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Gravel Bike Trip con Komoot: Cansiglio Classic Tour

«Ciao Davide. Sono di passaggio dalle tue parti ed ho una mezza giornata libera. Dove mi porti?». 

Il posto ce l’ho. L’idea pure. Mi manca una traccia che concretizzi realmente distanza, superficie, dislivello e durata; che sia in grado di accontentare quella voglia irrefrenabile di scoprire posti nuovi, anche in un territorio potenzialmente già esplorato. Del resto, non è questo il desiderio che accomuna la maggior parte di noi? Voglio un anello da risolvere in qualche ora, che mi appaghi fisicamente e mentalmente; che metta in risalto l’esperienza, non la performance. Apro Komoot, fisso il punto di partenza e in un batter d’occhio mi gioco tutti gli Highlight del Tour Planner. «Ce l’ho. Ti condivido la traccia. È un vero superclassico, ti piacerà».

Il luogo prescelto si chiama Cansiglio, un altopiano delle Prealpi Carniche posto a cavallo tra le provincie di Belluno, Treviso e Pordenone; una sorta di piattaforma concava che sovrasta la pianura veneta. A nord è delimitato dalla regione dell’Alpago, su cui si staglia il gruppo montuoso del Col Nudo-Cavallo, mentre ad ovest, oltre il Millifret ed il Pizzoc, precipita sul ripido versante della Val Lapisina. A fare da corona a questa caratteristica forma a catino l’omonima foresta, una delle risorse ambientali più importanti dell’intera regione Veneto. Un polmone naturale costituito da 7.000 ettari di boschi, sito di interesse comunitario che gode di uno speciale regime protezionistico. La Foresta del Cansiglio, per noi che abitiamo qui, è un santuario spirituale in cui immergersi per evadere dalla quotidianità del mondo esterno. Un luogo in cui le nostre anime si fondono con una delle massime espressioni della natura. 

L’appuntamento, in una fredda mattina di novembre, è presso l’Ex Rifugio San Osvaldo, emblema della lotta ambientalista su queste terre, simbolo di quel processo di privatizzazione, voluto dal governo regionale, che significherebbe la rottura di una integrità fin qui conservata. Una leggera brina ricopre la prateria di Pian Cansiglio. In questa conca, più che in altri luoghi, l’aria fredda che scende dai versanti interni ristagna dando origine ad una forte inversione termica. Ci sarà tempo e modo di scaldare le nostre ossa. Salviamo il percorso in modalità offline e lo sincronizziamo con i nostri dispositivi GPS per la navigazione. La traccia ci guida in direzione Nord, pochi chilometri e siamo già a Pian Osteria. Sede di un insediamento cimbro ricostruito dopo l’ultimo conflitto mondiale, ospita oggi il Museo Regionale dell’Uomo in Cansiglio che raccoglie documenti e testimonianze sul suo rapporto con queste terre, dalla Preistoria fino all’arrivo della comunità cimbra giunta alla fine del XVIII secolo dall’Altopiano di Asiago. Fortemente legati alla lavorazione del legno, i cimbri avevano sviluppato una fiorente attività artigianale di costruzione di scatole destinate a dare forma ai prodotti caseari. Pieghiamo a destra, in direzione Est, fino ai pascoli della Valmenera, una delle tre grandi depressioni che caratterizzano la zona. Qui, fino a 10.000 anni fa, giungeva una lingua dell’antico e vasto Ghiacciaio del Piave. Lasciamo alla nostra sinistra la grande lama, un ambiente umido che ospita piante palustri uniche nel loro genere e in cui sostano germani reali, alzavole, marzaiole e pavoncelle. Il percorso confina con la Riserva Naturale Pian di Landro-Baldassare, un’area di indubbia bellezza, dove non è raro imbattersi in rapaci come la poiana e il gheppio. Giusto il tempo di svincolarsi tra ginestri e depositi torbosi e alla congiunzione con la Candaglia è ora di salire a Pian Rosada, area particolarmente colpita dalla furia della tempesta Vaia del 2018. Le piante abbattute o compromesse dalle fortissime raffiche di vento ammontano a diverse migliaia di metri cubi di legname. L’Agenzia regionale, subito dopo la tempesta, ha avviato operazioni di rimboschimento introducendo una speciale novità, una sorta di laboratorio a cielo aperto: recinzioni sperimentali “a prova di cervo” per la protezione delle giovani piante. Sì perché tra i padroni segreti di questa vasta area demaniale, dove la caccia è bandita da tempo, c’è prima di tutto lui. Caprioli e cervi sono i mammiferi più facili da avvistare, soprattutto all’imbrunire. Un fenomeno in continua espansione, legato principalmente alla mancanza di predatori naturali. Nonostante, negli ultimi anni, si sia fatta sempre più importante la presenza del lupo.

In rapida successione, con uno dei primi strappi in salita, raggiungiamo il villaggio cimbro di Pian Canaie, fondato nell’anno 1894 da membri della famiglia Gandin. Da qui partiva il sentiero per la Palantina e il Monte Cavallo, meta, in quegli anni, di alpinisti di fama mondiale come Tuckett o Whitwell. Uscendo dal bosco siamo avvolti dai caldi raggi del sole. Felci e acetoselle, fin qui protette dalle fronde del sottobosco, lasciano ben presto spazio ai rilievi dell’Alpago, in un ventaglio che si apre dalla Sella di Fadalto e in cui spiccano i monti Dolada, Col Nudo e Teverone. È un primo assaggio di civiltà che si snoda tra piccoli nuclei abitativi, caratteristiche casere in pietra con tetto a gradoni e rari esempi di architettura nobile. Raggiungiamo Col Indes e Malga Pian Grant, ai piedi del Guslon, punto di ritrovo per le innumerevoli scialpinistiche su queste montagne. Siamo al giro di boa di un piccolo anello che tra Pian delle Mosche, Sgurloi e Tambre ci riporterà nella frazione di S. Anna, nel regno di Diego e dei suoi bovini da latte. Ma qui esiste anche una delle cose più curiose e singolari che si possano trovare: la Casa dei Libri, una casa-museo interamente scolpita nel legno dall’artista veneziano Livio De Marchi. Una scultura fiabesca che sembra uscita da un racconto dei fratelli Grimm, ricca di particolari e dettagli straordinari. Centinaia di libri scolpiti decorano le pareti esterne; il tetto è un enorme libro aperto mentre il camino è sostituito da una grande penna stilografica. A comporre la staccionata una lunga fila di matite colorate e un grande paio di occhiali come cancello. 

Salutiamo definitivamente l’Alpago percorrendo la stretta agro-silvo-pastorale che ci collegherà alla provinciale 422 fino a Campon, uno dei principali solchi vallivi dai quali si accede alla conca del Cansiglio. Un pugno di abitanti, due osterie e i resti di una piccola ferrovia costruita dalle truppe austriache durante la Prima Guerra Mondiale. Campon era luogo di incontro dei cimbri diretti alla Madonna del Runal, che qui sostavano a consumare il tipico piatto di trippe nel giorno di festa. Per noi è il punto di svolta sulla tanto attesa Strada del Taffarel, l’affascinante pista forestale che ci accompagnerà fino alla rotabile del Monte Pizzoc. È ora di spingere sulle gambe e salire questi 6 km del Col Mazzuc, superare la deviazione per Malga Mezzomiglio ed entrare nella Riserva Naturale di Pian Parrocchia – Campo di Mezzo. È qui che, grazie agli Highlight di komoot, i consigli lasciati da altri membri della community, scopriremo la “Casetta dello Scozzese”, una piccola baita di taglialegna che per qualche anno è stata mantenuta in ordine da un ragazzo delle Highlands affezionato a questi luoghi. 

Pian Osteria
Casetta dello Scozzese

Siamo nuovamente nel cuore della Foresta del Cansiglio, l’antica Foresta dei Dogi, fortemente caratterizzata da una faggeta dai fusti colonnari, che varia in splendidi colori con il mutare delle stagioni. Abbassandosi di quota il faggio si associa all’abete bianco e all’abete rosso, formando un bosco misto che alla fine dell’inverno viene pervaso dall’intenso profumo del fior di stecco. Ma siamo in pieno autunno, e pedaliamo su un tappeto di foglie che crepita e si solleva al nostro passaggio. 14 km di un magnifico segmento che serpeggia tra dossi e valloncelli. Nel 1548 la Repubblica di Venezia stabilì qui il Gran Bosco de Reme, i cui alberi ad alto fusto furono riservati per la produzione dei remi che muovevamo le grandiose galere veneziane, enormi imbarcazioni temute dalle flotte dell’intero Mediterraneo. L’attacco del sentiero che si infossa nel vallone di Vallorch segna l’ennesimo check point; ancora poco e intercetteremo la strada asfaltata che ci porterà in direzione La Crosetta, punto di riferimento geografico che nei weekend addensa frotte di ciclisti. Alla vista delle prime auto storciamo il naso, ma sarà solo una breve parentesi. Per chiudere in bellezza manca ancora l’ultima perla: è la Strada della Candaglia, una forestale su fondo misto e regolare che si articola sul versante orientale. Il sottobosco qui è in stretta relazione alla quantità di luce che filtra attraverso la chioma degli alberi. È un bosco maturo, caratterizzato da tagli selvicolturali che ne favoriscono la naturale rinnovazione. Intercettiamo il Sentiero degli Slipari, superiamo l’ingresso al Bus de La Lum e dopo 60 km siamo nuovamente al punto di partenza. 

È l’ora di pranzo e la Piana, nel frattempo, si è popolata di turisti mordi e fuggi. È l’altra faccia di un territorio vulnerabile dove il legame con la comunità umana si affievolisce o si rinsalda a seconda di logiche, obiettivi, politiche. Oggi, per qualche ora, abbiamo abbandonato la comodità, siamo fuggiti dalle strade ampie e affollate, ci siamo affidati ad una traccia che ci ha fatto scoprire nuovi tesori, siamo diventati parte di una grande bellezza. Non ci resta che fare questo, condividere la nostra piccola avventura con la comunità di komoot, dando valore a terre spesso sconosciute o dimenticate. Perché i luoghi, ogni luogo, parla di noi, è il nostro specchio; conoscerlo e averne cura significa occuparci di noi stessi, della nostra stessa vita. Sono certo che chi andrà alla ricerca di questi ambienti, sulle proprie gambe, sarà intrinsecamente interessato a preservarli. Difendere il Cansiglio come bene comune non significa necessariamente metterlo sotto una campana di vetro. La vera tutela devono essere le persone come noi, che frequentano con responsabilità la natura che ci circonda e che salvaguardano un capitale culturale, sociale e ambientale.

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