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Francesco Pierini: esplorare per tornare bambini

Francesco Pierini è un fotografo e filmer toscano specializzato nell’ambiente outdoor. Ha scoperto la fotografia interagendo con la sua più grande passione – la montagna – ma soprattutto rincorrendo quella che per lui è l’ispirazione, elemento chiave delle sue immagini.

Sei fotografo e filmer, cosa significa per te fare questo lavoro?
Per me essere fotografo e filmer significa trovarmi in situazioni in cui posso mettere alla prova me stesso. Significa trovarmi davanti ad un tramonto, ad un’alba, sotto una notte stellata e magari in ambienti non semplici da fotografare. A me lo studio non dice niente, è la natura che mi parla.


Come mai hai deciso di fotografare la natura e l’outdoor in generale?
Ho deciso di fotografare la natura perché credo non ci sia nessun altro elemento che sia in grado di darmi certe emozioni, le stesse che proviamo quando siamo bambini. Ci si ritrova in situazioni che ci fanno tornare piccoli, in cui si è spensierati e si ha voglia di esplorare il mondo.


Quale tipo di fotografia ti ispira?
Senza dubbio il tipo di fotografia che mi ispira di più è riuscire ad inserire l’elemento umano in un contesto naturale. Per me il paesaggio, nello stile con cui ho cominciato a fotografare, significa tantissimo. L’idea di inserire una figura minuscola all’interno di un contesto ampio enfatizza la natura, crea un’interazione che, se ben fatta, riesce a restituire emozioni davvero uniche. 


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Cosa significa e che sensazioni ti regala stare a contatto con la natura?
Stare a contatto con la natura mi regala emozioni uniche, come detto prima significa risvegliare l’animo bambino che è in me. Riuscire a fotografare queste sensazioni mi dà il potenziale per esprimere la mia visione della natura. Stare a contatto con la natura è sicuramente un modo per scappare dalla quotidianità, che sia il parchetto dietro casa o in montagna. È un elemento primordiale all’interno del nostro essere e sono certo che, prima o poi, se lo allontaniamo da noi stessi qualcosa non funzionerà più. Per me creare questo primo contatto con l’elemento naturale è senza dubbio di fondamentale importanza.


Qual è il tuo sport outdoor preferito e perché?
Il mio sport outdoor preferito è sicuramente lo scialpinismo perché mi permette di percepire delle sensazioni incredibili. Riesce creare quello stato di “flow”, di sospensione, e ricevo dalla neve emozioni che difficilmente si riescono a provare in altri sport.


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Abbiamo avuto molte possibilità di viaggiare e scoprire luoghi nuovi causa della pandemia. Cosa ti ha insegnato?
È vero, la pandemia ci ha permesso di esplorare nuovi luoghi non tanto a livello di lontananza ma di scoperta. Luoghi che ci scorrevano sotto gli occhi tutti i giorni, ci siamo passati davanti per andare a lavoro o al supermercato ma non gli abbiamo mai dato la giusta importanza. Con il lockdown sono riuscito a scoprire le montagne di casa che come fotografo avevo sempre escluso, perché pensavo “figurati se uscirà un grande scatto proprio davanti alla porta di casa mia!”. Poi ho provato e mi sono reso conto che è il modo di approcciarci a ciò che osserviamo che cambia la prospettiva. Ho trovato l’occasione di raccontare ciò che mi definisce, il mio ambiente.


Il luogo più incredibile dove hai fotografato?

La Eighty mile beach, una spiaggia lunga 80 miglia in Nuova Zelanda. È un luogo incantato, dove le onde dell’oceano che spesso superano i 3 metri si scagliano sulla roccia, ci sono questi detriti di tronchi portati dal mare che ti fanno sentire in un altro mondo. Sembra di stare sulla Luna!


Cosa significa per te la parola outdoor?

Che sia trail, scialpinismo, hiking, climbing: qualsiasi sport in montagna per me è vita ed esperienza.

Il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno nel cassetto è di attraversare l’Islanda coast-to-coast in bicicletta, perché credo sia una di quelle esperienze che nella vita ti possa realmente cambiare e insegnare qualcosa di buono. Una di quelle esperienze dove, nei momenti di difficoltà, ti ritrovi a ricordare cosa hai affrontato e sei certo di poter riuscire ad affrontare sfide ben maggiori.


Raccontaci il tuo viaggio più incredibile.
Senza dubbio il mio viaggio più incredibile è stato in Nuova Zelanda. Era inverno e in piena autosufficienza ho attraversato tutte e due le isole, dal punto più a sud – Slope Point – fino a quello più a nord. È stato un viaggio realmente toccante e ho deciso di farlo per mettermi alla prova sia mentalmente che fisicamente. Mi ha segnato davvero, facendomi diventare la persona che sono adesso; ho affrontato le mie più grandi paure, mi sono sentito solo e perso molte volte. Però dentro di me sono riuscito a trovare il cammino che volevo intraprendere ed è stato proprio lì, durante l’ultimo giorno in bicicletta, in cui mi sono promesso che la fotografia sarebbe diventata il mio lavoro. 


Cosa farai domani, ovvero nei prossimi mesi e anni?

Ciò che mi auguro di più è di incontrare persone che mi possano permettere di fare esperienze nuove. Per me trovare queste persone e creare una sinergia con loro significa vita. Stare fuori in tenda con amici, andare a fotografare un amico in parete, farmi un giro di ski touring in compagnia… Mi aspetto di realizzare nuove esperienze e soprattutto connettermi con tante persone che hanno il mio stesso mindset.