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Intervista con Alex Bellini: ecologia, moda green e sostenibilità in ogni gesto

Interview by Marta Manzoni

Photos by Mauro Talamonti

 

Powered by Save the Duck

Abbiamo intervistato Alex Bellini, un esploratore che ama le avventure extreme, che ha attraversato l’oceano atlantico e l’oceano Pacifico remando in solitaria, ha partecipato a una maratona nel deserto del Sahara, ma l’impresa che gli sta più a cuore è lottare per ridurre l’accumulo di plastica nel mondo e si impegna per proteggere l’ambiente.

Abbiamo visto gli effetti che il lockdown ha avuto sulla natura: minore inquinamento, gli animali che in tutto il mondo si sono spinti in città deserte, l’Himalaya visibile da centinaia di  chilometri di distanza, che riflessioni hai fatto in merito?

Il lock-down ci ha mostrato come viviamo all’interno di un sistema con tantissimi fattori che coabitano in maniera interconnessa, quindi nel momento in cui l’uomo crea una perturbazione positiva, stando lontano dalle strade, inquinando di meno, tutti gli elementi che compongono il sistema Terra ricreano il nuovo equilibrio. Questo a dimostrare che in natura tutto è interconnesso. Un messaggio molto chiaro: l’uomo crea tutti i giorni disturbo, perché la natura se fosse lasciata per quella che è rifiorirebbe anche dopo ogni perturbazione. Tutto ciò ci dovrebbe fare paura da una parte e sperare dall’altra: paura per quando ripartiremo perché ovviamente ricreeremo una sorta di sconvolgimento, dall’altra ci dà fiducia perché le cose sono in costane evoluzione e adattamento.

 

Tu sei anche un attivista impegnato nella lotta per l’ambiente e contro la plastica e hai visto con i tuoi occhi il Great Pacific Garbage Patch, un’isola di plastica nell’oceano pacifico formata da 80 mila tonnellate di rifiuti… Ci racconti cosa hai visto?

La tappa attraverso il Great Pacific Garbage Patch è una di quelle che compone il progetto 10 Rivers 1 Ocean, un progetto che dal 2019 io e mia moglie portiamo avanti proprio per sensibilizzare le persone attorno al problema della plastica. Alla fine ci siamo resi conto che il problema principale non è la plastica, ma più in generale l’aver isolato la natura dalla discussione di tutti i giorni, dalle nostre coscienze. In questa tappa attraverso, quella che erroneamente chiamiamo “Isola di Plastica”, che è diventata simbolo dell’inquinamento e della lotta contro la plastica e del tentativo di ristabilire un equilibrio all’interno del sistema profondamente compromesso. Io ho navigato quasi 500 km nella zona più densamente inquinata, con la mia barca a remi e quello che ho potuto vedere è stato l’effetto distruttivo delle nostre attività. Sul Great Pacific galleggia materiale plastico si 80/100.000 tonnellate. Purtroppo il problema non è quello che galleggia sull’oceano, ma quello che dorme sotto la superficie dell’acqua. Una delle fonti principali di inquinamento dell’oceano sono le micro-plastiche. L’uomo riesce ad acquisire conoscenze in ogni campo, ma non è in grado di evolvere sé stesso. C’è una sensazione di vergogna perché in qualche modo ho anche io contribuito a questo cimitero di pezzi di plastica, perché magari quando ero piccolo avrò tenuto in mano uno di quei frammenti che ora sono nell’oceano. Ero anche io parte del problema. Quando torni a casa da un viaggio così, riesci a vedere anche con senso più critico le cose che consideriamo più scontate e inizi a cercare delle soluzioni per cambiare questo modo di vivere. 

Quali sono i valori che ti hanno spinto a intraprendere questo progetto? Quali di questi valori condividi con One Ocean Fund, la ONG della quale sei ambassador, e con Save The Duck, azienda fashion impegnata nella sostenibilità che ti sostiene nelle tue azioni di sensibilizzazione?

La volontà di occuparmi di ambiente è nata da una lunga riflessione che è venuta con il tempo e grazie anche all’intenzione di viaggiare per conoscermi meglio, mettermi di fronte ad uno specchio e cercare di capire chi sono, cosa voglio e saper anche accettare le mie imperfezioni. Ad un certo punto, intorno ai 40 anni, ho percepito che c’era qualcosa, una ragione, ancora più bella per esplorare che non era legata al godere di conoscenze, ma creare spedizioni che portassero beneficio a tutti. Aiutare le persone ad intraprendere un viaggio di esplorazione che risvegli il pensiero ecologico. A frutto di questo, mia moglie ebbe l’intuizione di andare all’origine del problema e quindi di navigare i fiumi, che sono per l’80% responsabili della plastica che inquina i mari. Così abbiamo lanciato questo progetto. Ovviamente in questo momento i tempi sono maturi, non solo perché noi esseri viventi stiamo raggiungendo una fase di illuminismo nella quale ci stiamo rendendo conto che nessuno ci verrà a salvare, ma dobbiamo salvarci da soli. Iniziamo a comprendere che c’è una strada da seguire e il futuro sarà su questa traiettoria o non ci sarà nessun futuro. Ci stiamo muovendo tutti e ci sono anche fondazioni come One Ocean che ha come principio fondamentale creare conoscenza e awareness attorno al tema ambientale. Ci sono anche realtà imprenditoriali che hanno a cuore le persone, l’impatto sociale e una sostenibilità ambientale. Alla P di profit si aggiungono una P di Planet e una P di People, e Save The Duck è una di quelle aziende che ha inteso ed interpreta questo impegno nella maniera migliore, perché riconosce l’impronta ecologica della propria attività e cerca di impegnarsi per un’attività più sostenibile.

 

Quali sono le scelte che compi ogni giorno per vivere in maniera più sostenibile? Cosa può fare ogni persona nel suo piccolo per ridurre la sua impronta ecologica?

Ogni quattro anni siamo chiamati a dare un nostro contributo alle urne, siamo chiamati a dare la nostra preferenza per un partito politico, per un leader e così decidiamo quale futuro dare al nostro Paese. La maniera in cui molto concretamente possiamo decidere che futuro vogliamo avere per noi e per nostri successori è quello di intraprendere l’impegno per la sostenibilità come un voto, che fai tutte le volte che entri in un supermercato, che vai su un e-commerce, tutte le volte che consumiamo. L’idea è di per sé molto semplice: dare il voto a chi secondo te interpreta meglio questo bisogno di creare più equilibrio, non solo ambientale e sociale, ma anche economico. Nel momento in cui facciamo gli acquisti cerchiamo di domandarci chi sono le persone che ci sono dietro, come vengono trattate le persone, quale è la qualità della vita. Ecco che si apre un altro tema: quello della trasparenza. Preferiamo delle aziende che fanno della trasparenza un asset e che condividono come noi gli stessi valori dal punto di vista ecologico. 

Cosa si intende con moda sostenibile? Quali sono le scelte individuali che si possono fare per quanto riguarda i capi di abbigliamento? Ci sarà una presa di coscienza green da parte dell’industrie del fashion? Quanto costano in più vestiti eco-compatibili?

Che cosa c’è di più concreto del consumare. Sembra che il genere essere umano sia in fase di estinzione perché al suo posto sta arrivando il genere consumatore. Come e cosa vogliamo consumare? Già questa è una domanda che fa sorgere qualche spunto di riflessione su quelle che sono delle azioni da compiere. Consumare in maniera più responsabile? In maniera più attenta? Possiamo veramente dare il nostro contributo acquistando più responsabilmente che vuol dire anche scegliere prodotti che non sono imbustati o che vengono confezionati in packaging sostenibili. Infine il tema fondamentale è indubbiamente anche il consumare meno, perché non c’è plastica più sostenibile di quella che non compriamo. C’è molto più da perdere nel momento nel quale decidiamo di non rinunciare oggi, se oggi decido di non rinunciare a comprare un qualunque oggetto online, ho la sensazione di non rinunciare, ma in realtà la rinuncia che sto chiedendo è molto maggiore. Il costo non è solo da intendere come quello che esce dalle nostre tasche, ad esempio quando compriamo qualcosa di economico chiediamoci chi paga il costo reale di quel prodotto, di chi paga la differenza. La stessa cosa va per la moda sostenibile, può essere più costosa, ma il costo non vediamolo solo come quello che ci esce dal portafogli, ma dal costo che qualcuno dovrà pagare un giorno per i jeans, per i pantaloni che noi ora acquistiamo. 

 

Per le tue spedizioni sei spesso lontano da casa per diversi mesi… so che tu hai due figlie com’è il rapporto con la tua famiglia in questo momento di lockdown? E come gestisci la relazione con la tua famiglia quando sei lontano?

Questo è il tempo più lungo che ho passato negli ultimi anni con mia moglie. Questo ha degli svantaggi e dei vantaggi. Ci rendiamo conto che la cosa più difficile in questo momento è la capacità di negoziazione, capacità di riconoscere che vivano in una famiglia in cui ognuno ha degli stimoli diversi e anche capacità di gestire i conflitti. Forse questo periodo di confronto ci aiuterà in un futuro a confrontarci e gestire meglio anche le opinioni opposte alla nostra, senza vivere in uno stato di perenne conflitto. 

Nella mia famiglia siamo abituati a vivere momenti di grande distacco e di grande isolamento e questo ci ha sempre nutrito abituandoci a convivere con esso. Oggi non sembra vero alle mie figlie di vederci regolarmente a casa, però è anche bello stare un po’ lontani. Arriva un certo punto nella fase di lontananza che hai veramente la voglia di tornare a casa e in quel momento per me il viaggio diventa un viaggio verso casa che mi riporta con la voglia di stare con la mia famiglia e di riprendere la vita come era. Vivo comunque molto bene anche questo momento. Sto bene a casa mia. A volte conte mie figlie la fase di distacco è dura, perché talvolta i figli non comprendono completamente perché un padre debba stare tanto tempo così lontano dalla famiglia. 

“Se oggi decido di non rinunciare a comprare un qualunque oggetto online, ho la sensazione di non rinunciare, ma in realtà la rinuncia che sto chiedendo è molto maggiore. Il costo non è solo da intendere come quello che esce dalle nostre tasche, ad esempio quando compriamo qualcosa di economico chiediamoci chi paga il costo reale di quel prodotto, di chi paga la differenza.”

Per immaginare le tue avventure, credo tu debba vere molta fantasia, ci sono alcune persone che dicono che la creatività non è così importante, allora c’è da chiedersi come avremmo fatto in questo lock-down come avremmo fatto senza film, senza libri e musica. Cosa è per te la creatività?

Secondo me la creatività è una capacità innata nell’essere umano di servirsi degli scopi che vuole e quello che ha. La creatività è la capacità da un foglio di carta di creare un aeroplano. La creatività è ciò che indubbiamente ci ha salvato in quello che è stato il percorso dell’essere umano sulla terra. Ad ogni scenario incerto, abbiamo attinto alla nostra creatività. Anche se oggigiorno stiamo diventando sempre più borghesi e tecnologici e ci dimentichiamo di avere questa innata capacità di organizzarci e di riuscire sempre a cadere in piedi, bisogna ricordarsi di questa parte giocosa e divertente. Sapere di potercela fare grazie alla creatività è utile. 

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