Stay Hungry, Stay Foolish.

By Dario Toso

Il 21 dicembre del 1968 una navicella spaziale statunitense partì verso la Luna con a bordo 3 astronauti: il comandante Frank Borman, il pilota del modulo di comando James Lovell e il pilota del modulo lunare William Anders.
L’Apollo 8 fu la seconda missione con equipaggio del programma spaziale statunitense Apollo, la prima con a bordo degli uomini a lasciare l’orbita della Terra.
Una delle missioni più significative del programma Apollo, che ha aperto le porte dell’incredibile esplorazione oltre i confini terrestri. A meno di un secolo di distanza dall’invenzione della bicicletta e dell’automobile l’Uomo ha oltrepassato i limiti dell’impossibile.

Durante questo fantastico viaggio verso l’ignoto i tre astronauti fecero probabilmente uno dei più grandi regali che l’umanità abbia mai ricevuto. Ad una distanza di circa 30.000 km dal suolo, William Anders, scattò la prima immagine della Terra presa nella sua interezza. Il Sud è in alto e l’America meridionale al centro.
Nella fotografia, nota come Earthrise, la Terra è avvolta nel suo oscuro vuoto e non solo sembra infinitamente bella, ma anche infinitamente fragile. Questa meravigliosa immagine cristallizzò e cementificò il senso di vulnerabilità del pianeta che Silent Spring aveva risvegliato sei anni prima. Il suo effetto è stato enorme: l’uomo ha per la prima volta visualizzato i limiti del suo spazio vitale.
Non è un caso che qualche anno più tardi, un gruppo di studiosi del MIT di Boston, pubblicò uno studio commissionato dal torinese Aurelio Peccei, dal titolo “I limiti dello Sviluppo” che, per la prima volta in maniera scientifica, mostrò come il modello di sviluppo lineare basato sulla logica “take-make and dispose” fosse semplicemente insostenibile su un pianeta dalle risorse limitate. Un concetto banale, che solo oggi, a distanza di 50 anni, anima gli interessi economici mondiali con l’affermarsi dell’Economia Circolare.
Tra i tanti effetti positivi di questa immagine, l’Earthrise ha dato lo stimolo allo scienziato britannico James Lovelock per formulare la nota teoria di Gaia secondo cui il pianeta si comporta come un unico gigante organismo – che possiede un sistema di controllo su scala planetaria in grado di mantenere le condizioni per il sussistere della vita.
Questa affascinante teoria pone le sue basi su quella che è la scienza dei sistemi complessi in grado di cogliere l’incredibile magia della vita, le connessioni tra gli organismi e la materia, in un flusso costante di scambio e interazione.

Spesso definita come “La rete della vita”, l’interrelazione tra gli organismi e la materia è alla base della biodiversità, dove tutti i fili formano un bellissimo disegno. E quel disegno sta oggi venendo distrutto per mano dell’uomo, capace sì di impressionare su pellicola la Terra vista dallo spazio, ma anche di produrre oltre 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti all’anno.
Com’è possibile che la creatura più intelligente che abbia mai camminato sul pianeta Terra stia distruggendo la sua stessa casa, così repentinamente e in maniera così consapevole?
Negli ultimi due secoli, con l’avvio della rivoluzione industriale si è assistito ad un cambio epocale di prospettiva che ha progressivamente allontanato l’uomo dalla saggezza basata sullo stretto contatto con la natura proiettandolo in una dimensione artificiale alimentata da un ottimismo positivista miope.
L’Earthrise è iconica da questo punto di vista: da un lato una navicella emblema della modernità e frutto della competizione per la conquista dello spazio che “fotografa”, guardandosi indietro, i limiti del nostro pianeta.
Eppure, il problema che stiamo vivendo oggi è un problema prospettico, nessuno ha imposto all’uomo l’attuale modello di sviluppo socio-economico con tutte le problematiche che questo comporta, nessuno ci ha imposto un sistema che sfrutta le risorse per produrre un benessere basato sul possesso di oggetti di consumo: l’uomo è la prima specie sulla Terra ad aver introdotto il concetto di rifiuto, di sottoprodotto, di inquinamento.
In Natura ogni output è risorsa e il fine ultimo è quello di sostenere la vita.

Tuttavia, questo modello non è statico, ma il frutto di uno stadio evolutivo umano, che si sta evolvendo verso nuove forme. E osservando con attenzione i giovani ci si stupisce di come questo cambio generazionale possa essere rapido, basta dargli voce il prima possibile.

È necessario volgere lo sguardo alla bellezza della natura per cambiare prospettiva, fermarsi e riconsiderare quello che abbiamo intorno, i nostri gesti quotidiani, le priorità.

Immergersi nella natura per riattivare il nostro cervello: la materia più complessa dell’universo che contiene un numero di cellule pari a quello delle stelle della Via Lattea, circa 100 miliardi, in grado di formare centinaia di migliaia di miliardi di connessioni, una cifra a 14 zeri. In questi numeri si manifesta la magia della vita, la straordinaria bellezza dell’ambiente di cui siamo parte.

Per citare il meraviglioso “The whole earth catalogue”, che ha preso a prestito l’Earthrise per la copertina è necessario muoversi e attivarsi, in poche parole:

“Stay Hungry Stay Foolish”