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Isaac Freeland: libero come il vento

By: Eva Toschi

Ogni volta che mi capita di intervistare unatleta professionista mi chiedo quali siano le domande giuste da fare per cercare di capire che persona sia. In questo caso, che sciatore sia, cosa lo motiva e cosa lo spinge a fare ciò che fa. Ha veramente senso sapere dove sia nato, a che età abbia iniziato a sciare, se abbia fatto o meno gare di sci alpino, quale sia il suo più grande risultato e quali siano i progetti per il futuro? Credo che queste siano domande per incasellare una persona, per metterle in una scatola, non per conoscerla.

Infatti è proprio Isaac a dirmi che non si sente appartenere a nessuno stereotipo. Non è un freestyler, eppure salta, non è un freerider, eppure scia bellissime linee in polvere. E allora liberiamoci dai preconcetti e cerchiamo, per quanto sia possibile, di raccogliere i frammenti di questa persona libera, di nome e di fatto.

Se, dopo aver letto questintervista, pensate sia necessario sapere queste cose, andate a cercarle online. Altrimenti accontentatevi dei dettagli, delle idee, dei pensieri. Che, infine, sono le cose più interessanti.

Isaac Freeland_Dynafit

Isaac mi parla dalla sua casa di Bozeman, Montana. È appena tornato dal Giappone, dove ha vissuto unesperienza molto diversa dalla sua prima volta lì, ad Akuba per il Freeride World Tour. È stato, insieme ai suoi amici per filmare e sciare (sorprendentemente, viste le condizioni classiche di Hokkaido che non permettono di uscire dai boschetti per via dalla scarsa visibilità) in alto, in quella zona che noi chiamiamo “alpine” per riuscire a godere delle luci del tramonto dalla montagna più alta del luogo, il Monte Asahi.

Isaac Freeland_Dynafit

Una delle domande che volevo farti Isaac è se vivi lo sci come unattività individuale o se ti piace condividerla. Se sì, come la condividi con le persone più intime e con il mondo esterno?

Credo che questo sia il punto centrale. In pratica l’intero scopo di fare qualcosa che si ama è quello di poterlo condividere, sia con gli amici che con chi ti conosce da lontano e apprezza quello che fai. Per quanto riguarda “il mondo esterno” mi piace raccontare alle persone quello che faccio. Ma non solo, mi piace anche ascoltare. Sono sempre molto entusiasta quando le persone mi mandano un messaggio dicendo: “Ho provato a sciare per la prima volta” o “Ho fatto un nuovo trick”. E penso che sia bellissimo sia che lo facciano sia che vogliano condividerlo con me. È per questo che mi piace essere un professionista. Mi piace vedere le persone entusiaste.

Immagino che il progetto a cui ti sei dedicato in Giappone e su cui stai lavorando adesso sia un modo di condividere quello che fai. Cosa ci vuoi raccontare in questo modo?

Tutto gira intorno al raccontare le persone nei loro ambienti naturali, dove eccellono. Sto cercando di riunire un po’ di amici e di mostrare le loro specialità: sia che si tratti di alpinismo e sci alpino, sia che si tratti di gite o di lunghe giornate nel backcountry. Da queste parti abbiamo un sacco di backcountry e a Jackson si pratica tanto sci freeride e freestyle. La gente tende a classificare. Sciatori diversi e scatole diverse. Ma non funziona proprio così: le persone normalmente fanno un po’ di tutto. Trovo che però sia anche molto bello quando qualcuno si impegna in una sola arte e diventa molto bravo in quella disciplina. Io sono sempre stata una persona che fa un po’ di tutto, così come ho molti amici che fanno cose diverse. E quindi voglio mostrare queste differenze.

Isaac Freeland_Dynafit

E parlando di te, qual è il tuo approccio, il tuo modo di vedere lo sci, il tuo modo di sentirlo o di esprimerti attraverso lo questa disciplina?

In questo momento mi sento davvero bene sugli sci. Di solito sono una persona piuttosto seria, soprattutto quando gareggio. Devo ricordarmi di lasciarmi andare un po’. E con le riprese e lo sci in generale, quest’anno, ho avuto molto tempo per esplorare esattamente come voglio sciare, cercando al tempo stesso di spingermi più in là. Questo è un inverno atipico ed il manto nevoso è piuttosto scarso. Ma comunque mi sto divertendo come non mai negli ultimi due anni, essendo anche guarito da un infortunio. Quindi, direi, sono piuttosto entusiasta.

Isaac Freeland_Dynafit

Hai un ricordo sugli sci di quando eri bambino? Riesci a ricordati come ti sentivi?

Assolutamente. Ho sicuramente dei ricordi, non tanto del mio primo giorno, ma delle prime due volte sugli sci. Una sensazione di pura libertà e beatitudine. Ricordo che ho imparato abbastanza in fretta. Ho fatto una discesa in linea retta sulle nostre montagne locali e ho sentito il vento che mi scorreva accanto: mi ricordo di essere stato così felice e completamente immerso nella sensazione di scendere dalla collina e di andare veloce mentre sentivo il freddo e il vento sulla pelle. Ho proprio provato la libertà di andare ovunque volessi sulla montagna, è difficile da descrivere. Ma era una sensazione di leggerezza. Come se fossi inghiottito dal momento.

Isaac Freeland_Dynafit

Sembra essere qualcosa che si puoi sentire anche adesso, da adulto.

A volte, da adulto, mi dimentico di farlo, di godermi il momento, perché sto lavorando a varie cose e durante la giornata mi ritrovo a pensare alle valanghe di cose da fare. I miei amici sono bravissimi a viversela a cuor leggero e essere nel momento. Mi aiutano a farlo, mi dicono cose come ci stiamo divertendo tantissimo”. E allora anche io mi ricordo perché sono lì, con loro, e riprendo a respirare a pieni polmoni.

Isaac Freeland_Dynafit

Qual è la cosa più selvaggia che hai fatto come sciatore?

Mi verrebbe da dire il Chads Gap. Hai presente? Dove Tanner Hall si è rotto le caviglie. Desideravo farlo tantissimo, così ho cercato un paio di amici e si da il caso che Kevin Nichols fosse lì e ha deciso venire con me a fare un giro. Siamo andati ma le condizioni non erano buone. Ed è per questo che mi serto di dire che sia la cosa più selvaggia che io abbia mai fatto, una delle avventure più folli. La neve era un po’ ghiacciata, abbiamo aspettato che si ammorbidissero un po’ al sole ma non è mai successo. Sono partito io per primo. Ho spinto un po’ troppo e credo di aver perso il controllo. Ho provato a fare un 360, che poi è diventato un 720 e alla fine mi sono ritrovato ad atterrare in maniera pesante. Sono stato graziato dal fatto che in quella sezione la neve fosse morbida. Una cosa folle da non fare mai più. Di sicuro non tornerei indietro e non lo rifarei nelle stesse condizioni. Aspetterei una giornata di neve fresca. Quando ero più giovane facevo le cose in qualsiasi condizione, ero ingordo, mentre ora preferisco aspettare il momento giusto.

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Qual è la sensazione che si prova prima di un grande salto?

Onestamente sono spesso in ansia prima di fare trick e salti. Non so se è per via di alcuni infortuni passati, ma prima di fare un salto provo sempre tanta paura e nervosismo. E poi cerco di fare del mio meglio, ripetendomi che alla fine so quello che sto facendo. Anche se si tratta di qualcosa di nuovo. Cerco di ricordarmi che il mio corpo sa cosa fare. Me lo dico e poi faccio del mio meglio per cercare di visualizzarlo. E poi mi lancio, in un secondo decollo e mi ritrovo in volo. A quel punto tutto mi sembra normale e mi ritrovo a mio agio. Penso: “posso farcela, anche se va tutto storto, o se sto per fare un overshoot o un undershoot.” Durante il volo sento l’aria intorno a me e a quel punto mi sembra tutto così naturale. E poi penso all’atterraggio, sperando di riuscire a farlo bene. Non siamo fatti per stare sospesi nellaria per sempre.

Isaac Freeland_Dynafit

Con che scarponi hai sciato in Giappone? Cosa usi di solito?

Uso quasi sempre i Dynafit Tigard 130. Si adattano bene al mio piede e sono rigidi. Sono sicuramente i miei preferiti perché in discesa sembrano degli scarponi da sci alpino ma che, in più, posso utilizzare anche in salita.

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