Hervé Barmasse

Hervé Barmasse: l’alpinista migliore? Chi rispetta la montagna

By: Marta Manzoni

Photos by: Marco Spataro

Ci troviamo nel massiccio del Monte Rosa: da qui vediamo il Breithorn Occidentale, il Breithorn Centrale, e il Breithorn Orientale. Poi, là in fondo, notate che la roccia viene tagliata di netto: quella è La Roccia Nera, una montagna situata nelle Alpi Pennine, ed è un altro quattromila. Poi abbiamo il Polluce (4092 m), quella piramide piccolina più bassa, mentre quelle due montagne a sinistra, sono i Lyskamm, Occidentale e Orientale, alte sempre quattromila metri. Quello che vedete più grande a destra è il Castore (4228 m). Si vede anche Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa: è quel triangolino che sembra una pietra, dice il nostro accompagnatore d’eccezione, Hervé Barmasse.

Legati in cordata con lui, siamo saliti sulla cima del Breithorn, e abbiamo vissuto due giorni immersi in montagne incredibili.

In cordata con Herve Barmasse

Alpinista professionista, scrittore e regista, Hervé Barmasse è atleta Montura, marchio nato a Rovereto, diventato un riferimento per i prodotti tecnici da montagna, noto anche nel mondo delle guide alpine e degli operatori del soccorso alpino, così come in quello bike e vela. Guida alpina del Cervino da quattro generazioni, il nome di Hervé Barmasse è legato a importanti ascensioni, in Italia e nel mondo.

A differenza di quest’anno, dove le condizioni sono piuttosto buone, grazie a una primavera durante la quale ha nevicato in alta quota, l’anno scorso dovete immaginare che nell’ultima parte del Breithorn c’erano piccoli ruscelli d’acqua, a causa del caldo che faceva. Quello che ora vedete bianco, era tutto nero. Non avevo mai visto il ghiacciaio così, in tutta la vita. Era davvero impressionante, come dimostrano anche i dati degli scienziati. Noi guide diciamo sempre che, vivendo la montagna quotidianamente, siamo come un termometro dell’emergenza climatica – visto che osserviamo cambiamenti che non ci sono mai stati in precedenza, continua l’alpinista valdostano.

Herve Barmasse Montura

Ci leghiamo per iniziare la salita. Mentre camminiamo abbiamo l’opportunità di conoscere il Cervino raccontato da chi ne conosce ogni segreto. Hervé ricorda la via aperta sulla celebre montagna in cordata con il padre Marco, “Couloir Barmasse”, come è stato chiamato, non da lui, ma da altri, in considerazione della composizione della cordata. La medesima via è stata anche protagonista del film “Linea Continua”, prima esperienza come regista dell’alpinista. L’amore per questa montagna Barmasse l’ha anche raccontato nel libro Cervino, la montagna leggendaria”, edito da Rizzoli.

Lo scorso anno abbiamo rischiato la siccità nella Pianura Padana. Pensare al futuro significa accorgersi che là dove a Breuil Cervinia, quando ero ragazzino, a novembre c’era un metro e mezzo di neve, ora bisogna sparare quella artificiale. L’idea è diversificare il turismo, proprio come quando è nato, visto che esisteva anche prima del boom dello sci. Oggi le persone vogliono anche altro, la sensibilità verso l’ambiente sta aumentando, e occorre sviluppare un turismo sostenibile – racconta Barmasse mentre facciamo una pausa per metterci i ramponi. Incontriamo molti turisti lungo la traccia, vestiti di tutto punto con i marchi outdoor più alla moda, accompagnati dalle guide. Vicino all’impianto Alpine Crossing, alcuni stranieri erano in scarpe da ginnastica. A tratti sembra quasi di essere in un parco divertimenti, più che in montagna.

Ricordo che vent’anni fa, fino a quasi fine luglio, ci allenavamo ancora sul versante italiano, con la neve dell’inverno, e si scendeva fino a Plan Maison, con gli sci. Lo scorso anno, per la prima volta nella storia, hanno dovuto chiudere gli impianti di sci, visto che non gelava più, e bisogna considerare che questo è il ghiacciaio più alto delle Alpi, figuriamoci come erano messi gli altri. Una volta, quando lo zero termico si registrava sopra i tremilacinquecento metri, dicevamo che faceva caldo, mentre oggi si registra sulle Alpi sopra i cinquemila metri. Fino alla scorsa settimana qui sciavano a torso nudo, grondanti di sudore.

Ascoltiamo Hervé e proseguiamo, con il Piccolo Cervino che ci accompagna durante la salita.

In cordata con Herve Barmasse

La pendenza diventa più ripida e la fatica aumenta. È una bella sensazione, quella di non poter controllare tutto, rinunciare a un’idea di perfezione, stare fuori dalle regole del mondo imposte dalla società.

Sarebbe bello che ci fossero più aree protette e parchi naturali. Quando vado nelle zone degli Appennini, mi sembra che prendano come riferimento per il turismo le Alpi, mentre credo potrebbero rappresentare un modello alternativo per il futuro, diverso da quello delle Alpi, caratterizzato da tante infrastrutture e alla portata di tutti, per chi vuole un certo tipo di outdoor. Alcuni se ne stanno accorgendo: in inverno gli Appennini sono pieni di stranieri che fanno scialpinismo – Barmasse offre il suo punto di vista, pienamente condivisibile. Una prospettiva che tiene conto dell’allarme lanciato dal pianeta. Qualcuno chiede quanto dislivello abbiamo fatto: il suo device non funziona. Nella nostra società, la performance è diventata una ossessione.

Non è detto che tutta questa tecnologia possa essere utile al momento del bisogno. Credo che affidarsi unicamente al telefono, alle app, non sia una buona idea. È successo diverse volte che quando bisognava chiamare il soccorso, il telefono non prendesse. In montagna, in alcuni punti, infatti, ci sono dei buchi di copertura satellitare. La tecnologia ci aiuta a realizzare cose che prima non riuscivamo a fare, ma saper usare una bussola può ancora essere utile: ci sono delle capacità che una persona dovrebbe sempre avere presente. Ci fidiamo delle previsioni del tempo, ma sono solo un pronostico e in montagna possono cambiare in maniera repentina – spiega Hervé Barmasse mentre raggiungiamo la vetta.

Hervé Barmasse

Mi riempio gli occhi di questo skyline. Il vento mi fa sentire viva. Iniziamo la discesa. Con i suoi discorsi, Hervé incoraggia le persone a pensare in maniera critica e a fare scelte consapevoli. Pochi alpinisti parlano dell’enorme quantità di spazzatura che si trova su tutti gli ottomila, da dove partono le vie normali, dove si verifica l’alpinismo di massa – afferma l’alpinista valdostano. Su internet, in effetti, si trovano immagini sconcertanti del K2, che ben rappresentano l’entità del problema dell’accumulo di rifiuti. La camminata che – dopo il pranzo – ci porta al rifugio Duca degli Abruzzi all’Oriondé è un nuovo momento per riflettere.

Sono un privilegiato: posso provare a realizzare i miei sogni, cosa che non a tutti è concessa. La fortuna è una sorta di tabù nel mondo dell’alpinismo: è una componente di questa attività, ma nessuno ne parla. In Pakistan, a Shimshall, ho rischiato di morire, quando parte della montagna sulla quale mi trovavo mi è crollata addosso – ricorda Barmasse. Al rifugio, che si trova su un pianoro detto Riondé, troviamo una calda accoglienza. Dopo cena, Hervé ci mostra alcuni filmati delle sue esperienze: avventure che gli hanno dato l’occasione di crescere, non come alpinista, ma dal punto di vista di alcune questioni note, alle quali non si attribuisce un significato, ma che in realtà sono importanti nella vita.

Hervé Barmasse

A sedici anni, la mia idea era quella di diventare un campione dello sci: volevo vincere le Olimpiadi ed essere il nuovo Alberto Tomba. La vita però può essere severa, e così, a centoventi all’ora, mi sono schiantato contro un palo di ferro, che ha avuto la meglio. La conseguenza è stata un trauma cranico, e tante operazioni, soprattutto alle ginocchia. Non avevo più la possibilità di sciare, e in quel momento mi sono trovato davanti a un bivio: dovevo decidere cosa fare della mia vita, che a volte ti sbatte la porta in faccia, ma ti presenta anche nuove occasioni. Mio padre, che in precedenza non aveva voluto che diventassi un alpinista, mi ha guardato negli occhi e mi ha detto di rimettermi dall’incidente, perché voleva portarmi a scalare la montagna più bella del mondo. Il Cervino rappresenta l’idea della montagna perfetta: è l’unica che viene utilizzata per descrivere altre montagne del mondo. Per esempio, si dice che il Fitz Roy sia il Cervino della Patagonia. Hervé cattura la nostra attenzione con i suoi racconti, mentre fuori le stelle illuminano la notte.

In cordata con Herve Barmasse

Andare sul Cervino, ha cambiato la mia vita. Sono diventato prima Guida Alpina e, in seguito, l’alpinismo è diventata la mia vita, permettendomi di girare il mondo, confrontarmi con culture diverse, e dunque crescere come persona.

L’indomani mattina, all’alba, incontriamo fuori dal rifugio Nani Gomez, e con lei ci uniamo in silenzio nella pratica dello yoga. Meditiamo, rimaniamo nella quiete, ci accorgiamo di quel che c’è già, accogliamo la bellezza pura delle montagne, e lasciamo spazio nel cuore alle emozioni di questi giorni.

In cordata con Herve Barmasse