza cercando di generare informazione e consapevolezza nell’opinione pubblica. Mai sono stato così convinto che la fotografia possa fare la differenza e il suo lavoro ne è l’espressione massima.
Noi tutti, attraverso una nostra personale presa di posizione, possiamo fare qualcosa.
La fusione delle masse glaciali è solo uno degli effetti del riscaldamento globale. Assieme a quelle predette, esistono tante altre variabili imprevedibili.
Siamo proprio sicuri di volerci scontrare con la Natura?
Lascio la risposta ai negazionisti (o a voi che mi avete letto)
Buona fortuna.