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Léo Slemett, freeride made in Chamonix

With: Vibram
ITW: Léo Slemett
By: Martina Tremolada

Nato e cresciuto a Chamonix, Léo Slemett è l’atleta più giovane che abbia mai partecipato al Freeride World Tour, conquistando il titolo di campione del mondo nel 2017. La sua passione nasce dallo sci alpino, spostandosi sul freestyle per arrivare al freeride.

“A Chamonix ho potuto guardare gli sciatori più grandi di me come da nessun’altra parte. Ho avuto l’opportunità di assistere alla finale del Freeride World Tour a Verbier e ho visto sciare Aurelien Ducroz. Anche lui è di Chamonix ed è stata una grande ispirazione per me. Quel giorno Aurielien ha vinto il suo primo titolo e da quel momento ho deciso che il freeride sarebbe stata la mia strada.”

Nell’immaginario comune il freeride è una delle discipline più pericolose, i tuoi famigliari e le persone a te vicine come hanno preso la tua scelta?
Sono stato fortunato perché i miei genitori mi hanno sempre supportato per vedermi felice. Per mia mamma era importante che io finissi le scuole e mi diceva: “se sei bravo a scuola puoi andare a sciare e seguire la tua passione”. Per me è stata una duplice vittoria. I miei genitori sapevano sin dall’inizio che non consideravo il freeride solo una passione: era il mio obiettivo, il mio sogno, qualcosa che mi rendeva davvero felice.


Qual è l’attrezzatura necessaria per divertirsi in sicurezza?
La differenza con gli altri sport invernali è che nel freeride non ci sono persone che mettono in sicurezza l’area. Devi preoccuparti della tua sicurezza, quindi hai bisogno di essere autosufficiente. Bisogna tenere presente che, quando esci dai comprensori, le persone intorno a te sono le stesse e le uniche ad essere in grado di salvarti. Devi fidarti di loro. Il kit composto da artva, pala e sonda è essenziale per sciare in sicurezza. È utile anche l’airbag per galleggiare sulla valanga e non rimanere sommerso dalla neve e ovviamente ti serve anche il casco. 


Poi immagino che occorra stare attenti.

Si, certamente. Per imparare a sciare in sicurezza fuori dalle piste occorre tempo ed esperienza, non si impara sui libri. Devi viverlo e capire come funziona, devi essere in grado di capire gli strati della neve, il ruolo del vento e il tipo di terreno. È interessante, ma ci vuole tempo ed esperienza. Se si comincia con il kit APS direi che è l’approccio giusto. 

Sei stato l’atleta più giovane a partecipare al FWT e nel 2017 ti sei laureato campione del mondo per la prima volta. Nonostante gli ottimi risultati, hai dichiarato di non sentirti ancora arrivato al top. Cosa credi che ti manchi?
Quando ho cominciato a fare freeride avevo tre obiettivi. Il primo era partecipare al Freeride World Tour, il secondo vincere la Verbier Extreme e il terzo diventare campione del mondo. Ne ho raggiunti due su tre e mi sto allenando per vincere a Verbier. Sono arrivato secondo due volte quindi ci sono vicino, ma non ho ancora centrato l’obiettivo.

 

Quest’anno il FWT ha un nuovo formato: i 12 migliori vengono selezionati già dopo le prime tre tappe e poi ci sono due finali di cui la prima in Austria al meglio delle due. Come commenti questo cambiamento?
È interessante, sono abbastanza curioso di vedere come andrà in Austria e a Verbier. Sono entusiasta perché abbiamo due possibilità per esprimerci e questo diminuisce la pressione della run unica. Credo che lo spettacolo sarà interessante.


Sei al decimo posto del ranking del FWT, qual è il tuo obiettivo per quest’anno?

Mi sto riprendendo da un infortunio: ho rotto il crociato anteriore lo scorso anno a Verbier. Da quando ho saputo della rottura, il mio obiettivo è stato tornare alla finale di Verbier. Dieci giorni fa in Canada ho passato la selezione quindi ho raggiunto il primo traguardo: parteciperò alla seconda parte di stagione. Ora mi sto allenando per il podio (o addirittura per la vittoria) a Verbier, vedremo.


Oltre alle grandi abilità, bisogna anche allenarsi duramente per diventare atleti di freeride. Come ti prepari alle competizioni?

Le competizioni di freeride sono un particolari perché devi essere in grado di esprimerti su qualsiasi tipo di terreno che si possa trovare. Devi allenare la tua sciata e i tuoi tricks su tutti i terreni che ci possono essere fuori dai comprensori (dalla neve polverosa a quella ghiacciata). L’obiettivo degli allenamenti è proprio avere confidenza in tutte le situazioni. Inoltre è importante essere fisicamente pronto, quindi prima delle gare mi alleno sempre per essere forte sulle gambe e in tutto il corpo.


Visto il repentino cambiamento climatico di questo periodo, quale futuro ti immagini per il freeride?

Non sono troppo preoccupato per il mio sport perché con il cambiamento climatico le persone vivono la montagna in modo più rispettoso. Il freeride sta crescendo sempre di più. Per le nostre gare non usiamo la neve artificiale, ma sono quella che l’inverno ci regala: questo per me è il modo migliore per esplorare la montagna. Sono abbastanza fiducioso per il futuro e sono sicuro che le persone praticheranno sempre di più il freeride perché vogliono sentirsi liberi.

Oltre alle competizioni, la tua passione per la montagna ti ha portato a viaggiare lontano: Cile, Groenlandia, Giappone e anche Siberia. Come ci si prepara a questo genere di esplorazione?
Fin da quando sono piccolo ho avuto l’opportunità di viaggiare con i miei genitori, credo di essere stato infettato (dal virus dei viaggiatori) così. Crescendo ho realizzato che sciando avrei avuto l’opportunità di esplorare nuove montagne, vivere tante avventure e conoscere molte culture. Viaggiare con i miei sci è sempre stato un mio sogno. Mi sono informato sul modo in cui si preparano gli esploratori più grandi di me e quale fosse la loro visione; ho cercato di fare lo stesso, ma con la mia idea: cerco le montagne sulla mappa. Ora vorrei dare ancora più spazio ai viaggi rispetto a quanto abbia fatto in passato. Sono più di dieci anni che faccio gare e credo che i miei sci abbiano bisogno di qualcosa di diverso dal Freeride World Tour.


Hanno bisogno di essere portati su montagne nuove.
Si, assolutamente. Non voglio dire che non mi interessano più le competizioni, ma vorrei fare qualcosa di nuovo. I viaggi sono un tipo di avventure che ti permette di essere messo alla prova e riassaporare l’adrenalina che avevo all’inizio.


Qual è stato il viaggio più soddisfacente?

Tutti I viaggi sono diversi quindi è abbastanza difficile scegliere il più soddisfacente. Sciare in Groenlandia è sicuramente qualcosa di molto speciale. Anche sciare in Pakistan, con tutte le grandi montagne intorno è stato epico. Non c’è un singolo viaggio da ricordare, rimane l’esperienza totale.

Hai percorso la parete nord del Aiguille du Midi dove la linea di discesa è obbligata. L’impossibilità di scegliere la linea e non poter saltare le rocce è per te un limite?
No, lo sci ripido è una specialità che mi piace molto. Lo scopo di questa disciplina non è scegliere la linea più bella ed essere il migliore, ma è realizzare quella linea. La discesa è la ricompensa dopo aver raggiunto la cima, è davvero interessante.


In montagna ci si trova a dover affrontare terreni difficili, quanto è importante avere dei buoni materiali tra sci e scarponi?
Non appena mi trovo comodo con i materiali, mi sento più forte e il limite si sposta molto lontano. È davvero importante per me avere buoni materiali. Sono felice di essere parte del team Vibram perché producono i migliori materiali che si possano desiderare per le proprie avventure.


Vorresti dare qualche consiglio ai giovani che stanno cominciando ad approcciarsi al freeride?

Le soddisfazioni arrivano, prendetevi il vostro tempo e godetevi l’esperienza.