Image Alt

Federica Mingolla: “La scalata la vedo come una danza verticale”

By Chiara Guglielmina

With La Sportiva 

L’incontro con Federica non è stato come avrei voluto. Parlare di qualcuno, o più in generale scriverne, è una grande responsabilità, se si ha rispetto per le storie e per le persone. Raccontare di un fiondo di venti metri su un 8a, senza essere mai caduti nel vuoto, lo trovo presuntuoso e, come diceva il saggio scrittore John Ruskin: “La presunzione può gonfiare un uomo, ma non lo farà mai volare.”


Di Federica non ho potuto apprezzare né la bellezza di cui parlano, né le dita agili con cui ha danzato su pareti vertiginose. Scambiamo qualche parola al telefono e, seppur a fine giornata, m’investe di energia; trasmette quell’antica voglia, in via d’estinzione, di rimboccarsi le maniche. Oltre a essere un’atleta d’eccellenza nel panorama dell’arrampicata su roccia e dell’alpinismo europeo, è Guida Alpina dalla fine di gennaio: una delle più giovani in Italia con i suoi ventisei anni. Fin da bambina la sua sconfinata curiosità ha caratterizzato le sue scelte facendone una sportiva a 360 gradi: dal nuoto prima, all’arrampicata poi.

 

Esiste un limite di età per inseguire il sogno di diventare Guida Alpina?

Assolutamente no. Ho avuto diversi colleghi di corso che avevano 45 anni o più. Uomini che hanno lavorato in montagna per tutta la vita, ma che hanno scelto tardi di formalizzare l’esperienza maturata in una professione come lo è quella di Guida Alpina. Probabilmente, a quell’età, rappresenta il coronamento di una vita intera trascorsa tra roccia e ghiaccio più che un’effettiva professione. In ogni caso no, non c’è un’età per realizzare sé stessi. Lo fai quando c’è la voglia e la motivazione per farlo. Io, ad esempio, non ho iniziato a quindici anni con il sogno di diventare Guida Alpina, ma è stata la montagna stessa, con le sue mille sfumature, a farmi intraprendere un cammino capace di portarmi al raggiungimento di un obiettivo simile. Dalla mia devo ammettere di essere sempre stata molto motivata; forse anche per via della giovane età.

Cosa ti ha spinto ad allontanarti dal mondo delle competizioni sportive per abbracciare la pratica outdoor?

La curiosità, sono una persona letteralmente incapace, per via della mia personalità, di fare una cosa soltanto e di ostinarmi nel ripeterla; non ne trovo lo scopo. Odio la routine. Con l’arrampicata è stato amore a prima vista, ma l’arrampicata sportiva (specialmente per come è intesa oggi), è una realtà estremamente monotona; fatta di gare, allenamenti, calendari e rigide tabelle. Tutto

organizzato per l’agonismo, com’è giusto. Ma non fa per me. Non mi piace il mondo delle competizioni per il modo che ha di ripetersi, di continuo, senza grandi variabili. Avendo questa visione delle cose era inevitabile che, presto o tardi, avrei perso interesse per le gare. La vera bellezza per me esiste e consiste nell’essere in uno stato di evoluzione continua. È con questa filosofia che ho cominciato a scalare su roccia, quella vera: di granito, gneiss, calcare o dolomia.
Negli anni ho provato diversi tipi di arrampicata: multipitch, falesia, boulder. La trad, tuttavia, rimane la mia specialità. Riavvicinandomi poi anche allo sci, allo sci alpinismo e all’alpinismo, è cominciata un’esplorazione dell’arrampicata, attraverso le montagne, completa.

 

Eccola la continua evoluzione di Federica. Il desiderio implacabile di accogliere il nuovo.

 

In questo “tempo clandestino” hai avuto modo di pensare a qualche progetto futuro?

Paradossalmente la pandemia mi ha fatto passare la voglia di andare troppo lontano. Ho sempre avuto il sogno della Patagonia e sempre l’avrò, ma adesso è il tempo dei sogni dietro casa. Proprio la Patagonia, ad esempio, è “Il Sogno” per eccellenza, ma non è il mio sogno. O meglio, non è il primo o il solo. Ho creduto lo fosse perché è il sogno generalizzato di tante persone. Di recente mi sono invece focalizzata su quelli che sono i miei desideri; cose magari piccole o di poco conto agli occhi degli altri, ma con valore inestimabile per me. Obiettivi che rappresentano quello che voglio fare dell’arrampicata e dell’alpinismo e, in sintesi, del mio andare in montagna.

Toglimi una curiosità: voi atleti del 2021, figli dell’epoca social, lo sentite come un peso questo implicito “dover pubblicare”?

Anche qui come in falesia ho sempre fatto solo quello che mi andava di fare. Mi mostro per quella che sono e ho sempre rifiutato i classici lavori da influencer. Non ho mai stretto collaborazioni che non rispecchiassero quella che sono io. Quando mi sono trovata in particolare sintonia con alcune realtà o brand, ho appoggiato la causa, ma mai andando contro i miei principi. Nel privato è ancora più semplice: se ho voglia di pubblicare qualcosa lo pubblico, altrimenti no. Se scelgo di scrivere un post è perché sono ispirata e mi va di farlo, non perché sono trascorsi tot. giorni o perché sento il bisogno di like e views per stare bene. 

 

Hai fatto della tua più grande passione il tuo lavoro. Riesci a ritagliarti del tempo che sia davvero tuo? A coltivare qualcosa di diverso?

Mi piace tantissimo scrivere quindi scrivo, ho scritto anche degli articoli. Quella è una passione più mia e non sempre pubblico, ma il prossimo Up Climbing, ad esempio, avrà due articoli miei. Credo siano in pochi a saperlo. Amo anche leggere; recentemente ho letto “Shantaram” di Gregory David Roberts e appena finisce questa pandemia, mi son detta, andrò in India con uno zaino e un paio di vestiti dentro. Nient’altro.

 

Che importanza dai ai gradi?

Non ho mai dato abbastanza importanza ai gradi, privilegiando piuttosto l’estetica della linea. Nella mia carriera d’arrampicatrice questo approccio è sempre stato il mio più grande crimine. Non riesco a riconoscermi nella schiera degli arrampicatori proprio per questo motivo: io non ho mai lavorato un tiro. Le difficoltà che ho raggiunto, (ritenute basse al giorno d’oggi) come l’8b+, le ho sempre superate in pochi tiri. Non sono mai arrivata a più di cinque o sei tentativi su un tiro, per intenderci. Da una parte me ne infischio perché io sono così, ho sempre seguito il mio istinto. Dall’altra invece mi spiace perché spesso, ad esempio, il motivo per cui non riesco a lavorare un tiro è perché mi annoio. Fissata sulla ricerca costante del nuovo. Sono arrivata alla conclusione che, pur essendo questa la mia indole, devo impegnarmi a trovare un compromesso. Ho sempre fatto quello che pareva a me e il mio stesso personaggio è stato costruito sulla mia impulsività. Quindi, come proposito per il 2021, mi sono ripromessa di chiudere almeno un tiro duro per non perdere di credibilità.

Come definiresti il tuo modo di muoverti sulla roccia?

Più che una scalata la vedo come una danza verticale la mia; fluida. Lenta, ma costante. Indubbiamente più simile alla danza moderna che a quella classica. Un movimento continuo figlio della mia filosofia di vita: cerco di non fermarmi mai. Inoltre tento, in quanto donna, di sfruttare il più possibile la mia elasticità e tutte le compensazioni che il mio corpo mi può offrire per ottimizzare la forza. È un’arrampicata intelligente ed efficace.

 

Come affronti la paura su una via?

Non è né facile né immediato il processo che porta al superamento delle paure. Bisogna corteggiarle, ma serve saperlo fare. Non è solo una questione fisica, è un vero e proprio esercizio spirituale. Posso dirti che io, ad esempio, inizio a sognarla quella cosa che mi fa paura; a cercare di vivere quella sensazione immaginandola o evocandola attraverso altro. Poi ci dormo sopra, in tutti i sensi, per ben più di una singola notte. A poco a poco entro in sintonia con quella sensazione e questo mi permette di comprendere nel profondo se si tratta di qualcosa che sono in grado di superare o se, invece, mi sto spingendo troppo oltre.

 

In veste di Guida Alpina, cosa pensi e quanto ti spaventano gli effetti del Global Warming?

Mi mette tristezza vedere queste montagne tanto calde. Giornate di fine febbraio facilmente confondibili con le ultime uscite dopo Pasqua, quelle di fine stagione. È come se ci stessimo avvicinando, e nemmeno troppo lentamente, a un clima tropicale più che mediterraneo. Con monsoni e siccità annessi. Questo a me preoccupa e sconforta. Nel mio piccolo faccio quei piccoli gesti ormai noti, e spero anche adottati, da tutti. Ma è un problema talmente grande che dovrebbe essere affrontato dall’alto. Siamo in un sistema che non funziona sotto questo punto di vista e la cosa mi avvilisce ulteriormente. Siamo tutti consapevoli che ci sia un problema e allora mi domando: “Cosa aspettiamo per fare qualcosa di concreto?” Mi sembra che in Italia manchi del tutto la mentalità per questo tema; ho avuto tre biciclette a Torino e me le hanno soffiate tutte. Non voglio essere drammatica, ma sono delusa. Anche per questo amo stare in Valle d’Aosta, per allontanarmi da quella grigiastra cappa cittadina.

Lasciare una traccia positiva di sé è un’aspirazione molto diffusa, vorresti contribuire lasciando il tuo segno? Offrendo un consiglio?

Non mi sono mai vista come un esempio da seguire. Scoprire però di poter essere un punto di riferimento per qualcuno è sicuramente un onore. Quello che dico sempre a chi mi domanda questo è che, in tutto ciò che ho fatto, ho seguito il cuore piuttosto che ascoltare la ragione. Avrei potuto fare fisioterapia, mi piaceva e poteva garantirmi un futuro più certo, forse. Ma io ho scelto di scalare. Ci sono tante persone che antepongono la sicurezza al proprio talento. Ognuno ha la propria indole e la propria personale attitudine da coltivare. Consiglio semplicemente di seguirlo. Al contempo mi rendo conto che non tutti, purtroppo, hanno la possibilità di seguire i propri sogni, per svariate ragioni. A chi rientra in quest’ultima categoria consiglio di ritagliarsi del tempo per fare ciò li rende felici. Non me la sento di dispensare ulteriori consigli perché comprendo che non tutti possano avere la mia fortuna.

 

È la prima volta che parlo con Federica: è senza dubbio una tosta. La sua impulsività la mostra senza imbarazzo. Di certo non è una che conta fino a dieci, non credo arrivi nemmeno a tre. Piace o non piace, ma nel frattempo, mentre gli altri perdono tempo a contare lei cambia le cose. E va avanti.

Share this Feature