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Intervista a Yulia Baykova

text by Davide Fioraso

Atleta esplosiva, testarda, forte. Nel 2015, a causa di una miocardite fulminante, ha rischiato di perdere la vita. In pochi mesi, con forte determinazione, ha ripreso da dove aveva lasciato. Quella di Yulia è una storia incredibile, rinata quando i medici non le davano più speranze. Abbiamo trascorso due giorni in sua compagnia in occasione del Clinic&Run di Masters, evento creato per conoscere e capire il modello di bastoncini più adatto alle proprie necessità e alla propria tecnica di corsa. Ma partiamo dall’inizio.

«Sono morta il 3 febbraio 2015». Una frase che lascia di stucco, un pugno nello stomaco che non ti aspetti. Ma lei, Yulia Baykova, portacolori del Team Vibram e ambassador Masters, lo dice con estrema serenità. Di chi sa che nulla ormai le può fare più paura. Anni fa la sua vicenda ha commosso tutto il popolo del trail running, me compreso.  Il motivo? Provate a starle accanto qualche ora; volerle bene è un attimo.

 

Yulia è nata in Lettonia da genitori russi. Dal 2005 vive con il marito Vincenzo Bertina a Novara e insieme condividono l’organizzazione dell’Ultra Trail del Lago d’Orta. «Ho iniziato a correre quando mi sono trasferita in Italia. Guardavo i prati verdi nella stagione invernale e pensavo che sarebbe stato bello correrci sopra. Nel mio Paese di origine neve e ghiaccio rendono il panorama grigio, monotono. Il profumo dell’erba e della terra bagnata mi hanno fatto innamorare di questo sport». Assieme a Vincenzo, Yulia inizia ad allenarsi sulle medie distanze e a sperimentare i primi lunghi, immersa nella natura dei suoi boschi. «Mi ha vista e mi ha detto: caspita, corri bene» – ricorda lei. «E quando ho provato la prima mezza maratona ho capito che l’asfalto non faceva per me: mi annoiava».

A dicembre del 2011 Yulia partecipa al suo primo trail ufficiale, sulla Sierra de Chiva, in Spagna. Lì il colpo di fulmine «Ho corso per 63 chilometri, sembrava infinita, ma nonostante la stanchezza sono rimasta folgorata. Ho scoperto un mondo nuovo, ho capito che quello era il mio sport». Da quel momento la svolta. Yulia, con grande determinazione e forza di volontà, decide di applicarsi ancor di più, tanto da diventare un’atleta di livello, anche in campo internazionale. «Non ho mai pensato di diventare una ultrarunner; da adolescente sognavo di essere una rockstar. Suonavo la batteria in un complesso e la mia aspirazione era quella di studiare musica al Berkley di Boston. Diciamo che il sogno in parte si è avverato: ho continuato a seguire il ritmo di un’altra musica, quella dei miei passi e del mio respiro». Parole che immediatamente mi fanno tornare in mente il video promozionale della UTLO 2019, di cui è protagonista: «Correre è l’unica cosa che conta. Compongo la mia sinfonia un passo dopo l’altro».

«E quando ho provato la prima mezza maratona ho capito che l’asfalto non faceva per me: mi annoiava»

Fino a qui nulla di strano. Quella di Yulia è la storia di una giovane atleta che porta avanti il sogno della vita. Ma la doccia fredda arriva a gennaio del 2015. «Eravamo a Castiglion Fiorentino per la Ronda Ghibellina. Il giorno della gara mi sono alzata e non stavo bene. Pensavo fosse solo tensione, un pò di debolezza e sono partita ugualmente». Insomma, Yulia immaginava un’influenza tipica di stagione. Ma nei giorni successivi la situazione peggiora. All’ennesimo giro in pronto soccorso Yulia perde i sensi, il cuore cede. «Sono rinata sedici giorni dopo grazie ai medici dell’ospedale Le Molinette di Torino, che hanno fatto di tutto per tenermi in vita». Gli stessi medici che inizialmente avevano perso le speranze di salvarla, ma che vedendola aggrappata alla vita con tanta forza, tentano l’impossibile. Yulia resiste, combatte. E alla fine apre gli occhi, si sveglia. Tutti gli organi hanno ripreso a funzionare. «Volevo uscire da lì con tutte le mie forze. Quello non era il mio posto. I sacrifici e gli allenamenti della corsa su lunghe distanze mi erano serviti per andare avanti, non per arrendermi. Come quando affronti una salita, sei stremato, ma stringi i denti e prosegui per la tua strada, per raggiungere la meta, l’obiettivo».

Inizia così una lunga e faticosa riabilitazione fisica, complicata da un polmone fuori gioco. «Ho dovuto imparare un’altra volta a respirare», ricorda Yulia. Dopo quattro mesi è alla partenza della Lavaredo Ultra Trail, dove corre una parte del percorso. 18 chilometri, simbolici, ma lei c’è. «Era il mio pensiero fisso. Uscire dall’ospedale, poter correre e assaporare la libertà attraverso i sensi. Volevo sentire i profumi, vedere il cielo azzurro e abbracciare la terra». Intanto il Team Vibram non smette di credere in lei: «Ti aspetto», le aveva promesso Jerome Bernard. E Yulia non si fa attendere, ripresentandosi a Cortina d’Ampezzo l’anno seguente e piazzandosi decima nella gara regina, 120 km e 5800 D+. Il 2016 sarà un anno meraviglioso, in cui spiccano il podio alla Vibram Maremontana e un sesto posto alla CCC.

«Dopo quello che era successo avevo bisogno di provare qualcosa. Dimostrare a tutti che vale sempre la pena combattere per i propri sogni. Nessuno credeva che ci sarei riuscita.»

 

Yulia oggi sta bene e il suo cuore è ritornato forte come prima. Il 2019 le ha portato un quinto posto allo Scenic Trail e all’EcoTrail de Paris, un terzo al Gran Trail Courmayeur, un 13esimo all’UTMB. A maggio poi, Masters ha annunciato il suo ingresso nel team di ambassadors. Una pura coincidenza per lei, che da istruttrice di nordic walking, si era sempre affidata ai loro prodotti. «Nella corsa alcuni elementi del nordic walking tornano utili. Con pendenze moderate, fino al 15%, utilizzo la classica tecnica del passo alternato. Sulle salite più ripide entra in gioco il doppio appoggio».

 

Nel frattempo, superiamo di corsa l’ex cava di Costalunga. A Poe o sventa o pioe (a Pove quando non fa vento piove) racconta un detto popolare. Oggi le cose non vanno proprio così. Forti raffiche fuoriescono dal canale della Valbrenta. Piove a dirotto. Ma non ha nessuna importanza, perché siamo immersi in un magnifico paesaggio autunnale, tra sentieri a mezzacosta, pareti sassose e cunicoli scavati nella roccia. Alla Madonna del Cornon inforchiamo la mulattiera che riconduce in paese. È arrivata la discesa e riponiamo i bastoncini.

 

Yulia mi guarda e sorride: «Che dici? Ora sgasiamo un po’?».

 

Sgasiamo.

 

Yulia corre con Masters Trecime Carbon Fix e fa parte del Vibram Team

Il modello perfetto per chi come Yulia sa esattamente la misura di cui necessita, con il vantaggio di ridurre il peso del bastone e poterlo ripiegare velocemente nel momento di inutilizzo. 4 sezioni, una 100% carbonio ø 14mm, due in Calutech ø 12mm e una in Alutech 7075 ø 12mm. Sistema push-pull nella prima sezione, le restanti sono collegate dal comodo meccanismo a sonda. La manopola falco assicura una presa perfetta e Il puntale in tungsteno garantisce un grip sicuro su ogni terreno.

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