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Stefi Troguet, l’alpinista con il rossetto

By Gian Luca Gasca

With Ferrino

Nell’estate 2019 è apparsa dal nulla in cima al Nanga Parbat. Era il suo primo Ottomila e di lei non si sapeva quasi nulla.

Stefi Troguet, andorrana classe 1992, ha fatto la sua comparsa in modo inaspettato. Non è da tutti scoprire l’altissima quota scalando la nona montagna della Terra. Il suo nome incute timore, riporta immediatamente al pensiero dei tanti alpinisti che vi hanno perso la vita. Eppure Stefi con il suo stile scanzonato e con quel dettaglio, quelle labbra carnose rosse di rossetto, ha reso allegro anche il Nanga Parbat. L’ha salito senza ossigeno, così come le dice di fare la sua etica personale. 

Passano due mesi e Stefi è di nuovo protagonista, questa volta sul Manaslu. Anche qui su fino in cima con semplicità, leggerezza, senza mai prendersi troppo sul serio e, soprattutto, senza bombole d’ossigeno. Un’esplosione di colori che ha saputo conquistare nel serioso mondo alpinistico. Si è saputa impossessare del suo spazio ad altissime quote con grazia e stile. Due caratteristiche che lasciano disorientati quando la si osserva salire con decisione verso la zona della morte. Oggi il suo sogno è completare la salita dei 14 Ottomila. Due li ha già nel cassetto, il terzo lo sta provando in questo momento.

 

Stefi, come sei arrivata agli Ottomila?

Penso sia stato un percorso naturale. Quando inizi a scalare ti poni degli obiettivi che ti spingono sempre più in là. Io ho iniziato sulle montagne di casa, quelle andorrane, e nel giro di poco mi sono ritrovata a girare il paese in lungo e in largo finché il pensiero non si è spostato verso altre mete. Sono arrivata sulla vetta più alta della Catalogna, poi dei Pirenei e dopo ancora sul Monte Bianco. Sono stata sul Kilimangiaro e sull’Aconcagua, ma anche in vetta all’Ama Dablam.

Tutte belle esperienze ma nulla di paragonabile al Nanga Parbat.

Il Nanga Parbat era un obiettivo molto grande e non sapevo come il mio corpo avrebbe potuto reagire a quelle quote. Per fortuna non ho avuto problemi ed è stata un’esperienza incredibile. Non voglio dire che sia stato facile, anzi. Ogni passo è duro da compiere sul Nanga, la vetta te la devi guadagnare. Se ci riesci allora diventa stupefacente.

 

Com’è nata la tua passione per la montagna?

Molto banalmente perché sono nata tra le montagne. Ho sempre amato la vita all’aria aperta e in mezzo alla natura. Inoltre mio papà è un maestro di sci e penso che mi abbia insegnato a sciare quando ancora non sapevo camminare. Crescendo ho fatto per molti anni agonismo e una volta adulta sono diventata anche io maestra.

 

Un paio di mesi dopo il Nanga Parbat hai salito il Manaslu e ora, dopo un anno di stop a causa del Coronavirus, stai provando il Dhaulagiri. Come mai questa montagna?

Dopo le prime positive spedizioni del 2019 mi sono innamorata dell’Himalaya. Nel 2020 purtroppo ho dovuto annullare i progetti a causa del virus che ha fermato il mondo. È in quel periodo che insieme a Jonatan García, il mio compagno di spedizione, ho iniziato a immaginare questa impresa. Lui ci ha già provato una volta, per me è un buon banco di prova per riprendere dopo questo duro inverno.

 

Ti riferisci al K2?

Sì, ho perso molti amici in questa stagione invernale. Mettermi alla prova sul Dhaulagiri mi è utile come test, non solo per il fisico ma anche per la mente. Ho bisogno di riprendere il contatto con la montagna, di entrare in simbiosi con lei per ritrovare la giusta motivazione.

Dopo questa prima esperienza ti aspettano, in estate, Broad Peak e K2. Due obiettivi davvero molto ambiziosi, come li immagini?

Non ho aspettative particolari. Voglio godermi l’esperienza prendendo quello che viene giorno per giorno. Ovviamente punto alla vetta e darò tutta me stessa per riuscirci, ma senza pressioni dall’esterno.

 

Con te in queste nuove avventure ci sarà anche un pizzico di Italia, quali prodotti ti supporteranno nelle tue scalate?

Sì, ci sarà tantissima Italia con me! Con Ferrino e La Sportiva mi sento come in famiglia. Mi hanno supportato fin dall’inizio, fidandosi di me e continuiamo ancora oggi. Dormire sotto le stelle con Ferrino mi fa sentire più sicura, senza parlare dei loro zaini disegnati per noi donn che sono bellissimi mentre l’abbigliamento e le scarpe La Sportiva sono la mia seconda pelle, senza di loro andare in montagna non è la stessa cosa.

 

Quali prodotti Ferrino utilizzerai per la tua salita?

Avrò tenda, zaino e sacco a pelo Ferrino. La tenda Maverick 2 della linea HighLab ci offrirà riparo anche nelle condizioni più estreme, poi il morbido e caldo saccopiuma HL Revolution e ancora lo zaino Instinct, leggero e resistente. In più avrò la tuta d’alta quota che hanno realizzato appositamente per me.

 

La Sportiva invece?

I loro prodotti li uso praticamente sempre, anche a casa. Per allenarmi, per correre, per fare sci alpinismo e anche qui in Himalaya. I miei preferiti sono gli scarponi Olympus, fantastici in altissima quota, e i TX5 GTX per il trekking di avvicinamento.

 

Toglici un’ultima curiosità, come mai usi il rossetto anche a ottomila metri?

Questo particolare sorprende sempre tutti. Nasce tutto da una mia questione caratteriale. Sono molto nervosa e spesso sfogo questo nervosismo togliendomi le pellicine dalle labbra. Il risultato non è molto bello da vedere, così ho iniziato a coprirle con il rossetto sia per mascherare il problema che per frenare il mio impulso. Poi ho continuato a usarlo e mi sono accorta che in montagna è anche utile a proteggere le labbra dal sole.

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