Dalla vita sulle montagne degli Stati Uniti, alla sua attuale casa nelle Alpi francesi, in meno di un decennio Hillary Gerardi è diventata una delle Skyrunner più quotate al mondo. Dall’inizio la sua carriera agonistica quasi per caso a stabilire dei nuovi record, abbiamo parlato con Hillary delle sue gare più memorabili, del suo allenamento e della sua attrezzatura da corsa preferita, nonché della sua preparazione durante una pandemia.
Come e quando hai iniziato a correre? Ti sei appassionata subito alla corsa in montagna?
Per la maggior parte della mia vita sono stata più una montanara che un runner. Ho iniziato a correre seriamente nel 2012, ma prima di allora lavoravo in alcuni rifugi negli Stati Uniti passando molto tempo all’aperto e pensando di odiare la corsa. Correre mi sembrava estremamente noioso. Solo più tardi ho iniziato a capire che si possono fare molte cose belle come il viaggiare per lunghe distanze in brevi periodi di tempo. La corsa che amo tutt’ora è quella ripida e tecnica che non è poi così diversa dal trekking, ma si pratica più velocemente e per molto tempo. Quando ho iniziato a dedicarmi seriamente alla corsa, nel 2012, ma penso che sia stato solo nel 2016 che ho fatto le mie prime sky race. Sono andata per la prima volta a Limone per caso e mi sono completamente innamorata di quel tipo di corsa e dell’ambiente intorno ad una gara del genere. Per me tutt’ora correre e gareggiare sono puro divertimento.
Quando ti prepari per una gara o un record cosa fai? Hai una routine che segui?
Prima di una gara ovviamente mi alleno. Seguo un piano preciso su cui lavoro con il mio allenatore e cerco di sviluppare quelle competenze specifiche che potrebbero essermi utili. A seconda della gara, il tipo di allenamento che faccio potrebbe essere totalmente diverso. Non mi piace troppo la routine, non faccio sempre la stessa cosa prima di una gara e non mangio mai lo stesso cibo. Alcuni atleti sono molto severi nel fare sempre le stesse cose prima di una gara e personalmente non voglio fare lo stesso perché quando si viaggia per le competizioni non si possono avere o fare sempre le stesse cose e se si dipende da questo si può perdere la testa per un dettaglio. Penso che essere flessibili sia davvero importante a questi livelli.
Hai fatto molte gare e hai una carriera meravigliosa, raccontaci una gara che ti è rimasta nel cuore e perché!
È davvero difficile scegliere uno o due eventi che si distinguono nella mia carriera, perché ho avuto la fortuna di fare tante belle esperienze. Credo che una di queste sia il Trofeo Kima, una gara che ho sognato a lungo di fare. Non è una gara facile da affrontare, solo un numero limitato di persone può partecipare e c’è ogni due anni. Così nel 2018, quando ho sono riuscita a partecipare è stato davvero un sogno che si è avverato e ho finito per ottenere prestazioni migliori di quanto pensassi.
Come ti trovi con le scarpe SCARPA? Il tuo modello preferito?
Ovviamente, adoro le scarpe SCARPA. Circa cinque anni fa, quando cercavo di decidere un marchio che si adattasse alle mie esigenze, SCARPA era una scelta ovvia per me. Essendo una persona che ha sempre trascorso molto tempo in montagna, ho conosciuto SCARPA in quel contesto e sapevo che come brand lavoravano molto bene. Non avevo dubbi sulle buone prestazioni, sulla comodità o se sarebbe stata una buona scarpa per il tipo di attività che volevo fare. Il mio modello preferito sono la Spin. Personalmente le adoro, ci sono un sacco di interazioni diverse nella Spin con la Spin Ultra o la Spin RS, o la nuova Spin Infinity. Sono tutte scarpe fantastiche e presto ci sarà anche la nuova Spin 2.0. Mi piace la sua leggerezza, ha un ottimo grip, è una scarpa piuttosto dinamica, con un drop basso e personalmente mi piace essere in grado di sentire il terreno, soprattutto quando si corre veloci o si è su terreni tecnici. È bello avere una scarpa leggera con cui ci si può sentire veramente sicuri e precisi nel posizionamento del piede.
Nel Trail running e nello Sky running ci molti uomini che partecipano alle gare, ma meno donne, a cosa pensi sia dovuta questa sproporzione? Cosa si potrebbe fare per portare più donne in questo sport?
A prima vista nel trail running non ci sono barriere per le donne. Hai solo bisogno di un paio di scarpe per correre. Dovrebbe essere facile per chiunque, ma tuttavia non c’è ancora una vera e propria parità di genere. Ci sono molti più uomini che donne in questo sport e penso che ci siano molte ragioni, spesso legate alla dominazione storica e culturale. Molte donne non sentono lo sport come un ambiente accogliente ed altre, a seconda di dove vivono, potrebbero non sentirsi sicure a correre da sole. Un altro aspetto che disincentiva le donne a correre è la minor scelta di attrezzatura adatta alle esigenze femminile. Un altro problema sta nelle barriere istituzionali: premi disuguali tra uomini e donne, disparità di retribuzione da parte degli sponsor o cessazioni di contratto quando le donne rimangono incinte. Infine tutt’oggi ci sono ancora gare che non permettono alle donne di partecipare. Tutto questo crea un ostacolo enorme per le donne nello sport. Nessuno parla di quello che succede e penso che questi argomenti non dovrebbero essere un tabù. Anche le gare dovrebbero essere meglio adattate alle esigenze delle donne, per esempio, specialmente per un’ultrarace, è necessario avere più bagni e anche prodotti mestruali nelle aid stations. Dovrebbero essere disponibili in modo che le donne con le mestruazioni possano continuare a correre. Se vogliamo raggiungere la parità di genere nello sport abbiamo bisogno di lavorare su tutti questi diversi aspetti. Possiamo costruire una comunità e incoraggiarci a vicenda ed organizzare più eventi per le donne, ma abbiamo bisogno che anche le gare, gli allenatori e i brand ci aiutino ad abbattere tutte le barriere già presenti.
“Un altro problema sta nelle barriere istituzionali: premi disuguali tra uomini e donne, disparità di retribuzione da parte degli sponsor o cessazioni di contratto quando le donne rimangono incinte. Infine tutt’oggi ci sono ancora gare che non permettono alle donne di partecipare. Tutto questo crea un ostacolo enorme per le donne nello sport. Nessuno parla di quello che succede e penso che questi argomenti non dovrebbero essere un tabù.”
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