Image Alt

“The Finishers” della Barkley Marathons, un confronto con Alexis Berg

Photo Alexis Berg

Text Davide Fioraso 

Cosa serve per finire la Barkley Marathons? Chi sono quelli che ce l’hanno fatta? Cosa hanno capito o cosa avevano più degli altri? The Finishers, il nuovo libro del fotografo Alexis Berg, racconta la storia di quei pochi che ci sono riusciti.

Capitolo 1 – Alexis Berg: il fotografo

Chiunque sia appassionato di ultra running avrà familiarità con il suo lavoro. Alexis Berg è uno dei fotografi di corsa in montagna più iconici di tutti i tempi. Le sue immagini, più che testimoniare l’evento, trasportano la mente fino a farci diventare parte dell’azione. Affascinanti e crude, hanno la capacità di mettere lo spettatore nei panni del corridore, vivere la sua sofferenza, il suo dolore, la gioia, la lotta e l’entusiasmo.

“Mi sono appassionato a questo genere di fotografia un po’ per caso” dice Alexis, la cui prima esperienza risale alla Diagonale des Fous del 2013. “Accettai di seguire la gara di mio fratello Frederic, provando a fare qualche scatto.” Ignorando chi stesse fotografando, Alexis catturò due runner nel cuore della notte, illuminati dalla sua lampada frontale. Erano François d’Haene e Kilian Jornet, due dei migliori ultra trailer di tutti i tempi. “Non so ancora come abbiano trovato quelle immagini, ma una rivista tedesca prima, ed una francese poi, mi contattarono per pubblicarle. Da lì mi venne offerto di fotografare una gara, poi un’altra, poi un’altra ancora.”

In questo periodo relativamente breve, le immagini di Alexis sono apparse in pubblicazioni e riviste come L’Équipe, Marca, The Guardian, National Geographic, Men’s Health, Esquire, Runner’s World, Trail Runner Magazine. Ha collaborato con marchi come Salomon, Nike, The North Face, Hoka, Adidas, Patagonia, Red Bull, Asics e Columbia. È stato fotografo ufficiale dell’Ultra-Trail World Tour e delle Skyrunning World Series e seguito gare di prestigio internazionale come l’UTMB, la Marathon des Sables, la Western States, l’Hardrock 100, il Tor Des Geants, l’Ultra-Trail Mont-Fuji o la Transgrancanaria.

Capitolo 2 – La Barkley Marathons: una gara come nessun’altra

Una corsa unica, affascinante. Famosa quanto impossibile. Devastante psicologicamente e fisicamente. Una gara come nessun’altra. I partecipanti vengono selezionati tra coloro che trovano un modo per presentare domanda scritta e quota di iscrizione (1 dollaro e 60). I 40 fortunati scelti per correre ricevono una lettera di condoglianze, mentre i novizi che si presentano alle porte del Frozen Head State Park devono portare con sé una targa automobilistica del loro paese d’origine. Nessun GPS è consentito, ma verrà consegnata una mappa del percorso che rivelerà la posizione dei libri, veri e propri checkpoint che rappresentano la testimonianza del proprio passaggio. Il percorso è stato ispirato dal fallito tentativo di fuga di James Earl Ray, l’assassino di Martin Luther King, attraverso il paesaggio spietato che circonda il penitenziario di Brushy Mountain, 50 miglia a ovest di Knoxville, Tennessee. Pendii folli, disseminati di arbusti, vegetazione e fango. La gara va in scena su un circuito da ripetersi 5 volte, per un totale di 160km e un dislivello positivo pari a 16.000m, da coprire in un tempo massimo di 60 ore. Sempre che abbiate rispettato i precedenti cancelli orari.

Creata nel 1986 nel più totale anonimato, rimasta a lungo confidenziale, la Barkley Marathons è diventata mito e leggenda del panorama ultra-trail, sul quale veglia gelosamente il suo creatore: il magnetico Lazarus Lake. 

“Fino a tempi relativamente recenti, l’evento era conosciuto solo da veri addetti ai lavori, ma con la crescente popolarità del trail running e la limitata accessibilità di partecipazione, ha raggiunto uno status mitico.” Negli ultimi anni numerosi reportage e documentari (da Netflix a Canal+) hanno fatto conoscere la Barkley al grande pubblico, rendendola una delle corse più discusse del pianeta. Nel 2021, per il terzo anno consecutivo, la Barkley Marathons non ha registrato alcun finisher. Nella sua storia, soltanto 15 runner sono riusciti a tagliare il traguardo, circa l’1% dei partecipanti. John Kelly, dal 2017, rimane l’ultimo finisher della manifestazione con le sue 59h 30’53”.

“Non si può finire la Barkley senza rimanere profondamente segnati. È difficile spiegarlo a parole.” John Fegyveresi, Finisher 13.

Capitolo 3 – La prefazione di Lazarus Lake

“Quando Raw Dog e io abbiamo viaggiato zaino in spalla per il primo Barkley Loop, circa 35 anni fa, non ci immaginavamo cosa sarebbe diventata la gara. Dopo aver impiegato 10 ore per coprire i primi 12km, sotto una pioggia battente, sapevamo di esserci imbattuti in qualcosa di speciale.” Ci sarebbero voluti tre anni prima che qualcuno riuscisse a portare a termine la fun run, 3 dei 5 giri. Altri sette prima che qualcuno portasse a casa le cento miglia, altri sei perché la seconda e la terza persona si unissero a lui, un altro decennio prima che la reputazione della gara si diffondesse oltre quella comunità esclusiva di “persone che fanno questo genere di cose”. Ma, all’interno di quella comunità, la Barkley aveva già raggiunto proporzioni mitologiche. E quelli che l’avevano finita erano considerati leggende.

“Negli anni abbiamo scoperto che c’è qualcosa di diverso in coloro che si uniscono a quella breve lista di finalisti. Vengono tutti qui determinati a finire. Ma chi tocca il cancello cinque volte ha qualcosa in più. Lo vediamo nei loro occhi quando arrivano. Sono lì, ma non lì. Sono venuti solo per uno scopo. Tutto il resto è secondario. Potrebbero fallire. Potrebbero fallire ripetutamente. Ma non c’è mai una scusa. Ogni fallimento è visto solo come un’opportunità per migliorare.”

Lazarus non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato un giorno in cui finire la Barkley avrebbe avuto così tanto significato. Per la maggior parte dei concorrenti, si tratta di un momento decisivo nella loro carriera. Questi 15 finisher non sono necessariamente i più forti, i più veloci o i più dotati. Ma, dal momento in cui toccano il cancello per la quinta volta, ovunque vadano sono considerati l’élite. È qualcosa di meritato. Ci sono riusciti, dove centinaia hanno fallito. Sono l’1% dell’1%.

“Alla Barkley, il successo significa superare le nostre capacità e vivere per raccontarlo. A volte il successo è tirare fuori il culo vivo.” Lazarus Lake, fondatore della Barkley Marathons.

Capitolo 4 – Il Libro

Al di là dei numeri, ci sono 15 volti, 15 nomi, di cui non sappiamo quasi nulla. 15 profili che sono altrettanti enigmi. I finisher della Barkley formano una congregazione anonima. Chi sono questi uomini e queste donne? Chi sono queste persone capaci di sventare le trappole della Barkley? Cosa hanno capito o cosa avevano più degli altri?  “Volevamo trovarli tutti. Una ricerca che ci ha portato, nella primavera del 2019, ad attraversare gli Stati Uniti su e giù, per incontrare chi ha concluso la gara che nessuno è in grado di finire. Per svelare i misteri e le loro storie in questo fantastico libro di fotografie, racconti e interviste.” Riprende Alexis.

The Finishers racconta la Barkley. Racconta i miracoli del corpo umano di fronte all’estremo, si insinua nella meccanica della mente e disegna, uno dopo l’altro, il ritratto pieno e profondo di un calvario incomparabile. “Le loro parole tracciano la nascita dell’ultra-trail, raccontano frammenti di storia americana, la cultura dei grandi sentieri escursionistici e la tradizione dell’FKT. Sotto un portico della Virginia, su una poltrona in Oregon, di fronte alle montagne del Colorado o sotto il sole della California, i Finishers raccontano 15 destini americani. Sono falegnami, glaciologi, paramedici o ingegneri. Persone comuni che nascondono uomini straordinari.”

Lunghi ritratti, grandi storie ed elementi precisi per comprendere le basi di questo sport e capire il fenomeno della Barkley. Ogni incontro è stato un momento di grazia, cuore e intelligenza. Come per la gara stessa, il libro è un viaggio di scoperta a più livelli, che combina la fotografia di paesaggi onirici con ritratti sinceri, saggi contestualizzanti, testimonianze gentili. Ma al centro di tutto, le stesse parole dei protagonisti. “Catturando lo spirito delle loro leggendarie conquiste e la modestia con cui vivono le loro routine quotidiane, le interviste distillano centinaia di ore di trascrizioni per fornire intuizioni uniche nelle menti e mentalità di coloro che hanno conquistato la Barkley.” Le molte sfaccettature sono riunite in pagine disegnate ad arte che mescolano, come l’emozione della corsa stessa, autoriflessione e tormento fisico.

“La definizione di un finisher è semplice: qualcuno che completa 5 loop in 60 ore. Ma cos’è un finisher? Chi sono veramente? Questa risposta è profonda e complessa. Barkley è uno specchio, in ogni finisher possiamo vedere una parte di noi stessi, un potenziale che non abbiamo mai sfruttato.”

Grazie a questo libro ora abbiamo un registro di questi superumani, perlopiù sconosciuti in ambito sportivo. Attraversando gli Stati Uniti per incontrare ogni finisher, Alexis e Aurélien Delfosse, giornalista dell’Equipe, hanno viaggiato dal New Hamsphire all’Oregon passando per New Mexico, Colorado, California e Utah, catturando qualcosa di unico. Il risultato non è solo una testimonianza di trionfi e tragedie, ma un ritratto di persone umili che hanno realizzato qualcosa di straordinario. Queste storie ispirano soggezione, rispetto e riflessione al limite dello spirito umano.

Share this Feature