INTERVISTA: Stefano Ghisolfi, Excalibur 9b+

 UNA lama di roccia che taglia il cielo

INTERVISTA: Stefano Ghisolfi, Excalibur 9b+

 UNA lama di roccia che taglia il cielo

By Lisa Misconel

With: The North Face

In Italia si arrampica un po’ dappertutto: su granito, dolomia, anche sulla pietra lunare sarda. Si arrampica dalla Sicilia alla Valle D’Aosta, dal Trentino alla Sardegna alla Liguria. Boulder, vie classiche, vie sportive. Di vie gradate 9b+ però, non ce ne sono. Almeno fino al 3 febbraio 2023 quando, come narra l’omonima leggenda, un eroe è riuscito a vincere Excalibur, la via più difficile in Italia. Una via nata in un posto insospettabile, chiodata da due boulderisti rimasti ammaliati dall’estetica di quel masso strapiombante che taglia come una lama il cielo. Quella di Excalibur è una storia affascinante, che unisce alcuni fra i migliori climber al mondo in un unico rompicapo. Stefano Ghisolfi, atleta The North Face e La Sportiva appartenente al gruppo sportivo Fiamme Oro è colui che per primo ha sfiorato quella roccia e che assieme a diversi amici ne ha studiato ogni millimetro corteggiandola prima di riuscire finalmente a conquistarla. 

Sappiamo che sei stato il primo a liberare Excalibur e che per questo hai potuto gradarla come via più difficile in Italia. È nata e si trova però in un posto dove nessuno avrebbe mai pensato potesse trovarsi una via di questo genere.  Com’è iniziata, che storia è quella di Excalibur?

Di solito le vie si trovano in fasce di rocce, in falesie dove ci sono tante altre vie; questa invece è una via nata in maniera un po’ diversa: due ragazzi, Christian Rigatti e Morris Montanari, stavano cercando dei blocchi da inserire nella loro guida dei boulder del Trentino, quando si sono ritrovati in quest’area chiamata Drena, poco sopra Arco. Esplorando, si sono imbattuti in un masso più grande di un boulder ma non abbastanza da essere considerato una falesia, con una linea proprio nel centro e ne hanno subito capito la potenzialità. Era il 2020 ed i due boulderisti si sono messi a chiodare il masso, per Morris era addirittura la prima volta. Inizialmente credevano si trattasse di una via difficile ma fattibile, ma dopo averla provata per un po’, hanno capito che si trattava di una sfida ben più ardua. È a quel punto che mi hanno mandato una foto scrivendo: “Guarda, abbiamo trovato e chiodato questa linea sicuramente oltre le nostre possibilità, se vuoi vieni a provarla”. Così sono andato la prima volta a fine febbraio 2021.

E com’è andato il primo approccio?

Sono stato colpito fin da subito dallo strapiombo, quella linea che taglia a metà il cielo. Anche già solo dalla foto avevo capito che era una gemma in mezzo alla natura. Dovevo però capire se era possibile oppure no, e anche solo accennando qualche movimento mi è sembrata veramente estrema. Non ero sicuro fosse possibile: alcuni movimenti non mi riuscivano, e anche per questo inizialmente l’ho lasciata un po’ indietro per concentrarmi su altri progetti come “The Lonely Mountain” concluso a fine 2021. Una volta chiusa quella via ho ricominciato a pensare ad Excalibur: le vie dure in zona Arco non sono così facili da trovare ed i progetti stavano finendo. È così che nella primavera 2022 ho iniziato a fare qualche tentativo per rendere quel progetto possibile. Da subito sono riuscito a muovermi bene soprattutto nella parte alta, nella parte finale della via mentre quella iniziale non mi riusciva e quindi ho deciso, in accordo con Christian e Morris, di chiamare altre persone per venire a provare. Un gesto un po’ contro tendenza: di solito si tende a tenere i progetti per sè, in modo da poter essere i primi a liberarli e a provarli. Invece ho pensato che da solo forse non avrei potuto farcela, ma avrei dovuto esplorare diversi metodi e movimenti per poter trovare la soluzione a questo incredibile rompicapo.

È molto bello questo modo di vedere le cose, il fatto che tu abbia sempre detto di avercela fatta grazie alle persone attorno a questo progetto. Quindi sei stato tu ad aprire la sfida al mondo del climbing…

Sì, anche attraverso i social, ho voluto trasmettere questa volontà, di provarla insieme non dando importanza a chi ce l’avrebbe fatta per primo, quanto a condividere il progetto e trovare i metodi migliori con gente motivata a provarci. Il primo che ha risposto alla chiamata è stato proprio Adam Ondra: man mano con lui abbiamo capito tutti i metodi necessari a salire la via: io gli ho spiegato la parte alta mentre lui ha trovato i metodi migliori per la parte bassa iniziale che a me mancava e su cui facevo molta fatica. C’è stato un bello scambio di metodi, tuttavia non riuscivo a mettere insieme tutti i passaggi specialmente della parte bassa, così come Adam faticava nella parte alta. Lui si è anche inventato un metodo “più semplice” di provare la via che era saltando dal masso di fronte, a metà via, e partendo da lì per tentare di chiuderla. Ci riusciva solo lui. 

E cosa mi dici di quel famoso penultimo passaggio…

Adam aveva problemi con un bidito, (per chi non lo sapesse, una presa che si tiene con due dita) che faceva particolarmente male ad un tendine al punto che alla fine della primavera ha deciso che per lui sarebbe stato troppo rischioso continuare a provarla e così ha abbandonato.

Qual è stato lo step successivo?

Dopo lo stop estivo ho ricominciato a provarla in autunno e di nuovo andavo bene nella parte alta ma non nella parte bassa. È a questo punto che ha risposto alla chiamata William Bosi, un ragazzo scozzese che aveva appena scalato uno dei boulder più difficili del mondo in Svizzera. È venuto per qualche giorno ad Arco proprio per provare Excalibur, a dicembre. In quei giorni io gli ho spiegato tutti i metodi della via ed in seguito lui ha spiegato a me come teneva la presa iniziale: quello si è rivelato il modo più congeniale rispetto a come facevo io e sono riuscito finalmente a sbloccare anche quel passaggio. Da lì ho capito che la via era possibile e che mancava poco, dovevo solo mettere insieme i movimenti. Quando tutto sembrava essere pronto ho iniziato a cadere ed avere problemi con lo stesso bidito di Adam. Mi sono fermato, ho lasciato tempo al mio corpo di riposare ed ho ricominciato il 15 gennaio quando il dito andava meglio ed ero in grado di provare fino al giorno in cui ho finalmente chiuso il progetto, il 3 febbraio.

Dicono che più o meno siete 5 o 6 quelli in grado di farla, quindi se non fossi stato tu, secondo te, chi era più vicino o avrebbe avuto meno difficoltà nel completarla? 

Schubert l’aveva provata un giorno e non è più tornato, ma spero tornerà. Sicuramente il più vicino era Will Bosi che sin dai primi giorni si era mosso abbastanza bene e tornerà a fine febbraio, quindi potrebbe essere lui il secondo a scalarla. E spero sinceramente di sì perché darebbe ancora più importanza al lavoro di condivisione che ha dato la possibilità a tutti di conoscerla e scalarla. È brutto quando una via viene salita da una persona e poi magari abbandonata. Potrebbe succedere, è successo per altre vie anche molto belle quando invece viene provata e “corteggiata” in molti aumenta il valore della via stessa.

Qual è la cosa che più la caratterizza? Sei d’accordo con Morris quando dice che la sua estetica era la spinta più forte ad esplorare questo masso?

È stata la scintilla che poi ha fatto iniziare tutto, la sua estetica. Perché effettivamente se fosse stata brutta ma della stessa difficoltà magari non sarebbe neanche stata chiodata oppure non l’avrei tenuta in considerazione. Invece l’impatto che ha subito all’occhio è incredibile: il fatto che sia proprio un muro dritto sembra tagliato col coltello, stacca tantissimo dal paesaggio dietro… quello attira un sacco. E poi il fatto che sia più difficile per me ha un interesse in più perché se è bella ed è una sfida difficile che mi mette alla prova ancora di più, sicuramente per me è un valore aggiunto

E l’orecchino cosa ne hai fatto? 

L’ho tolto perché il patto era quello: il mio amico Franz ce l’ha regalato (uno lo ha tenuto e uno lo ha regalato a me) quando ce l’avevo addosso era un ricordo costante del progetto. Tra l’altro penzolava, mi sbatteva sulla guancia e quindi ogni volta che mi giravo pensavo in qualche modo a Excalibur. Adesso andrebbe regalato a Bosi, solo che lui non ha il buco all’orecchio!

E una volta in cima al masso?

La scelta di Christian e Morris, di non mettere la catena in cima al masso è stata la ciliegina sulla torta. Il fatto di salire come su un boulder in cima alla via, secondo me è stato ancora più bello perché una volta finito mi sono slegato, ho lanciato giù la corda ed ero proprio in cima ad Excalibur. Poi sono arrivati i ragazzi che mi facevano il video, Franz che mi assicurava, Sara ad abbracciarmi. Mi son seduto lì sul cucuzzolo, ho tolto l’orecchino. È stata una via fatta di persone, e come tale è stata chiusa insieme.

C’è l’adrenalina, ma poi anche un po’ il sollievo? 

Sì c’è il rischio che diventi un’ossessione, una frustrazione. Il problema è che avendo un progetto così alla fine non vuoi provare anche altre cose o altre vie perché se hai tempo libero, se hai energie dici “ora vado lì” quindi ti precludi mille altre possibilità che avrebbero potuto essere delle belle occasioni. Quindi menomale in un certo senso che è finita altrimenti magari avrei passato tutto l’inverno bloccato lì.

Il nome Excalibur?

La via si trova in un parco con varie opere e proprio sotto il masso della via c’è un’opera con la spada dentro l’incudine. Per questo ho suggerito questo nome ma era molto logico che si sarebbe chiamata così. Il fatto che la leggenda di Excalibur narra che solo una persona sarebbe riuscita a tirar fuori la spada dà quel fascino leggendario alla via: chi riusciva a liberarla sarebbe stato come quello che tirava fuori la spada. 

Quindi adesso, quali sono i prossimi progetti? 

Adesso ho già in mente molte cose. A parte ricominciare ad allenarmi e ricominciare in modo più deciso (perché nell’ultimo periodo provando la via non potevo sfondarmi di allenamento se no non avrei avuto le energie per fare la via) quindi riprendere l’allenamento deciso e l’obiettivo di quest’anno è provare Silence in Norvegia. Poi faccio qualche gara di coppa del mondo e l’obiettivo è essere in forma sia per le gare sia per Silence.