Image Alt

Home to Home

Text by Alice Russolo

Photo by Nick Pescetto & Alice Russolo

3 dicembre. Sauze D’Oulx. Ha già nevicato tanto. Un inizio stagione con i fiocchi. Letteralmente. Tanti fiocchi di neve. La voglia di mettere gli sci ai piedi è tanta. Alcuni di noi si sono già tolti degli sfizi. Ma si sa, all’inizio di ogni cambiamento, piace sognare.

Per noi si tratta del cambio di stagione. L’autunno ha già deciso di lasciare spazio all’inverno e noi tutti pianifichiamo come sfruttarlo al meglio.

 

Sisa volerà in Giappone, Nick vuole andare alle Lofoten, Ale spera che le sue giornate libere dal lavoro che lo obbliga a Torino coincidano con grandi nevicate. Jonny, ligure, scia 5 giorni all’anno e dice che il suo inizio stagione con neve fresca oltre le ginocchia è già stato meglio di ogni possibile aspettativa. Marco ed io vorremmo incastrare Giappone Lofoten, Etna, Corum Olimpique tour della Meje e chi più ne ha più ne metta in un unico inverno.

 

È bello sognare ad occhi aperti.

 

Ma gli occhi apriamoli veramente. Siamo noi 6. Gli impianti sono chiusi, ha nevicato per quasi una settimana di fila e non c’è anima viva in giro. Abbiamo la Via Lattea per noi ed in questo momento non ci sono Giappone o Lofoten che tengano.

Decidiamo di fare “la Traversata”: Sestriere – Sauze D’Oulx. Metà di noi sono locals, fauna locale dell’alta Val Susa. Metà “stranieri”. Nessuno però ha mai fatto questo giro e l’idea di avventurarci in qualcosa di nuovo e diverso, dietro la porta di casa, ci gasa un casino.

 

Partiamo da Sestriere, la prima meta è il Pitre de l’Aigle 2529m. 530m di dislivello per scaldare le gambe prima della discesa verso Pragelato. Le nevicate dei giorni precedenti hanno reso più affascinante il panorama intorno a noi. I larici sono ancora rossastri e con il bianco creano un contrasto di colori affascinante. Sono caduti quasi due metri di neve in poco tempo, è farinosa, invitante tanto quanto potenzialmente instabile.

 

La gita scelta è perfetta per le condizioni attuali poiché i pendii più ripidi si trovano nel bosco. E sia chiaro, non è un ripiego. Chi non ha mai sciato in questo sottobosco non sa cosa cosa si perde. I larici hanno rami alti ed il tronco pulito. Adatto per tirare dei drittoni, come piace ad Ale, per farci slalom, quello che ama la Sisa nazionale, o per cercare una linea di pillow per far sbizzarrire il freestyler che è in Marco.

 

Dopo il bosco ed un attraversamento di un ruscello comincia la seconda salita, verso il Col Bourget, 2404m. Saliamo in pendii aperti, il cielo si è leggermene velato, l’umore è alto, le gambe girano bene, fresche da inizio stagione, la compagnia è ottima.

Mi piace pensare a come ci siamo trovati, alcuni si sono in realtà ritrovati, altri si sono conosciuti ieri. Mi piacciono le coincidenze e le opportunità ed anche il saperle cogliere. Nick voleva fare del freeride con Marco, Jonny era con Nick. Ale ospita Nick e Jonny. Sisa è amica di Marco ed Ale e hai dei ricordi di sci club con Nick.

 

A me è saltato un lavoro nel momento perfetto.

 

Raggiungo Marco, scio con Sisa, finalmente conosco di persona Nick. Estranei fino a ieri ma amici da subito. La forza della condivisione. Soprattutto quelle di esperienze che lasciano il segno. Non devono essere estreme, non devono essere a 2000 km da casa. Basta che siano vere.

 

Arrivati al Col Bourget le opzioni sono due. C’è un po’ di vento. Quindi o scendiamo subito, facendo però una discesa più breve, o proseguiamo un’altra mezz’ora in cresta verso Punta Triplex, 2507m, godendo poi così di una discesa più lunga. Inutile esplicitare cosa abbiamo scelto all’unanimità.

 

Pellando lungo la cresta le nuvole se ne vanno ed inizia a profilarsi un tramonto da paura. Il Fraiteve in controluce davanti a noi, la Rognosa alla nostra sinistra ed una miriade di montagne che ci circondano. Spunta il Monviso laggiù in fondo. Ci sono solo le montagne, il tramonto e noi.

Foto di rito alla fine della seconda salita, qualche curva sotto punta Triplex e via verso il bosco del Barrakan. Gli ultimi raggi dei tramonto illuminano il sottobosco. Atmosfera fiabesca, ed anche la neve è da favola. Altri 1000 metri di discesa.

 

Marco è di Sauze. Ale e Sisa di Cesana. Si può dire che queste sono le loro zone. Vedere l’entusiasmo nei loro occhi, sentirli commentare ed apprezzare questa esperienza genera tanta soddisfazione quanto quella che ci ha regalato il giro che abbiamo fatto.

 

La chiave sta nello stimolare la curiosità a voler scoprire qualcosa di nuovo, proprio in quei posti che abbiamo visto talmente tanto da dare quasi per scontati: diamo per assodata la loro bellezza senza però spesso viverli fino in fondo.

 

Guardare lontano ma anche rendersi conto di ciò che si ha vicino. La chiave sta nel cercare di vivere di esperienze e non di cose, da condividere con chi ha fame degli stessi ingredienti.

 

Le gambe sono stanche, gli occhi e il cuore sono felici. Sisa la stessa sera prima di addormentarmi mi scrive.

 

“C’è una cosa che mi sono sempre ripetuta crescendo. Nella mia testa ogni volta che stavo per fare qualcosa spuntava tra un pensiero e l’altro una faccina paragonabile ad una emoji odierna che mi ripeteva: non c’è bisogno di essere estremi, basta essere consistenti.

Diventando grande ho capito che ció di cui ho bisogno sono tutte quelle piccole cose che prima di chiudere gli occhi mi ricordano quanto sia fortunata. Ma non fortunata con la solita retorica, fortunata nel senso di grata di essere nata nella parte del mondo dove la genuinità di un giro in montagna ti fa scendere una lacrima”

Share this Feature