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Storia di un trekking in Andalusia: dal deserto alle montagne

By Kieran Creevy

Photo Lisa Paarvio 

Granelli di sabbia color ocra e oro ricoprono le nostre scarpe. Questi granelli, vecchi di millenni, modellati dal vento e dall’acqua, sembrano inconsistenti come se fossero polvere. Eppure, tutt’intorno a noi vediamo torri e mura alte centinaia di metri, scolpite in forme meravigliose da questi stessi granelli.

Mille chilometri a nord, i Pirenei stanno vivendo il pieno della stagione invernale, con alpinisti che giocano sulle loro pareti ghiacciate e sulla neve fresca. Qui, in Andalusia, siamo immersi in una luce intensa, nel caldo del deserto e nel frinire dei grilli.

Gli odori del deserto sono totalmente diversi, a giudicare dall’intenso annusare e dallo sbattere della coda di Whip. Sta immobile, il naso in aria, le narici dilatate mentre inspira l’odore di animali selvatici, polvere e un milione di altre molecole che non possiamo nemmeno immaginare. Mentre la sua esplorazione è guidata dal profumo, noi restiamo in piedi, sbalorditi dalla bellezza che si presenta davanti ai nostri occhi. Canyon e arroyo, dai colori super accesi, si snodano in tutte le direzioni.

Siamo tentati di uscire dal sentiero battuto ed esplorare uno degli innumerevoli wadi, ma questo paesaggio è incredibilmente complesso, quindi è importante attenersi ai sentieri segnalati.

Tuttavia, non è una costrizione seguire il sentiero, poiché ad ogni angolo rivela una nuova vista.

Canyon senza uscita e grotte incastonate su pareti sabbiose ricordano le immagini delle abitazioni rupestri Anasazi, arroccate su pareti rocciose.

A mezzogiorno, il caldo per Whip inizia ad essere troppo, quindi ci dirigiamo lungo un sentiero secondario alla ricerca di una fonte d’acqua segnalata da un cartello. Siamo tutti partiti con 2 litri d’acqua, più uno extra per Whip, ma l’ambiente desertico ci ha prosciugato più del previsto.

Purtroppo quando arriviamo alla sorgente siamo sfortunati perché tutto appare secco se non per una minuscola pozza di fango abitata da rane.

Tornando indietro scansioniamo le nostre mappe Komoot alla ricerca di acqua potabile.

La fonte più vicina è a oltre 20km di distanza quindi Carlos si offre di tornare alla macchina, riempire le borracce e raggiungerci più in basso lungo il sentiero.

La geologia del terreno è in continuo mutamento, improvvisamente un riflesso di luce cattura l’attenzione di Amaia e Lisa. Sparsi tutt’intorno ci sono minuscoli frammenti di minerali fossilizzati.

Le loro innumerevoli forme e colori e le origini preistoriche ci attraggono. Siamo solo brevi puntini sul nastro della storia di questo pianeta. Eppure, anche se siamo qui per un momento fugace, la bellezza che il mondo naturale può mostrarci e insegnarci ci regala al tempo stesso gioia e umiltà.

Avere la possibilità di viaggiare e lavorare in luoghi come questo è un tesoro senza prezzo. Rispettare e prenderci cura del nostro ambiente, e in particolare dei luoghi selvaggi, è un dovere che abbiamo verso noi stessi e verso le generazioni che devono ancora venire. Tenendo fede a questo pensiero, lasciamo il fossile dove lo abbiamo trovato, scattando solo una foto e immagazzinando dei ricordi.

Mentre il sole inizia la sua traiettoria discendente, iniziamo a pianificare la cena al tramonto sotto, si spera, cieli sereni e luminosi. Carlos ci dimostra la sua generosità ed eredità spagnola fornendoci pane fresco, salumi, formaggi locali e olive, tutto proveniente da un mercato vicino.

La mattina successiva ci mettiamo in moto più tardi del previsto, il freddo mattutino rallenta il nostro passo.

Un’ora dopo entriamo nelle inquietanti Badlands che ricordano gli Spaghetti Western degli anni ’70.

Guardando giù nelle profonde gole di Badlands, è facile immaginare individui che si nascondono per mesi e mesi. Il terreno ripido, i tornanti e le propaggini quasi infinite di arroyo renderebbero la ricerca di qualcuno in questo paesaggio un compito incredibilmente difficile.

Verso la fine del sentiero, il nostro pensiero si rivolge prima alle docce calde, poi alla nostra prossima destinazione. Per ore durante il nostro viaggio nel deserto di Gorafe, l’imponente mole del Cerro Jabalcon si è stagliato all’orizzonte. Un monolite solitario, in piedi nel deserto circostante, la sua grandezza ci chiama.

Il giorno dopo, freschi, riposati e con le pance piene, ci muoviamo. Questa volta il gruppo si divide.

Le previsioni sembrano un po’ incerte, quindi lascio la squadra al punto di partenza, nascondo l’auto dall’altra parte della montagna vicino a un altro sentiero più accessibile e decido di incontrarli in vetta.

Dopo il caldo e la luce del deserto, le tonalità verdi e le fitte foreste sono un balsamo per le nostre anime.

Grazie al profumo di pino, rosmarino e timo selvatico che sale con il tepore mattutino, mi perdo nei miei pensieri. Torno sul sentiero ma non vedo nessuno intorno a me. Molto più in alto, annidate sotto un massiccio strapiombo, ci sono una manciata di figure, sospese su funi. Le pareti sud e ovest del Cerro Jabalcon sono costellate di centinaia di vie e trad, le pareti offrono infatti il terreno di gioco ideale per i rock climber invernali.

Ma devo sbrigarmi a raggiungere i miei amici diretti verso la vetta, procedo a zig zag verso l’altopiano mentre le varie app meteo mi restituiscono un cielo sempre più scuro, preludio di una tempesta imminente.

Senza preavviso, una roccia smossa sotto ai miei piedi cede, ferendomi il ginocchio. Il dolore è immediato, come onde che si irradiano verso l’esterno. Mi fermo, sperando che sia solo un piccolo taglio.

Cerco di salire, ma anche solo un passo fa riaccendere il dolore. Sono fuori combattimento.

Invio dei messaggi ai miei amici dicendo loro cosa è successo. In risposta, ricevo parole gentili e un bellissimo scatto in vetta, con tende e sacchi a pelo pronti per il perfetto bivacco in montagna.

Sono combattuto, voglio unirmi a loro, soprattutto perché ho la cena nel mio zaino, ma so che lo sforzo potrebbe danneggiarmi ulteriormente il ginocchio.

Scendendo lentamente, sento avvicinarsi la tempesta mentre si alza il vento. Tornato alla macchina, ricevo un altro messaggio dal team. Sta calando l’oscurità e la tempesta si è intensificata. L’orizzonte è carico di nuvole temporalesche e illuminato da lampi. Il resto del team decide di scendere. Velocemente.

Sapendo che non mangiano da ore e che potremmo essere nel bel mezzo di una forte tempesta, mi dirigo in città per prendere del cibo. È completamente buio quando mi raggiungono, le lampade frontali illuminano il cielo prima ancora che io possa vederle. Dobbiamo trovare rapidamente un riparo per la notte. Il giorno prima avevamo individuato un complesso di case in affitto, quindi confidando nella fede e nel karma, chiamiamo i proprietari. Sono incredibilmente accomodanti e ci offreno di affittare una delle case all’ultimo minuto.

Trenta minuti dopo, siamo già spiaggiati sui divani, le pizze cotte nel forno a legna e le birre in mano. 

Ci addormentiamo come storditi.

Arriva il mattino, il cielo è pulito. Fuori le pareti bianche riflettono la luce, intensificando il calore e aiutando ad asciugare i nostri sacchi a pelo fradici. Qualcuno mi fa cenno. La squadra vuole che la cena di montagna prevista per la sera precedente venga consumata a colazione.

È ora di accendere la stufa.

Formaggio di capra con paprika affumicata, porri saltati in padella, jamon e nocciole tostate.

Ingredienti:

500ml di acqua

200-300g di polenta 

2 cucchiaini di sale

2 cucchiaini di pepe fresco macinato

2 cucchiaini di paprika affumicata

1 porro grande tritato

1 jalapeño tritato finemente

250g di formaggio grattugiato

1 cucchiaio di burro ghee

4 fette di jamon spagnolo

2 cucchiai di nocciole tostate tritate

Scorza di 1/2 arancia affettata finemente

Preparazione:

Portare l’acqua a ebollizione, ridurre a fuoco lento.

Versare delicatamente la polenta, mescolando bene per eliminare eventuali grumi.

Aggiungere le spezie, il jalapeño e cuocere fino a ottenere una consistenza simile al porridge sottile.

Aggiungere il burro ghee, il formaggio e mescolare bene.

In una padella fate soffriggere il porro, la scorza d’arancia e lo jamon mescolando.

Disporre la polenta nei piatti, aggiungere il mix di porri, arance e jamon, guarnire con le nocciole tritate.

Spezzatino andaluso di peperoni rossi essicati, pomodoro e cipolla con focaccia fresca.

Ingredienti:

350g di pomodori pelati, o 4 pomodori freschi affettati

2 cucchiaini di pasta di peperone rosso affumicato essiccato

1 peperone rosso tagliato a dadini

1 cipolla bianca finemente tagliata a dadini

1 cucchiaio di olio d’oliva

1 cucchiaino di cumino in polvere

1 cucchiaino di peperoncino in polvere

Sale

Focaccia fresca

Metodo:

In una padella scaldare l’olio d’oliva. Aggiungere la cipolla, la pasta di peperone, le spezie e un po’ di sale e cuocere finché la cipolla non sarà dorata. Aggiungere i peperoni tagliati a dadini, cuocere fino a renderli morbidi. Aggiungere i pomodori, cuocere fino a quando il composto inizia ad addensarsi. Assaggiare e condire se necessario. Servire con la focaccia fresca.

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