By Nicoletta Boscarelli
By Nicoletta Boscarelli
Cosa potremmo dire di questa storia? Potremmo dire molto, ma per farla breve: “Un giorno Nicoletta si svegliò e decise che sarebbe andata in Indonesia da sola.”
Ottobre 2019
Cambio lavoro e decido di prendermi 2 settimane prima di iniziare nella nuova azienda. Appena avuto l’ok, inizio a pensare ad una meta. Martedì 24 settembre prenoto i voli per martedì 1 ottobre: Indonesia. Cercavo l’avventura, la più pura che potessi trovare. Non organizzai nulla di proposito. Lessi la guida sul volo Milano – Hong Kong per capire che isole avrei voluto visitare. Ed il mio viaggio fu interamente così. Il giorno stesso decidevo cosa fare il giorno dopo e ci aggiungevo un pizzico di “lasciarsi trasportare dagli eventi”. Fu elettrizzante!
L’Indonesia è composta da 117000 isole. Scelsi Bali, Giava, Flores e Komodo. Giava, fu quella che mi regalò le avventure più sensazionali: un concentrato di giungle, cascate e vulcani. Mi piacerebbe raccontarvi di quando ho camminato per un’ora in salita nel buio e nella polvere vulcanica per vedere uno dei più bei vulcani di Bali alle luci dell’alba e scoprire che ad attendermi c’era solo nebbia; di quando ho pernottato in un ostello di Bali per fare amicizia (da brava backpacker) e scoprire che l’unico altro ospite era una blatta che infestava il mio bagno; di quando ho perso 3 giorni di scatti dalla SD della macchina fotografica; o anche di quando ho raggiunto all’alba il cratere di Bromo galoppando in sella ad un pony indonesiano. Tuttavia ciò non fu neanche un po’ avvincente quanto ciò che mi accadde il giorno dopo!
Era mia intenzione vedere la cascata di Tumpak Sewu all’alba. In lingua Giavanese vuol dire 1000 cascate; si prospettava uno spettacolo ineguagliabile. Dopo aver visitato il vulcano, mi liberai di tutta quella sabbia grigia (l’avevo persino sulle gengive!), risistemai lo zaino e mi misi alla ricerca di qualcuno che andasse verso sud. Ci vollero 6 ore per sistemarmi nella mia nuova stanza. Chiesi ad un ragazzo indonesiano con lo scooter se fosse disposto ad accompagnarmi per le prime luci del mattino alla cascata: ci accordammo per le 4 e per il compenso.
Uscii puntuale; aspettai fino alle 4:20, ma non venne nessuno. Dovevo a tutti i costi trovare una soluzione, l’alba era vicina. Decisi di fare l’autostop. Avvicinandomi al cancello del cortile scoprii che era chiuso a chiave. Menomale che gli indonesiani non sono noti per la loro altezza! Scavalcai e, nel farlo, naturalmente mi si strapparono i pantaloncini (non mi stava mica andando tutto per il verso sbagliato); ma almeno il primo ostacolo era superato. Ora dovevo solo trovare in un posto dimenticato da Dio il primo sconosciuto che, con un qualunque mezzo di trasporto, fosse disposto a portarmi a destinazione alle 4:30 di mattina. Inaspettatamente lo trovai facilmente. All’uomo che si fermò mostrai una foto della destinazione: non parlava inglese, ma annuì e quello bastò. Dopo pochi minuti in sella al suo scooter mi fece scendere nel buio e mi indicò una strada. Non accettò i miei soldi, sorrise e se ne andò. Si vedeva solo qualche pipistrello qua e là.
Dopo pochi minuti di cammino un rumore attrasse la mia attenzione. Mi voltai e la vidi. Ebbi paura, non lo nego! Mi trovai a pochi metri dalla cascata più maestosa che avessi mai visto (Skògafoss, nota cascata islandese, scese istantaneamente sul secondo gradino del podio). Capii subito il perché del suo nome: tantissimi rivoli d’acqua che cadevano giù nel formare un’ampia cascata dalla potenza palpabile. Feci decollare il mio drone per vedere tutto dall’alto e godere a 360° di quella meraviglia: il vulcano Semeru era lì che svettava alle spalle di Tumpak Sewu.
Quella cascata mi costò 1 volo da Bali a Giava, 10 ore di macchina con tre sconosciuti, 2 giorni di viaggio, 1 autostop nel cuore della notte, per non parlare del viaggio che mi toccò fare per lasciare quel villaggio microscopico e sperduto nel mezzo della giungla di Giava Est e raggiungere la meta successiva. Vorrei per esempio raccontarvi delle 6 ore trascorse su un pullman (un parolone!) che magari non aveva mai visto un turista in tutta la sua lunga e, probabilmente secolare, carriera. Non vi dico lo stupore dei passeggeri, in una zona a prevalenza musulmana, nel vedere una ragazza occidentale, molto alta, con carnagione chiara e capelli ricci, ma soprattutto da sola. Dei bimbi mi chiesero persino di fare una foto insieme.
Seguirono tanti altri mezzi di trasporto pazzeschi, ma non starò qui a tediarvi. Devo assolutamente raccontarvi però cosa mi accadde a Flores; di sicuro la cosa più inaspettata! Atterrai lì due giorni dopo, con l’intenzione di esplorare l’arcipelago di Komodo e vedere i draghi. Labuanbajo: punto di partenza. Incontro due ragazzi toscani in un bar. Bevemmo una birra insieme e amicizia fu! Per combinazione avevano scelto il mio stesso albergo quindi decidemmo di chiedere una stanza per 3 per risparmiare. Il risultato fu un misero materasso per terra accanto al letto matrimoniale…
Decidemmo di cenare insieme. Lungo il tragitto per il mercato del pesce, ci imbattemmo però in un matrimonio musulmano! Gli sposi e gli ospiti ci videro e ci invitarono a partecipare al banchetto; la parte più bella fu il karaoke indonesiano e le danze che ci proposero. Ballammo tutti e 3 con chiunque, a partire dai bambini fino ad arrivare agli anziani. Erano tutti a dir poco euforici. Arrivò poi, dopo un’ora, il momento in cui ci guardammo tutti e tre per darcela a gambe. Era stato divertente, ma il mercato ci aspettava. C’erano pesci enormi di tutti i colori, persino verdi! Ci facemmo consigliare perché non avevamo assolutamente idea di cosa avremmo mangiato; non ne abbiamo tuttora! L’unica cosa riconoscibile erano i granchi. Non saprei a quale gradazione di marrone assimilare l’acqua in cui quell’uomo immerse il nostro pesce e non saprei neanche a quale gradazione di marrone assimilare l’olio in cui poi lo fece friggere. Ma che dirvi… fu un’esperienza anche quella! Dopo aver riso e scherzato su quel pesce e su tutto quello che ci sarebbe potuto capitare (i 2 ragazzi erano dei medici), tornammo in camera. Epilogo della serata: mi metto a dormire per terra con la carinissima coperta fucsia di hello kitty datami in dotazione dall’albergo insieme alle formiche che mi circondavano. Il giorno dopo vidi i draghi di Komodo, una manta con il suo piccolo e nuotai con una tartaruga al cospetto della barriera corallina.
Fu il viaggio più bello del mondo.
“È stata una cosa pazza, si. Allo stesso tempo è stata la cosa migliore che potessi fare. E l’ho fatta nel momento perfetto.”
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