EDITO
Consumismo Consapevole
Il must have è passato di moda, anzi ora è proprio da sfigati.
“La moda ora deve rallentare il suo ritmo insostenibile. Il momento è complicato ma ci offre la possibilità di aggiustare quello che non va e riguadagnare una dimensione più umana.” Parole di Giorgio Armani, mica uno qualsiasi. “Non va dimenticato che i capi di qualità richiedono tempo, per essere realizzati e per essere apprezzati.”
Ci sono molti indizi per individuare se un marchio è fast fashion. Se la collezione viene rilasciata rapidamente dopo le presentazioni, se i capi vengono prodotti all’interno di grandi fabbriche in paesi con scarse tutele per i lavoratori, se i clienti sono spinti ad acquistare edizioni speciali disponibili per un periodo ristretto di tempo, o in quantità limitate, e se vengono utilizzati materiali di qualità inferiore e altamente inquinanti, probabilmente stai acquistando da un marchio di fast fashion.
Da qui nasce una parte (seppur minore) dell’inquinamento ambientale. Si afferma che il 20% dell’inquinamento idrico a livello globale sia causato dalla lavorazione dei tessuti. Ma non solo, ci sono anche le questioni sociali, nel caso non ve ne freghi niente che le nostre acque siano inquinate.
La produzione di abbigliamento in Bangladesh negli ultimi anni è aumentata dopo che si è innalzato i costo del lavoro in Cina, il più grande paese produttore ed esportatore di prodotti tessili, con una quota di mercato del 37,6%. Si stima che il minimo salariale per i lavoratori del Bangladesh si dovrebbe aggirare intorno ai 341$ al mese, ma lo stipendio minimo effettivo per i lavori più umili nell’industria tessile è 5 volte inferiore, lasciamo a voi i calcoli. Oltre a salari non equi, l’industria del fast fashion sfrutta il lavoro minorile e il lavoro forzato in Argentina, Bangladesh, Brasile, Cina, India, Indonesia, Filippine, Turchia, Vietnam. Non facciamo di tutta l’erba un fascio, ci sono anche aziende che tutelano i lavoratori di questi paesi, ma non è sempre così purtroppo.
Ma dopo tutte queste parole, come clienti cosa possiamo fare?
Ogni consumatore gioca un ruolo fondamentale nel processo di rinnovamento del settore dell’abbigliamento, anche di quello outdoor. Come clienti, dobbiamo esigere la piena responsabilità dell’azienda e la sua totale trasparenza. Ciò che è pubblicizzato deve corrispondere a ciò che è realmente fatto. Il cambiamento deve avvenire anche modificando le nostre abitudini di acquisto e la nostra mentalità.
Si può estremizzare facendo acquisti nei negozi dell’usato oppure comprare prodotti nati dal riutilizzo di altri prodotti, questa potrebbe essere un’esperienza molto cool. E, perché no, condividere e scambiare vestiti con gli amici (se faccio una gita di hiking ogni estate forse è meglio che mi faccia prestare le scarpe). Noleggiare o riutilizzare prodotti che normalmente non utilizzo (inutile comprarsi una bici, ad esempio, se ci vado 3 volte all’anno, meglio noleggiarla, no?). Inoltre per alcuni prodotti ormai esausti non è detto che vadano buttati, dentro questa guida ti raccontiamo come il nostro team offre una secondo vita alle proprie scarpe da running dopo averle consumate per bene.
Tuttavia, se acquistare un nuovo capo è proprio necessario, e, ovviamente, questo non vi devi far sentire come se steste distruggendo il pianeta terra, l’imperativo è acquistare marchi di abbigliamento sostenibile: si tratta di capi con qualità superiore, una durata maggiore, tessuti eco friendly con un ridotto impatto ambientale e materiale riciclato o biologico. Molti brand oggi prediligono la qualità rispetto piuttosto che un minor prezzo e preferiscono raccontare più di loro stessi e dei loro valori etici che del loro ultimo colore di collezione: il brand che deciderai di indossare sarà quindi quello che ti rappresenta anche attraverso i sui valori.
Sin dai tempi di Adamo ed Eva, l’abbigliamento è stato ritenuto una necessità. Questo non cambierà mai. I consumatori però hanno il potere di guidare le decisioni del mercato della moda. Abbiamo il diritto di richiedere comportamenti responsabili nei confronti dell’ambiente e della società, abbiamo il diritto di avere trasparenza all’interno nell’intera supply chain. Vogliamo fare acquisti consapevoli. Sono tutte azioni di consumo responsabile che noi amanti della montagna dobbiamo attivare.
Questa Outdoor Guide (attenzione non è una buyers’ guide) nasce dalla passione di persone innamorate della montagna e della natura come voi, persone che provano con serietà ed umiltà ad indirizzarvi verso il vostro prossimo acquisto, affinché sia migliore, più adatto a voi ed alle vostre esigenze, in modo tale da non doverne effettuarne un altro in breve tempo.
Living life in nature.
Denis Piccolo