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Intervista a Sean Villanueva O’Driscoll – The Moonwalk Traverse

By Marta Manzoni
Photos Rolo Garibotti

C’è chi la chiama capolavoro. Chi, come Colin Haley, la definisce “la salita solitaria più impressionante mai realizzata in Patagonia”. Con The Moonwalk Traverse, Sean Villanueva O’Driscoll, considerato uno dei più forti alpinisti al mondo, si è superato. E ha messo a segno un’impresa che è destinata a entrare nella storia patagonica.

Sei di casa in Patagonia, com’è nata l’idea della The Moonwalk Traverse sul Fitz Roy?
Sono arrivato in Patagonia a gennaio del 2020, prima della pandemia, con Nicolas Favresse, il mio socio di molte avventure, e abbiamo aperto qualche nuova via. Poi a metà marzo Nico è dovuto rientrare in Europa. A quel punto il mio piano era di rimanere in Argentina fino alla fine di marzo, solo che poi è iniziato il lockdown e hanno cancellato tutti i voli. Ho contattato l’ambasciata per rientrare, ma nello stesso momento ho realizzato che ero in un posto stupendo, e così ho deciso di restare. Invece dei due mesi programmati, sono rimasto in Patagonia un anno e mezzo. Ho sempre avuto in mente questa traversata, la trovavo molto affascinante: così lunga e selvaggia, offriva un’opportunità unica per vivere un’avventura memorabile. Ammiravo lo skyline dal basso ed ero sicuro sarebbe stato epico, ma avevo sempre pensato di compierla con un compagno di cordata.

Hai vissuto per un anno e mezzo nel tuo furgone a El Chaltén: è durante questi giorni che ti è venuta l’idea di provare da solo? Ti ha ispirato qualcuno?
Durante l’inverno le ore di luce sono poche, quindi ho trascorso molto tempo da solo a leggere, suonare e riflettere nel van. Una di queste notti, ispirato dalla mia amica Silvia Vidal, fortissima alpinista spagnola che realizza sempre dei progetti incredibili e spesso passa anche oltre trenta giorni da sola su pareti immense senza contatti di alcun tipo e nessuna strumentazione elettronica, ho deciso che anche io volevo cimentarmi in un’avventura simile, completamente da solo. Per la prima volta non avevo un progetto imminente con Nico e mi sembrava un’opportunità unica, da cogliere al volo. E così mi è venuta in mente quella che ho battezzato The Moonwalk Traverse: mi sembrava un progetto sufficientemente lungo e impegnativo, ma pensavo fosse impossibile, soprattutto per le brevi finestre di bel tempo che ci sono nella zona. Poi però ho pensato che avere un sogno non mi avrebbe di certo fatto male, e così ho iniziato a fantasticare, a informarmi meglio e, piano piano, a credere che forse si poteva fare.

Hai impiegato sei giorni per la tua traversata (5-10 febbraio 2021), solo uno in più rispetto alla cordata Caldwell-Honnold, che per questa impresa si è guadagnata un Piolet d’Or. Ti aspettavi di metterci così poco?
Sapevo che la cordata Caldwell-Honnold aveva impiegato cinque giorni per compiere la traversata e quindi pensavo di aver bisogno di una finestra di bel tempo di almeno dieci giorni, di certo non meno di sei, anche perché salivo in libera, autoassicurato, e quindi sarei stato più lento. E così è iniziata la mia paziente attesa. Poi, il giorno del mio quarantesimo compleanno, è arrivata una finestra di sei giorni. Il sogno stava diventando realtà.

Come ti sei mosso?
Ho fatto la traversata nella direzione opposta rispetto a Tommy Caldwell e Alex Honnold, cioè da sud a nord, perché non era mai stato fatto, era qualcosa di nuovo. In Patagonia, infatti, sono le pareti nord che prendono il sole.

Quali difficoltà hai incontrato?
Il primo giorno, mentre stavo trasportando lo zaino, che all’inizio pesava davvero tanto, circa trenta chili, sono caduti dei sassi dall’alto e hanno danneggiato la corda, per fortuna non in maniera drastica. Pensavo fosse finita la spedizione, ma poi l’ho riparata con del nastro e ho proseguito. La corda ha resistito per tutti i sei giorni, e poi, proprio quando avevo finito la traversata, si è aperta sfilacciandosi del tutto: a quel punto non sarebbe davvero più stata utilizzabile.

Avevi con te il telefono o apparecchi elettronici?
No, assolutamente nulla. Avevo anche deciso di non dire a nessuno cosa volevo fare perché avrebbero pensato che ero matto. Solo la mattina della partenza l’ho raccontato a due persone, e durante la traversata ho incontrato altre tre cordate che mi hanno visto. Poi, non so come, quando sono tornato a El Chaltén tutti sapevano cosa avevo fatto e mi applaudivano, è stato un momento stupendo. Ho anche ricevuto mail di congratulazioni dai migliori alpinisti del mondo e da tanti giornalisti.

Com’è la popolazione locale? Ti sei sentito solo mentre vivevi in furgone?
Mi è piaciuto molto avere un po’ di tempo per stare solo ma ho anche incontrato tante persone straordinarie che sono diventati miei ottimi amici: la comunità di climber di El Chaltén è davvero ospitale, aperta e generosa, mi hanno accolto calorosamente da subito, accettandomi come parte di loro.

C’è chi in vetta piange, chi urla, chi ride. Tu su ogni cima suoni il flauto. Cosa intoni?
Mia madre è irlandese: sono molto legato a quella terra e alle sue tradizioni, in particolare quelle musicali, così su ogni cima suono qualche melodia di quel paese. Sono dei momenti importanti perché mi ricordano che scalo le montagne per divertirmi e per vivere momenti intensi e speciali.

Durante la traversata hai festeggiato i tuoi 40 anni, il momento di fare un bilancio. Sei felice? Hai rimpianti o rimorsi?
Nessun rimpianto né rimorso, sono felice, vivo una vita stupenda, da sogno. Sono grato per i miei amici e per tutto quello che ho.

The Moonwalk Traverse è l’esperienza più eccezionale che hai vissuto?
Non saprei, di sicuro è stato davvero speciale. Ero pieno di energie sia fisiche che mentali, dentro un mood davvero positivo, ho vissuto intensamente ogni momento lassù. Tutto è andato alla perfezione, e sono stato molto fortunato con il meteo.

C’è un alpinista italiano che stimi in particolare?
Di certo Walter Bonatti e la sua filosofia di vita, e poi Matteo della Bordella e i Ragni di Lecco, sono miei grandi amici e hanno un’energia molto positiva.

Prossimi progetti?
Sono in partenza con Nico per una spedizione di esplorazione in barca a vela in Groenlandia, se troveremo delle vie interessanti le scaleremo.

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