Ciao Giulia, ciao Axelle. Cominciamo dalle basi: come vi siete avvicinate allo scialpinismo?
GM Ho iniziato in realtà con il classico corso di sci alpino, ma da subito, grazie a mio papà (Ivan Murada, campione del mondo di scialpinismo nel 2002, ndr), mi sono resa conto che la mia strada era in salita. L’ho sempre seguita, anche quando ero troppo piccola per capire quello che succedeva. Appena ho potuto apprezzare lo sci fuoripista ho cominciato con la pratica dello scialpinismo, a dodici anni. Le prime gare sono arrivate poco dopo. Da allora, lui non ha mai smesso di essere il mio allenatore, però l’ho sempre chiamato per nome, soprattutto durante gli allenamenti. Questo ha permesso l’instaurarsi di una duplice complicità, di una dualità che mi piace molto nel nostro rapporto. A volte rimane separato, ma non sempre: mi conosce così bene che i suoi feedback sono estremamente efficaci e colpiscono nel segno.
AM Ho cominciato lo scialpinismo a undici anni, con i miei genitori, o piuttosto per fare contento mio papà. Salivamo sulle montagne di Arêches-Beaufort, il palcoscenico della Grande Course dove si tiene la Pierra Menta: si tratta del posto che preferisco in assoluto, dove sono nata, vivo e mi alleno ogni giorno ancora adesso. Ho partecipato alle mie prime gare qualche anno dopo, nel 2008, quando avevo quattordici anni. Da allora, non ho mai smesso. Sono entrata a fare parte del team di scialpinismo francese a 20 anni, ero l’atleta più giovane della squadra.
Siete appena rientrate da Boí Taüll. Ci raccontate la gara?
GM Sono tornata a casa soddisfatta, nonostante all’inizio fossi delusa dalle prime gare. Per tutta la stagione ho ottenuto risultati al di sopra delle mie aspettative e sono arrivata a questi mondiali con la speranza di mantenere questo trend. Sono partita un po’ spavalda, diciamo, con in testa di volare tutte e cinque le gare pensando che sarebbe stata una passeggiata. Quando ho finito quinta nello sprint, non che non fossi contenta, ma non ho potuto non provare un po’ di delusione e di amaro in bocca. Credevo davvero di poter fare podio ai mondiali dopo tutti i podi della stagione. Il giorno dopo volevo rifarmi dalla mancata medaglia con il vertical, ed è stata la peggiore gara della stagione, ho chiuso ottava. Non ci sono rimasta male, è andata così. Mi ha aiutato a realizzare che forse ero stanca e che avevo bisogno di tranquillizzarmi in vista delle gare successive. Poi è arrivata la gara a coppie con Alba De Silvestro. È la gara più lunga del mondiale: devi correre con qualcun altro e hai anche la responsabilità del suo risultato. Sapendo che vincere era impossibile, abbiamo provato a non fare peggio di seconde e ci siamo riuscite. Le sensazioni sono state per me decisamente migliori rispetto al giorno prima. Infine, dopo un giorno di riposo, ho ripreso. Il terzo posto nell’individuale mi ha restituito la motivazione e nella staffetta siamo riusciti a chiudere in bellezza grazie al mio compagno di squadra.
AM I Campionati del Mondo di Boí Taüll erano sicuramente il mio obiettivo principale della stagione. Ho stabilito tutta la mia preparazione della stagione in vista di questa settimana. Sognavo tutte e cinque le gare, tutte le cinque medaglie d’oro: torno a casa con quattro ori (vertical, squadra, individuale e staffetta) e un bronzo. Sono consapevole sia un risultato eccezionale e ne sono molto fiera. Certo, ero la favorita per queste discipline, soprattutto nell’individuale e nelle gare di squadra che sono le mie specialità, ma non che questo renda sempre più facile la competizione. Ho poi corso l’Adamello con Emily Harrop. È una compagna di squadra con la quale ho gareggiato più volte e attendevo questa gara con impazienza. Eravamo un po’ preoccupate dalla lunghezza della gara, ma l’abbiamo gestita bene.
Finora, quali sono stati i momenti più avvincenti di questa Coppa del Mondo?
GM Direi la staffetta mista. È stata la gara più strana: viste quelle che abbiamo fatto in stagione, Nicolò Canclini ed io siamo partiti con le orecchie basse. In più, come ho accennato, arrivavo stanca e delusa dalla settimana e vedendo molte squadre davanti non ci aspettavamo di chiudere secondi. Siamo rimasti molto contenti di questo risultato.
AM Penso che la Coppa del Mondo abbia iniziato a essere davvero interessante a partire dalla tappa di Morgins, la nostra prima gara individuale. È il format che preferisco in assoluto. Mi è anche piaciuta tantissimo l’individuale della Val Martello in Trentino.
Come avete vissuto i momenti più forti di questa stagione? Cos’è che vi mantiene concentrate e motivate?
GM Mi sono resa conto, soprattutto dopo la gara sprint, che se non c’è la testa non si va da nessuna parte. Ho avuto alcuni problemi di concentrazione: le temperature primaverili di questo Mondiale e il clima generale da après ski mi hanno distratta. Non me ne sono accorta, non ero totalmente concentrata sul fare fatica e questo ha intaccato i risultati. Sto lavorando parecchio su questo lato. Ogni tanto ci riesco e mi viene bene, altre volte ho più difficoltà. Nonostante siano una delle mie specialità, faccio particolarmente fatica durante le gare sprint: è un continuo ripetersi e aspettare. Ci sono molti tempi sospesi che non sempre affronto al meglio. Mi ha aiutata sapere che anche se sono arrivata a questo momento della stagione stanca, ero anche a livello. Ho lavorato molto su quello.
AM Penso di essere arrivata in forma e concentrata subito, alle prime individuali e ai primi vertical. Infatti sono riuscita a concatenare le vittorie: questo mi ha senza dubbio aiutata a rimanere motivata per tutte le gare. Con un’eccezione, il vertical di Schladming. La prova che davvero nessuno è infallibile! Quest’anno ho provato a rifare degli sprint per ottenere più punti possibile per l’Overall. Mi servivano soprattutto con questo calendario che è estremamente disequilibrato. Ciò ha reso tutto molto più difficile. Ora sono motivata perché mi aspettano altri vertical e individuali, nei quali sono molto a mio agio. Tutto rimarrà in gioco fino alla finale a Tromsø.