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The Meaningless Pursuit of The Snow

By: Luca Albrisi

Sono seduto su uno sgabello vicino alla stufa da cui proviene un crepitio rassicurante. Guardo fuori dalla vetrata di casa mia e, finalmente, il mio sguardo può perdersi nel bianco. Ho aspettato un po’ di tempo per scrivere questo articolo. Non per pigrizia, non perché non avessi voglia, ma piuttosto perché non mi sembrava corretto farlo fino a quando almeno un po’ di neve non si fosse posata nei prati di fronte a casa mia. D’altronde è per questo che sono qui, che sono arrivato fin quassù e che ci sono rimasto. È una cosa di cui sono pienamente consapevole: non sarei in questo luogo, e non sarei quello che sono – nel bene e nel male, s’intende – se non fosse per il ruolo che la neve, e lo snowboard, hanno avuto nella mia vita.

The Meaningless Pursuit of The Snow

Può sembrare assurdo, magari lo è. Magari, invece, ha perfettamente senso. Se provi a raccontarlo a qualcuno che non condivide questa passione, puoi risultare un po’ esagerato, se non fanatico. Se invece ne parli con qualcuno che, come te, ama visceralmente la neve, sembrerà la cosa più naturale del mondo. É una questione di sentimento, di trasporto, di sensazione. E queste cose qui più che spiegarle le devi vivere, ci devi entrare, mettendo le mani in quel groviglio fatto di vibrazioni, leggerezza, sudore, emozioni, fallimenti e sorrisi. Soprattutto sorrisi. Nel bene e nel male. E da quel groviglio trovare il filo che districa il senso della ricerca della neve. Un senso inesistente nella vita di alcuni. Un senso fondamentale nella vita di altri. Eppure né l’una né l’altra prospettiva sono vere in assoluto.

The Meaningless Pursuit of The Snow

Ciò che invece è realmente e concretamente tangibile è che questo filo – anzi “fiocco” – conduttore, ha diramazioni che collegano persone, luoghi e motivazioni apparentemente lontane, le cui storie però convergono tutte verso il cuore pulsante – tanto unico quanto effimero – di quel fiocco di neve. Quando ero poco più che un bambino mi sono appassionato allo snowboard per le sensazioni che mi faceva provare; lo scivolamento, la forza centrifuga della curva, il vincolo. L’impareggiabile sensazione di galleggiare in neve fresca. Con gli anni poi, mi sono spinto oltre. Verso i terreni non battuti e luoghi non antropizzati, entrando in contatto con sensazioni per me molto forti e profonde. L’enormità della Natura, la piccolezza del mio essere uomo, la solitudine. La ricchezza della solitudine. I suoni di un bosco, il vuoto di una curva sul ripido. Il rumore della neve che cade su sé stessa durante una curva. E insieme a tutta questa complessità di emozioni nascevano in me anche domande riguardo a tutte quelle esperienze.

Perché scivolare su una tavola giù da una montagna mi fa sentire in questo modo? Perché quando sono qui sto così bene? Possibile che un’attività apparentemente priva di significato ricopra un ruolo così importante nella mia vita? Negli anni mi sono dato molte risposte, anzi, molte risposte diverse. Risposte che si sono evolute insieme a me e che si stanno tuttora evolvendo. Risposte che non sono – e non devono – essere valide in modo assoluto ma che possono cambiare per chiunque sia coinvolto in questa ricerca.

The Meaningless Pursuit of The Snow

Ed è proprio questa complessità di sfaccettature esperienziali e di ipotesi di risposte che ho ritrovato in The Meaningless Pursuit of Snow (Patagonia Films – Sweetgrass Productions).

Un documentario che si pone quella fatidica, fondamentale domanda: Perché lo facciamo?

E, giustamente, non dà un’unica risposta ma lascia parlare personaggi diversi, con approcci eterogenei alla neve e alla vita, ma tutti accomunati da questo profondo sentimento. E devo ammettere che è stato bello ritrovare, attraverso la voce di altre persone, le stesse domande che mi sono posto più volte, così come ascoltare opinioni completamente diverse e molto lontane dalla mia realtà. Ma la cosa più bella è stata trovare dei tratti di connessione con tutti i personaggi che compongono questo racconto. Come se un contatto, tra gli esseri umani “pouderolesi” (cit. Zeo) che hanno intrapreso questa ricerca, fosse sempre – o quasi – possibile.

Al di là dei confini geografici, anagrafici o culturali. E così ho ritrovato alcuni pezzi del mio modo di guardare allo snowboard, alla neve fresca e alla montagna nelle loro esperienze.

The Meaningless Pursuit of The Snow

Mi sono ritrovato in una parte della storia di Aurélien Routens, trasferitosi, insieme alla propria compagna, in un maso ad alta quota distante da tutto e tutti ma non da quelle montagne su cui ama immaginare e tracciare linee con il proprio snowboard. Ho compreso la gioia di Vanessa Chavarriaga Posada nel riuscire a ricostruire una propria, piccola, comunità che le donasse quel senso di appartenenza sfuggitole negli anni precedenti della propria vita. Mi sono perso e ritrovato in quel mare di forme composte da neve e legno e in quella costante ricerca di armonia tipica della cultura zen – che sento così fortemente radicata nella mia esperienza in montagna – mentre osservavo Gomyo Atsushi shapeare i suoi powdersurf e viaggiare con il proprio van alla costante ricerca di neve. (btw, se qualcuno fosse così pazzo da voler investire su di me come shaper di tavole in legno, mi sento pronto!) E poi ho versato una lacrima insieme a Melissa Gill perché dire che la montagna ci dona tanto ma talvolta sembra toglierci tutto, sarebbe più che mai banale. Trovare invece il coraggio di raccontare il proprio dolore per creare un piccolo contatto con chi ha vissuto un’esperienza di sofferenza simile alla tua, dimostra invece un coraggio tutt’altro che scontato. Tutte queste storie di neve, sono state in parte anche la mia e, ne sono certo, quella di molt* altr*. Storie di ricerca, di comunità, di armonia e di perdita. Ma soprattutto storie di entusiasmo e di passione come quella chiaramente leggibile nel sorriso di Viki Fleckenstein Woodworth, ex atleta olimpionica di sci che – ormai quasi nonna – continua ad alimentare la propria passione per questa ricerca. L’idea di riuscire a mantenere quel sorriso e quell’entusiasmo fino a quando riuscirò ad andare in snowboard è forse il risultato più emozionante che riesca ad immaginare. Ma sono convinto che il percorso per mantenerlo non consista solo nell’andare il più spesso possibile in montagna, credo piuttosto abbia a che fare – almeno per me – con il prendersi cura. Prendersi cura del proprio percorso di ricerca al di là del senso che può assumere in una determinata fase della nostra vita. Cura della propria comunità, cura dell’ambiente naturale. Una cura che sappia andare al di là della ricerca della neve e che sappia rimanere tale anche quando la neve non ci sarà più o quasi (e ahimè – allerta spoiler – non manca troppo).

The Meaningless Pursuit of The Snow

E allora che ne sarà di noi, di tutte le nostre domande e di tutte le nostre storie? Saremo in grado di creare queste connessioni anche senza neve? Quale sarà l’impatto su di noi come persone e come comunità di questo enorme cambiamento che stiamo inducendo nel mondo?

Vista da prospettiva più ampia non riuscire più a scivolare in neve fresca è probabilmente l’ultimo dei problemi, nonostante per alcuni questa attività sia così importante e fondamentale. La nostra “tiepida crisi” è solo un riflesso, nel nostro mondo privilegiato, di una crisi ben più profonda che sta evidentemente investendo tutto il nostro pianeta.

The Meaningless Pursuit of The Snow

Che senso acquisisce, dunque, la nostra ricerca?

Quando mi guardo indietro riesco a vedere nettamente il percorso di vita che mi ha portato fin qui, ne scorgo i tratti più lineari e quelli meno, a volte trovo senso alle scelte che ho fatto, altre volte faccio più fatica. Ma quello che posso dire è che il mio percorso è sempre stato – in un modo o nell’altro – innevato. Che sono cambiato al cambiare degli inverni e che negli anni ho dato un significato diverso alle esperienze che ho vissuto nella neve. Ho cambiato opinioni. Sono cambiato come snowboarder, mentre cambiavo come essere umano. Se guardo avanti spero che il mio e i vostri percorsi possano rimanere sempre ricchi di neve, ma sono anche consapevole – e certo – che sperare non sia abbastanza. E se assisterò al momento in cui non ci saranno più cristalli, mi auguro che da questa mia ricerca, apparentemente priva di senso, grondino infiniti significati capaci di andare oltre la neve stessa ed essere interpretati da qualcuno, che come noi, sappia leggere tutta la bellezza e il dolore del mondo in un’attività splendidamente inutile come quella di scivolare giù da una montagna, sopra a dei cristalli di neve.

The Meaningless Pursuit of The Snow