Light Lines

Light Lines: luminose discese immortali

Text by: Eva Toschi

Photos by: Adam Gairns, Terje Valen Hoihjelle e Vegard Aasen

In preparazione alla chiacchierata che devo fare con Vegard Aasen e Calumn Macintyre, le due anime di Light Lines, mi trovo immediatamente ad ammirare il loro progetto fotografico: 10 immagini, 10 linee tracciate nel buio del nord.

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Una, in particolare, coglie subito la mia attenzione; non tanto per la sua diversità ma piuttosto perché l’ho già vista, mostrata su uno smartphone in una grigissima giornata primaverile in Lapponia da Martin, uno degli skier che ha preso parte al progetto. Martin ha iniziato a parlarmene ponendo l’accento su quanto fosse stato difficile coordinarsi per creare lo scatto perfetto; per ottenere esattamente quello che Vegard aveva immaginato e voleva riprodurre. Già solo la parte “tecnica”, mi aveva affascinata; quando poi, intorno a un fuoco e bevendo una birra alla luce del sole di mezzanotte siamo passati a parlare delle motivazioni e del significato che aveva quella foto ero totalmente conquistata.

Per mesi sono rimasta senza saperne più nulla (dello scatto, s’intende) e poi eccomi qui: ci rincontriamo per caso. E se a uno scatto se ne aggiungono altri 9, altrettanto coinvolgenti se non di più, e alle spiegazioni di Martin si aggiungono le parole appassionate dei due ideatori del progetto, ecco che diventa facilissimo innamorarsene. Come dice Calumn, ma di questo ne parleremo quanto prima, basta un istante e può succedere di tutto.

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Finalmente mi ritrovo a parlare con due persone che sono distanti migliaia di chilometri ma con cui già so di condividere una cosa molto importante: la correlazione tra uomo e natura e la sua espressione tramite lo sport outdoor e l’arte. Ah si, anche un amico, Martin. Inizialmente mi ero preparata molte domande da fare al fotografo, Vegard, pensando erroneamente che Calumn fosse “solo” uno dei rider che aveva preso parte al progetto, ma dopo che alla prima domanda mi risponde proprio quest’ultimo, capisco subito il suo coinvolgimento. É stato Calumn ad accendere la scintilla, a far capire a Vegard che con la fotografia si potesse andare oltre alla spettacolarità delle immagini; che si poteva trasmettere un messaggio e scuotere gli animi, che si potesse politicizzarsi.

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“Molte persone nel settore outdoor ” mi dice Calumn. “Hanno paura di essere giudicate se esprimono idee radicali e politiche, hanno paura di esporsi. Sono stufo di questo sistema basato sui sensi di colpa personali e su quello che possiamo fare “nel nostro piccolo”. Dobbiamo rendere le nostre preoccupazioni le preoccupazioni di tutti, e possiamo farlo solo se insieme agli altri. Non abbiamo idea del potere che abbiamo, come comunità. Per questo è importante veicolare un messaggio, e noi abbiamo deciso di farlo partendo dall’arte fotografica, per poi andare più a fondo tramite la parola, scritta o parlata”.

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Dell’impatto che poteva avere una foto se ne sono accorti insieme, dopo aver scattato “The Man in the Moon”, una foto che ha scattato Vegard e che ritrae la sagoma di Calumn dentro la luna piena mentre sale in solitaria sulla vetta dell’Austabotntind. Il feedback che arriva è che la foto aveva fatto ragionare su quanto l’uomo apparisse piccolo in relazione a questi spazi selvaggi. Così, insieme alla guida di Calumn, ambientalista con tantissima esperienza ed esperto di cambiamento climatico, Vegard prende il coraggio di politicizzarsi e di usare la sua voce e la sua arte per trasmettere un messaggio.

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“Perché non scattare una foto di qualcuno che scia il canale che taglia a metà la parete nord del Austabotntind illuminando la sua discesa con una frontale e scattando in lunga esposizione dalla montagna di fronte?” Chiede Vegard a Calumn di ritorno dallo scatto che avevano appena portato a termine sulla stessa montagna. “Vorrei immortalare una linea di luce che segna spettacolarmente la montagna, bilanciando attentamente la luce chiara della frontale con quella del cielo scuro”.

Ma qual è questo messaggio e cosa vogliono dire 10 foto scattate su 10 iconiche cime norvegesi di una linea di discesa disegnata dalle frontali di chi scia? Immediatamente penso al volere sottolineare le tracce che lasciamo, noi esseri umani con le nostre voglie e vanità, nei luoghi selvaggi. Ma capisco subito che è una visione superficiale, che vede solo una parte dell’immagine. Il soggetto e non l’insieme. Allora per andare un po’ più a fondo la domanda da fare è semplice: “Come mai avete deciso di usare le luci come simbolo delle tracce umane?”

“Sei un po’ fuori strada” – mi risponde Calumn – “Ma ti spiego subito. !uando un politico decide di consentire lo sviluppo nella natura selvaggia, la decisione viene presa in una frazione di secondo, ma le conseguenze sono eterne. Il paesaggio non tornerà mai più come prima. Le linee di luci, immortalate con la lunga esposizione, rappresentano proprio quei secondi, quel lasso di tempo brevissimo che può cambiare il futuro di un luogo per sempre“.

Mi ritrovo molto affascinata da questo modo di interpretare, anzi di scegliere di comunicare, il messaggio dietro a queste foto. Rimango sconvolta soprattutto dal sapere, e lo capisco grazie alle spiegazioni di Calumn e Vegard, che la situazione in Norvegia non è come la si immagina da qui. Non è tutto oro quel che luccica e le loro luci di discesa lo mettono in evidenza. La natura selvaggia norvegese è sempre più minacciata dallo sviluppo: dal 1900 ne è stata sacrificata circa il 40% e si continua anche oggi su questo trend per favorire gondole, impianti idroelettrici ed autostrade.

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“Ho iniziato a capire che c’è un problema sistemico nel modo in cui le persone valutano la natura selvaggia” dice Calumn. “Si dice che non ci si rende conto di ciò che si è perso finché non è scomparso, e questa è la sensazione che provo in Norvegia, dove vivo ora, 20 anni dopo averci viaggiato da bambino”.

Scopro che dal 2014, in Norvegia sono state presentate 22.000 domande di costruzione in aree protette, di cui 19.000 sono state approvate. Sono numeri giganti, che per essere contrastati necessitano di coinvolgimento ed un interesse pari se non superiore.

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Chiedo ai ragazzi se hanno mai ricevuto un feedback riguardo al loro progetto da parte delle istituzioni norvegesi e Calum mi risponde raccontandomi un episodio che spiega molto.

“A dicembre del 2022 Espen Barth Eide, Ministro del Clima e dell’Ambiente, è andato a questa conferenza sulla natura e il clima che si svolgeva a Montreal, dove ha parlato a favore di un progetto che prevedeva la protezione del 30% della superficie terrestre dallo sviluppo. Questo fatto ci ha dato molta speranza vedere che i politici potessero realmente cambiare lo stato delle cose, così abbiamo deciso di regalare la foto di Ringstind, quella che a detta di tutti la faceva sembrare una stazione sciistica, a Espen Barth Eide per il lavoro svolto su questo accordo e per ispirarlo a mettere la natura in cima all’agenda politica anche in patria. Abbiamo presto saputo che una volta tornato a casa, il nostro ministro ha approvato un progetto per un’autostrada in una riserva naturale così alla fine gli abbiamo scritto una lettera spiegandogli che avevamo pensato di mandargli la foto ma che per via di quello che aveva fatto abbiamo deciso di mettere la foto all’asta e utilizzare i proventi per pagare un avvocato che lotti contro la costruzione dell’autostrada in tribunale”.

Una decisione di impatto, richiede una reazione d’altrettanta forza.

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Imparo molto parlando con Calumn e Vegard, soprattutto su cosa si possa fare con la propria arte; su come possa e debba essere utilizzata e su che potere abbia. La fotografia, la scrittura, il disegno possono mandare un messaggio chiaro, smuovere coscienze e creare dubbi, senza per forza dare risposte. Perché nessuno di noi ha una risposta quando si pensa a cosa si possa fare per preservare la natura e il suo futuro – che poi corrisponde al nostro. Ma avere dei dubbi, porsi delle domande è la partenza di tutto.

E una foto, una parola, una luce che dura un frammento di un secondo, può essere l’inizio di qualcosa destinato a cambiare tutto, a stravolgere il futuro, anche per il meglio.

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