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Il Freeride come forma d’arte: intervista a Sybille Blanjean

Sybille Blanjean, manco a dirlo, inizia a sciare da piccolissima, nel Vallese, la sua casa, che presto diventa anche il playground preferito per discese di freeride da urlo. Disegnando linea su linea, nel 2022 riesce al primo colpo, a vincere “The Xtreme”, la gara di freeride più leggendaria del mondo.

Sybille raccontaci chi sei, parole tabù sci e neve

Sono una persona positiva e piena di energia. Sono anche una perfezionista: mi piace fare bene le cose, e quando so che non riuscirei nel mio intento, preferisco astenermi del tutto. 

 Come è iniziata e come si è sviluppata la tua carriera nel Freeride World Tour?

All’inizio ho fatto sci alpino, ma poi a dodici anni, quando ho dovuto scegliere se unirmi o meno al team regionale, ho deciso che preferivo essere più libera e divertirmi insieme agli amici. Così ho iniziato a fare freeride, ma a quel tempo era solo per godermi lo sci. Solo dopo ho iniziato a fare gare, quando avevo quattordici anni. Presto ho iniziato a ottenere buoni risultati, ed ero felice: il freeride mi dava davvero delle belle soddisfazioni! Così ho continuato, e a diciotto anni ho iniziato a partecipare alle qualificazioni per competere nel Freeride World Tour. Così è iniziato tutto, in maniera molto naturale, semplicemente divertendomi, e ottenendo buoni risultati. Essendo cresciuta a Verbier, è sempre stato un sogno partecipare al Freeride World Tour: proprio qui, infatti, si tiene “The Xtreme”, la gara di freeride più leggendaria del mondo. Per il primo anno nel Freeride World Tour mi sono divertita con spensieratezza, ma ho davvero realizzato di competere nel circuito solo quando mi sono trovata a partecipare al “The Xtreme”: nel 2022, ho vinto la competizione, al mio primo tentativo. Il sogno era diventato realtà! È stato un traguardo inaspettato: è chiaro che mi sarebbe piaciuto raggiungerlo, ma non credevo proprio di farcela al primo colpo! In generale è bello prendere parte al circuito, mi trovo a mio agio con gli altri atleti, c’è un bel clima, e ci divertiamo a viaggiare insieme per il mondo conoscendo nuovi posti e persone. 

Ci racconti il tuo ultimo progetto nelle regioni alpine più elevate del Vallese?

Era un progetto che avevo in mente da tanto tempo: avevo il desiderio di esplorare la parte più alpinistica legata allo sci, che mi era sconosciuta, avendo sempre sciato vicino alle piste e alle stazioni sciistiche. Inoltre, volevo conoscere meglio le cime della mia zona: nel Vallese abbiamo delle montagne davvero stupende, inaccessibili con gli impianti di risalita, e desideravo sciarle imparando a fare un po’ di alpinismo. Ho deciso di affidarmi a delle Guide Alpine, delle professioniste della montagna che mi accompagnassero in queste avventure, e volevo fossero delle donne: nel Vallese ci sono poche Guide Alpine donne, delle quali si parla raramente, e mi sembrava opportuno dare loro più visibilità. Inoltre, abbiamo in comune la stessa passione anche se la viviamo in maniera diversa e volevo condividere con loro questa esperienza. Le Guide Alpine avevano il compito di organizzare le salite, scegliendo montagne che avessero un significato particolare per loro. Ho salito Le Catogne, una montagna delle Alpi del Monte Bianco con la Guida Alpina Caroline George, mentre il Grisighorn, una delle montagne più iconiche del Vallese e il Polluce, un monte del massiccio del Rosa nelle Alpi Pennine sul confine tra la Valle d’Aosta ed il Vallese, entrambe con la Guida Alpina Ramona Volken. Abbiamo salito queste cime con picca e ramponi e in discesa abbiamo sciato. Ho imparato molto da queste esperienze: intanto come usare i ramponi! La lezione più importante che ho ricevuto è stata che le montagne sono più forti di noi. Più volte durante le ascese abbiamo incontrato condizioni sfavorevoli – spesso faceva troppo caldo a causa del riscaldamento climatico – e siamo dovute tornare indietro. Ho capito l’importanza di saper avere pazienza e della rinuncia, quando la sicurezza lo richiede. Alla fine della giornata, la cosa più importante è sempre tornare a casa sani e salvi. Anche se molte volte non siamo riuscite a raggiungere la vetta, abbiamo comunque trascorso dei momenti incredibili insieme condividendo la stessa forte passione. Quello che conta non è sciare linee stilose o quanto sali in alto: l’importante è stare con belle persone, divertendosi. Queste esperienze hanno portato alla creazione di un film che racconta della scoperta delle vette più alte dell’area nella quale sono cresciuta e della condivisione di passioni e idee. Rifletto anche sul fatto di come io mi senta profondamente a mio agio in montagna e sull’esperienza della paura durante le avventure in alta quota.

Cosa rappresenta per te il Vallese, la tua terra d’origine, e cosa significa invece uscire dalla propria comfort zone, e scoprire ciò che non ci è familiare? 

È qualcosa che affascina e spaventa allo stesso momento. Quando sei lassù, realizzi quanto sei in alto e quante altre montagne incredibili ci sono da sciare: questa sensazione mi ispira e mi fa venire voglia di scoprirle tutte!

Ci sono ancora molti pregiudizi sulle donne che vanno in montagna da sole. Qual è il ruolo delle donne in montagna e quanto è importante divertirsi solo tra donne? 

Possiamo fare esattamente le stesse cose degli uomini: è sbagliato pensare che una cima sia troppo alta o difficile per essere salita. Dovremmo imparare a tenere meno in considerazione il giudizio delle persone, uomini o donne che siano. Ci si può divertire anche con gli uomini, ci mancherebbe, ma essere in montagna solo con donne è qualcosa di diverso: si hanno più cose in comune e personalmente, spesso è solo con altre donne che mi sento davvero protetta e al sicuro, so che non devo dimostrare nulla e non sarò giudicata se dico che ho paura. Questo rende tutto più facile e mi fa sentire a mio agio. È anche bello divertirsi e motivarsi a vicenda!

Hai mai paura prima di una discesa, magari quando il pendio è particolarmente ripido? Come affronti la paura?

Spesso sono molto spaventata prima di una discesa, ma cerco di analizzare questo sentimento e capire se è dettato da un pericolo reale oppure solo da apprensione o stress. Ora ho anche più esperienza, quindi riesco a interpretare meglio le montagne, capire quali sono le effettive condizioni, sapere se esiste davvero un rischio e quindi prendere decisioni più sagge. 

Chi te lo fa fare di prendere tutti questi rischi? 

Le emozioni intense che sento quando scendo una linea, e alla fine so che l’ho sciata contando solo sulle mie gambe: un’adrenalina che non provo in nessun altro modo. Il freeride, alla fine, come una droga. 

Sei una pazza o una eroina? 

No, non sono un’eroina, sono solo una persona che ama fare quello che le piace. Forse per alcune persone sono un po’ pazza, ma è una pazzia sempre calcolata: presto molta attenzione alla sicurezza, è importante divertirsi, ma lo è ancora di più non farsi male. 

Alla fine la neve non è altro che acqua a uno stato diverso, e tu sei amante anche degli sport d’acqua. Cosa accomuna questi sport, e quali emozioni diverse ti trasmettono questi due elementi della natura?

Entrambi sono sport che ti fanno ‘scivolare’ sopra elementi naturali, permettendoti di vivere delle sensazioni molto speciali. È anche bello stare al freddo, e poi godersi il tepore di climi più temperati.

Come nasce l’ispirazione per disegnare la tua linea sulla neve?

Quando guardo una montagna, per prima cosa cerco di trovare una linea che credo sarà divertente sciare e in secondo luogo penso all’aspetto estetico, che ritengo molto importante: una linea dev’essere bella e fluida da vedere anche per le persone che osservano dal basso, che in questo modo riescono anche a capire quanto mi sto divertendo!

Quanto è importante l’estetica nel freeride?

Credo sia una delle cose più importanti: penso che il freeride sia una forma d’arte.

Quale è la linea che sogni di sciare? Dove si trova?

Qualsiasi linea sciata in Alaska sarebbe la realizzazione di un sogno!

Cosa fai quando non pratichi sport?

Studio fisioterapia, che amo molto, si sposa bene con lo sport e la mia passione: mi piace prendermi cura degli altri, inoltre mi aiuta a capire meglio il mio corpo durante gli allenamenti e quando non mi sento in forma.

Quali progetti bollono in pentola?

Questa stagione l’obbiettivo più importante è continuare a competere nel Freeride World Tour, non ho grandi progetti legati a film ma vorrei che questa attività continuasse a occupare una parte importante della mia vita.

Chi vorresti essere in una prossima ipotetica vita?

Non saprei, al momento faccio fatica persino a sapere cosa farò il prossimo anno! Mi piacerebbe diventare mamma, e condividere la mia passione per la neve con i miei bambini. Già questo sarebbe stupendo! Penso che si possa essere una grande sciatrice e una brava mamma. Sono ispirata da una super freerider, che è anche mamma: Jackie Paaso.