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Intervista ad Alex Megos

Interview by Federico Mura

Photos by Ken Etzel

Sono entrato al Kletterzentrum, l’impressionante palestra di Innsbruck circondata dalle Alpi tirolesi. L’atmosfera è strana: anche se non è la prima volta che vengo qui, tutte le volte mi stupisco di quanto le persone che la frequentano sembrino non rendersi conto dell’incredibile bellezza del posto che le circonda, sia per l’infrastruttura, sia per il paesaggio che si può scorgere oltre le vetrate.

Arrivo al bancone della reception accompagnato da Matts, Sports Marketing Guru di Patagonia. Gli chiedo quanto grande sarà il nostro gruppo di giornalisti. “Non molto a dire il vero”, mi risponde con il suo stretto accento britannico. Entriamo nella hall, e se non fosse per le dimensioni cinque vote maggiori, l’atmosfera è esattamente quella che si respira nella mia palestra dietro casa a Torino. Unica differenza: sotto il muro di speed climbing c’è uno dei climber più forti al mondo. Mi avvicino, mi presento ad Alex e alla sua fidanzata Jenya, e scambiamo due chiacchiere sulla ghisa dello speed climbing e su quanto sia facile prendere una multa parcheggiando per le strade di Innsbruck.

Se c’è una cosa che mi piace del mondo dell’arrampicata è quanto tutta la community sia rilassata. Parlare con Alex è stato esattamente come fare due chiacchiere con il mio più fedele compagno d’arrampicata.

Vado a riscaldarmi con la mente un po’ confusa: dov’è l’orda di giornalisti che mi aspettavo? Alex Megos si sta allenando con la sua ragazza, e poi ci sono io. Questo non era specificato nella mail dell’agenzia… Ma va bene così, certo che va bene!

Entro nell’area boulder e incontro niente meno che Norbert Sandner, insieme al leggendario Wolfgang Güllich, uno dei fondatori della filosofia del Rotpunkt. Diciamo che tutte le persone che sono lì in palestra per lavorarsi un progetto, in un modo o nell’altro, lo devono a lui.

Con il suo braccio reduce da un’operazione e la sua forma fisica certamente non più ai livelli di quando aveva vent’anni, scala con grande stile di fronte ai miei occhi dei gradi incredibilmente alti. Tutto si spiega velocemente quando mi racconta delle sue scalate con Wolfgang e delle stagioni passate con lui a studiare nuove vie.

Una volta scaldati gli avambracci mi aggiungo al gruppo e dopo pochi minuti ancora mi stupisco di quanto la situazione sembri normalissima. Può essere scontato ma una cosa che mi ha colpito è quanto Alex sia un ragazzo che ha voglia di divertirsi, essere un campione di fama internazionale pare essere solo una conseguenza della sua bravura a scalare, e soprattutto una cosa che gli piace molto. Tutta la sua ironia salta fuori durante la presentazione del film Rorpunkt la sera stessa. La platea è piegata in due dalle risate per la maggior parte del tempo, causa scambi di battute troppo divertenti tra Alex e Norbert.

 

Fortissimo, come tutti ben sappiamo, e umilissimo, tanto da far sicura ad una persona conosciuta un paio d’ore prima su un umilissimo 6b+ sudato.

Seduto sui gradini della hall con di fronte i muri di prese colorate del Kletterzentrum ho attivato la modalità da giornalista anche se di tanto in tanto interrotto da alcune ragazzine in cerca di autografi e gli ho fatto qualche domanda.

Il tuo stile di arrampicata è impressionante; spesso per lanciare una presa rimani in parete grazie alla sola forza delle tue dita, e per questo molti non esitano a chiamarti “La Macchina”, ma quanto è importante invece per te la componente psicologica dell’arrampicata?

Nel mio allenamento sicuramente la parte psicologica è molto importante, forse più di quella fisica. Quando arrampichi duro devi sempre essere focalizzato e tenere alta la motivazione. Soprattutto quando sei davanti ad un progetto, il tuo cervello deve essere concentrato al 100% su di esso. Molto spesso la parte psicologica per me è molto più difficile da gestire rispetto a quella fisica.

 

Nel film di questa sera ti hanno definito come il successore di Wolfgang Güllich. Stiamo parlando di colui che ha rivoluzionato l’allenamento e la preparazione in vista di spingere il proprio limite ancora più in alto. Qual è il tuo feeling con la preparazione fisica?

Personalmente mi diverto molto nell’allenamento di potenziamento muscolare. Se ti alleni duro, allora arrampichi duro. Lo uso come pretesto per divertirmi ancora di più in parete. Fa parte del gioco. Bisogna sempre però non trascurare le altre due parti dell’arrampicata: come abbiamo detto, la parte psicologica, e la tecnica. Uno dei segreti per arrampicare duro è bilanciare i propri allenamenti considerando questi tre aspetti dell’arrampicata. Per quanto mi riguarda, in passato sono stato troppo incentrato sull’allenamento fisico, e solo negli ultimi anni che ho imparato a gestire tutte le parti dell’allenamento ho raggiunto prestazioni decisamente più soddisfacenti.

 

E quali aspetti legati al personaggio di Wolfgang Güllich ti piacciono di più e vorresti fare tuoi?

Lui era un visionario. E già trent’anni fa pensava a spingere le prestazioni al massimo, cercando di alzare ulteriormente i gradi. Ogni volta che riusciva a scalare un nuovo grado non lo considerava solamente come un traguardo, ma lo usava come punto di partenza per il livello successivo. Era una costante sfida contro se stesso. È questo che lo ha reso una leggenda, scalando il primo 8c della storia, e pochi anni dopo il primo 9a. Questa è la filosofia che cerco di trarre da lui e cerco di fare mia.

 

Hai mai pensato di essere tu il prossimo ad alzare l’asticella?

Sinceramente no, mi focalizzo sul mio limite e sulla parte più importante dell’arrampicata: il divertimento. Penso solamente a scalare al limite delle mie possibilità, e a scalare quello che più mi diverte.

Se si pensa troppo oltre a quello che è il proprio livello si finisce per non divertirsi più.

Arrampicando duro mi sono reso conto che l’arrampicata è per il 99% insuccesso, e solo per l’1% successo. Ma quell’1% è ciò che ti fa continuare ad allenarti, a scalare e a divertirti.

In quel 99% di insuccesso, la sfida è te contro la roccia o te contro te stesso?

La sfida è principalmente con me stesso. Quando rinunci a una via è principalmente per due ragioni: o sei fisicamente troppo debole per affrontarla, o hai perso la motivazione. Quando arrampico devo sentire mia la parete, e non vedo nella roccia una componente di sfida, piuttosto di collaborazione. Io e la roccia dobbiamo diventare una cosa sola.

 

E per quanto riguarda le competizioni?

Da ragazzino ho partecipato a molte competizioni, poi però mi sono focalizzato sull’arrampicata in falesia outdoor. In questi ultimi anni ho sempre arrampicato per provare nuovi tipi di roccia, e lavorando su progetti sempre più interessanti. Dal prossimo anno però ricomincerò con le competizioni indoor per via delle Olimpiadi di Tokyo 2020.

 

Meglio indoor o outdoor?

Sono cresciuto arrampicando in falesia, e per questo lo stile che preferisco è sicuramente quello outdoor. Come vedrete in Rotpunkt, in questi ultimi tempi ho affrontato con diverse sfide, come quello del mio grado più alto, il 9b+ di Perfecto Mundo. Non mi sono mai confrontato con un progetto che mi prendesse così tanto tempo ed energie, ma è stata un’esperienza unica, di condivisione e collaborazione con Stefano Ghisolfi, con il mio allenatore Ludwig Korb e con tutti gli altri componenti del team che mi hanno accompagnato.

 

In quali aspetti ti rispecchi maggiormente nel brand Patagonia?

Tutto il brand è molto bello. Sono stato sponsorizzato da loro per molto tempo, da quando avevo 16 anni. Di Patagonia mi piace molto l’approccio che hanno nei confronti del problema ambientale. Stanno impiegando moltissime energie non solo nel creare un sistema di produzione il più possibile sostenibile con diversi progetti tangibili come Worn Wear, ma stanno anche portando avanti diverse campagne di comunicazione che sono mirate a sensibilizzare più persone possibili su questo tema. Uno dei motivi per cui mi piace è proprio questo: ha fatto capire a molte persone, me compreso, che dobbiamo cambiare qualcosa nel nostro stile di vita.

 

Hai qualcosa da aggiungere?

Penso che… oggi ci siamo allentati dannatamente bene, no?!  Siamo pompati, abbiamo un bell’aspetto, e siamo pronti e carichi per la prossima volta!

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