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Un viaggio in solitaria in Islanda

Non tutto è sempre rose e fiori.

…ma non è proprio questo ciò che cerchiamo? Lo straordinario. Quel passo in più fuori dalla nostra comfort zone? Non è questo ciò che ci fa sentire vivi?

8 settimane di viaggio in solitaria in Islanda. 8 settimane passate vivendo in un van. Diciamo che l’Islanda è stata una vera e propria esperienza.

Mentirei se dicessi che il viaggio è stato semplicemente “fantastico”. Non è stato esattamente simile a quello che potete vedere su Instagram ogni giorno. No, viaggiare è un continuo saliscendi, soprattutto quando si viaggia da soli. La pioggia ha sferzato senza interruzioni per settimane. Sempre bagnata, sempre al freddo. L’umidità nel furgone di notte diventava ghiaccio. 

Ma non è mancata la bellezza. Mi piace chiamarla “la meravigliosa lotta”. Impari, cresci ogni giorno grazie a tutte le sfide, e quando ti svegli con una bellissima alba in mezzo al nulla ne vale veramente la pena. Tutto ha di nuovo un senso.

Viaggi come quello fatto in Islanda ti fanno tornare in contatto con te stesso, aprire i tuoi sensi, aiutarti a concentrarti e a rivalutare.

Perché l’Islanda? Volevo scoprire l’isola dato che non ci ero mai stata e, al tempo stesso, catturare un certo pesce. Il genere di pesce per cui l’Islanda è conosciuta e famosa. Le acque del posto ospitano principalmente salmoni marroni di 30cm e occasionalmente temoli. Se sei fortunato e conosci bene il territorio potrebbe anche capitarti di catturare un esemplare di 40-45cm, ma oggigiorno è raro e molto speciale. Pesco il 99% delle volte con esche artificiali, di solito intorno ai 20 CDC.

Negli ultimi due anni ho praticamente trascorso tutte le estati a mollo nelle mie acque di casa sui Monti Metalliferi in Germania. Mi sono infortunata mentre sciavo e la pesca era praticamente l’unica attività che potessi praticare senza provare eccessivo dolore. Quindi ho preso in mano una canna da pesca e, esattamente come con tutto quello che faccio nella mia vita, ovvero o tutto o niente, mi ci sono dedicata a tempo pieno fino a diventarne un’appassionata un po’ nerd. Ho trascorso quasi ogni giorno nel fiume e beh, mi è piaciuto un sacco!

Andare a pesca mi sembrava quasi come una piccola vacanza, una pausa dalla vita quotidiana, semplicemente una pratica molto rilassante. Mi aiuta a trovare l’equilibrio, mi insegna la pazienza e ho trovato un grande legame con la natura, lo stesso che trovo anche nello sci ma in un modo molto diverso. Le due cose semplicemente si muovono a un ritmo diverso e io con loro.

Mi sentivo quindi pronta e affamata per una nuova esperienza. Avevo grandi aspettative e zero piani. Sono salita sulla barca che dalla Danimarca porta all’Islanda rilassata, sapendo che avrei avuto i successivi 3 giorni di traghetto per pensare ad un eventuale piano. Onestamente non c’è stato un vero piano perché non ne avevo bisogno, volevo piuttosto concentrarmi sul presente e seguire il flusso, qualunque cosa facesse galleggiare la mia barca.

I primi due giorni sono stati impegnativi. Ho scoperto quanto fosse difficile e costoso ottenere i permessi. Poi mi è stato detto di provare a suonare alle porte delle fattorie più vicine alle acque in cui avrei voluto pescare. All’inizio l’ho trovato un metodo strano, ma alla fine si è rivelato effettivamente il modo giusto. Poco dopo il mio arrivo mi sono messa in contatto con Maros (@jungleindatrout) che è una guida residente nella parte meridionale dell’isola. Originario della Slovacchia, ha deciso di trasferirsi in Islanda inseguendo e catturando grosse trote. Questo è quello che fa. Questo è ciò in cui è davvero bravo, ma ehi, è anche un tipo forte. Mi ha aiutato molto, mi ha dato consigli e una grande mano.

Il clima era secco da settimane, ma appena sono sbarcata ha iniziato a piovere a dirotto. Quindi in pratica siamo passati dall’assenza di acqua a molta acqua colorata e non abbiamo potuto pescare ciò che speravamo.

Poi mi sono recata verso sud ovest perché ho avuto la fortuna di entrare in contatto con il club di pesca locale, il cui manager e le cui guide sono stati super disponibili e felici di collaborare.

Ho avuto modo di pescare in fiumi davvero magici e sicuramente in alcune delle acque più belle in cui io abbia mai messo piede. Come il fiume Leirvogsa, con i suoi 30km di curve tortuose, rapide, stagni. Questo fiume si trova appena fuori dalla capitale Reykjavik. È abbastanza piccolo da poterlo affrontare con relativa tranquillità ma nelle sue acque nuotano pesci incredibilmente grandi.

Il giorno precedente l’ho passato ad esplorare e conoscere un po’ il fiume. Ma sentivo così tanto la pressione del voler catturare finalmente QUEL pesce che quasi la notte non sono riuscita a dormire. Quando mi sono svegliata ero super nervosa, proprio come prima di una gara importante.

“Calmati, Anna. È solo pesca ed è divertente!”

Ho preso tutta l’attrezzatura e sono scesa verso la zona che più mi aveva colpita quando ci ero passata accanto il giorno prima.

Ho pescato per circa 30 minuti e in un batter d’occhio ho messo a punto un primo grande colpo grazie ad una semplice esca Sunray Shadow e caspita, che colpo!

Abbiamo combattuto per circa 5 minuti, ma poi il pesce è saltato su mostrando la sua reale dimensione e la sua vera bellezza.

Porca miseria, era il pesce più grande che avessi mai visto e mai provato a pescare. Il mio cuore ha iniziato a battere fortissimo.

Dato che ero sola, sapevo che l’unica possibilità di vincere contro quel mostro sarebbe stata stancarlo, ma ovviamente volevo comunque assicurarmi di farlo rapidamente in modo da poterlo liberare il più velocemente possibile.

Dopo circa 20 minuti ho pensato che fosse finalmente abbastanza stanco e ho cercato di afferrarlo per la pinna posteriore. Si è però divincolato rapidamente, liberandosi dall’amo e riuscendo infine a fuggire.

Mancava così poco! Ho perso il pesce della mia vita ma è stato comunque un momento piuttosto emozionante. Un salmone maschio di 100cm, come direbbe il mio amico e guida Arni (@icelandic_troutbum), un “dannato coccodrillo”. Non ho potuto farne a meno e ho pianto come una bambina. Capisco che la maggior parte delle persone non capirà e va bene così. Ma per me in quel momento, beh, tutto faceva schifo. Gli ultimi due giorni sono stati duri sia fisicamente che mentalmente.

C’è stato un tempo pessimo per due settimane di fila, ci ho provato molto, ho fatto millemila lanci e ho cercato di catturare IL pesce. Niente. Sembrava che niente stesse andando nel verso giusto ma nonostante il tempo e le condizioni terribili ho continuato a provarci. Ad un certo punto ho capito che il problema ero io. Avevo messo così tanta pressione su me stessa che la cosa mi si è ritorta contro.

Dopo il primo bestione mi sono trovata a combattere contro altri due grandi pesci quella stessa mattina. Il secondo saltava e sgusciava come un matto. Una vera bellezza, di un colore argento brillante! Ma la mia lenza si è spezzata. 

Il terzo pesce prendeva molta lenza e cercava di scappare controcorrente. Si è infilato tra alcune rocce, il mio tippet si è bloccato e il pesce è riuscito a scappare. “Beh, fan****o str***o!”

Ero stanca e triste. Quei pesci erano semplicemente troppo grandi per riuscire a catturarli da sola. Ma poi quello stesso giorno sono finalmente riuscita a pescare i miei primi due salmoni grazie al mio amico Arni che si è unito a me di notte per darmi una mano. Erano due esemplari ancora piccoli però, niente in confronto a quello che avevo sperimentato quella mattina, ma ehi, erano comunque dei salmoni. 

Quindi sì, la giornata mi ha un po’ amareggiato… 

Ma almeno avevo portato a termine qualcosa.

A parte la pesca, riassumerei così il mio viaggio in Islanda. Ho incontrato più pecore che persone, ho avuto modo di vedere i luoghi più strabilianti, ho sperimentato venti così forti da non riuscire ad aprire la portiera della macchina, ho visitato un milione di meravigliose cascate, ho camminato fino alle cime di montagne dalla cui vetta si avevano viste mozzafiato fino al profondo dei fiordi. Ho pescato in acque perfette, ho guardato l’aurora boreale da una sorgente termale. Sono salita sul vulcano attivo Fagradalsfjell 5 volte fino a quando ho finalmente visto scorrere la lava. E accidenti, che sensazione straordinaria! È stato un vero e proprio contatto diretto con la natura che mi ha dato modo di sentirne le forze, così ruvide, così pure, così feroci.

Mi piace concedermi il tempo necessario per immergermi davvero in ciò che mi circonda. È qui che entra in gioco la fotografia per me. Mi dà quello scopo in più, quella ragione per spingermi sempre un po’ più oltre, per sperimentare un po’ di più.

Il Fly Fishing ha un significato simile per me. Simile ma diverso. Mi rallenta. Mi regala  questa connessione fisica e tangibile con l’acqua e con la natura che non ha rivali.

Penso che aggiungendo queste attività extra alla propria esplorazione del mondo si crei una connessione molto più avvincente e appagante con la natura. Ti permette di esplorare posti che altrimenti non raggiungeresti e ti offre prospettive che potrebbero semplicemente sfuggirti.

Ho esplorato un luogo che è ancora così selvaggio e vasto. Il tipo di posto che ti fa sentire piccolo e umile. Un posto che non è paragonabile a nulla che avessi mai visto prima. E il fatto è che ho fatto ben di più che esplorarlo. L’ho vissuto. Lo straordinario, le rose e i fiori.

“La meravigliosa lotta.”