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Simon Messner, metà alpinista e metà videomaker

By Gianluca Gasca


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“Io sono una persona che divide la sua vita a metà tra l’alpinismo e il lavoro come videomaker. Non mi sento di essere un atleta tutto tondo, per ora la montagna è il mio spazio di libertà”. A raccontarsi con queste parole che respirano d’umiltà è Simon Messner. Simon, classe 1991, porta un cognome importante, è infatti figlio di Reinhold. Un nome che in campo alpinistico non passa certamente inosservato e che avrebbe potuto, con il suo peso, indirizzare le decisioni di vita dell’unico figlio maschio verso qualcosa di lontano dal mondo verticale.

Simon sa camminare con le sue gambe, senza troppo farsi influenzare dalla dimensione paterna. “Ho iniziato ad andare in montagna tardi” ci spiega. “Avevo sedici anni la prima volta in cui ho provato a scalare” e non deve essersela cavata così male visto quel che sa fare adesso. La montagna ha sempre fatto parte della sua vita, “fin da piccolo ascoltavo affascinato le storie di papà, le epopee di Walter Bonatti, la saga dei tedeschi sul Nanga Parbat e molti altri racconti” che probabilmente hanno stimolato la sua fantasia a tal punto da spingerlo, anni dopo, a voler provare in prima persona cosa significa scalare una montagna, salire pareti inviolate e tracciare nuove vie.

Il suo esordio nel mondo dell’alpinismo al fianco dell’azienda bolzanina Salewa è stato subito notevole rendendosi protagonista, la scorsa estate in Pakistan, di due exploit di grande livello: la prima ascensione del Geshot Peak (6200 m) in solitaria e la prima ascensione del Black Tooth (6718 m) insieme a Martin Sieberer. La salita al Geshot Peak in realtà non sarebbe dovuta avvenire in solitaria, ma in compagnia di Reinhold, anche lui in Pakistan per le riprese del nuovo film. “L’idea di salirlo nasce da lui, da quando aveva visto una possibile linea nel 1970”, idea poi sempre accantonata fino a oggi. “Saremmo dovuti salire insieme, ma la grande quantità di neve caduta nel corso della passata stagione ha reso davvero molto difficile il percorso”. Così Simon prende la decisione di provare da solo, perché “in solitaria riesci a gestire meglio i pericoli e a essere più veloce”. Anche sul Black Tooth il maltempo si è messo di mezzo complicando i giochi. “Quando siamo arrivati in vetta eravamo completamente immersi nel white out, non vedevamo nulla attorno a noi” e la discesa non è certo stata facile. “Oltre ai problemi di visibilità non abbiamo potuto portare con noi la tenda perché il terreno era eccessivamente ripido”, non avrebbero quindi saputo come poterla ancorare al terreno. “Per questo abbiamo realizzato la salita i giornata iniziando poi subito la discesa e continuando per tutta la notte successiva” in modo da non rimanere bloccati in quota dal maltempo.

“Quando siamo arrivati in vetta eravamo completamente immersi nel white out, non vedevamo nulla attorno a noi”

Alpinista e videomaker 

Oggi Simon è un videomaker di successo, con Reinhold ha messo in piedi una casa di produzione cinematografica e realizzano film di montagna. Vanno a riscoprire, e tramutano in pellicola, vicende epiche che oggi fanno parte della storia dell’alpinismo.

Non era però questa la strada che avrebbe voluto intraprendere un più giovane Simon. Dopo le scuole superiori si è infatti dedicato agli studi in biologia molecolare, “un campo scientifico molto interessante e promettente, purtroppo però il laboratorio non è il mio mondo” ci spiega. “Non sono fatto per stare dieci o undici ore dietro una scrivania, soprattutto se fuori splende il sole”. Il suo piano, dopo gli studi, era quello di trovare un modo per “lavorare il meno possibile così da poter dedicare quanto più tempo alla scalata”. Un giorno poi Reinhold va da lui e con semplicità gli dice: facciamo film di montagna insieme. “Non era una domanda, ma un’affermazione . All’inizio sono rimasto sorpreso e non sapevo bene come prendere la cosa poi, ragionandoci, mi sono convinto a imbarcarmi in questa nuova avventura”.

L’alpinismo come libertà

“Scalare porta con se un senso di libertà” racconta. “Per questo non so ancora bene se voglio diventare un vero professionista della montagna o rimanere un videomaker”. Simon è un alpinista anomalo, non ama raccontarsi attraverso i social, vantarsi delle sue imprese in diretta. Il suo profilo Instagram rimane in silenzio per mesi quando è in spedizione, al ritorno poi posta qualche foto, un paio di video, e racconta la scalata. Nessun eclatante annuncio accompagna le sue partenze verso luoghi incogniti. “Dentro di me i sentimenti più forti si scatenano quando scalo su montagne inviolate in aree remote”, dove puoi fare affidamento solo sulle tue forze e sulla tua capacità decisionale. “Dove nessuno può già dirti come andrà a finire, è così che immagino la scalata perfetta”.

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