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Una birra con Alex Honnold

By Sofia Parisi
ITW Alex Honnold
With The North Face

Una birra non si nega a nessuno, soprattutto ad Alex Honnold. In un piovoso mercoledì pomeriggio di luglio ci siamo trovati al tavolo di un bar con il climber forse più conosciuto al mondo (anche al mondo dei non-climber), per scambiare quattro chiacchiere.

Ciao Alex! Prima di tutto, possiamo chiederti cosa ci fai a Chamonix in una delle estati più piovose della storia delle Alpi?
Effettivamente non è il periodo migliore per essere qui. In ogni caso sto passando qualche tempo in Europa per un progetto futuro, ma non posso anticipare molto. Fondamentalmente sto facendo qualche giro in quota. Solo che al momento, in alta quota, c’é un sacco di neve! È davvero pazzesco.

Ti piace Chamonix?
Si mi piace, ero stato qui un’altra volta, per pochi giorni, ma non avevo scalato niente di serio. La scorsa settimana abbiamo provato a scalare un po’ in quota, sfortunatamente abbiamo avuto bel tempo solo il primo giorno, e il primo giorno in quota non si deve esagerare. Bisogna acclimatarsi. Mi sentivo come se il cuore mi stesse esplodendo a causa dell’altitudine! Ad ogni modo, Chamonix mi piace, abbiamo scalato in diverse falesie qui in valle, poi c’è stata la Coppa del Mondo di Arrampicata. E poi c’è così tanta storia. E la gente é super motivata! Solo il fatto di vedere almeno venti parapendii nell’aria, ogni giorno, è veramente incredibile! Anche quando fa brutto! Ma volano tutti qui?

Mi fa sorridere, lui che é stato in grado di scalare El Capitan e altre vie di una difficoltà e lunghezza estreme, in free solo, cioè senza corde, moschettoni, friends, insomma, tutto quello che la gente “normale” usa in arrampicata per evitare di esporsi al rischio di cadere da metri e metri d’altezza. Lui che di motivazione ed energia ne ha a dosi fuori dal normale, ora mi sembra un bambino che si sorprende davanti alle imprese più o meno impressionanti degli altri. Alex Honnold é un uomo di 35 anni che si meraviglia ancora. Ed é anche un gran curioso. Non per caso infatti, da qualche tempo si é lanciato nella produzione di podcast.

Parlami un po’ di questa tua nuova attività, iniziamo da Climbing Gold. Come é iniziata e di cosa si tratta?
Climbing Gold é stata un’idea del co-conduttore Fitz Cahall. Prima del Covid mi era stato proposto di essere commentatore alle Olimpiadi, ma non avevo assolutamente alcuna esperienza né nel commentare eventi sportivi, né tantomeno a proposito delle Olimpiadi. Ma siccome sono un tipo che alle nuove proposte risponde spesso “Oh, ma certo perché no!”, beh, ho detto sì. E poi Fitz mi ha chiesto di condurre un podcast sull’arrampicata e ho pensato che sarebbe stato un modo perfetto per imparare ed esplorare le diverse questioni relative all’arrampicata e alle Olimpiadi. La prima stagione del podcast parla della storia dell’arrampicata, e di come questo sport si sia sviluppato a tal punto da diventare una disciplina olimpica. Ora stiamo lavorando sulla seconda stagione che è più dedicata al mondo delle competizioni e alle Olimpiadi. In ogni caso per me é una grandissima opportunità prima di tutto lavorare con qualcuno come Fitz, che è estremamente bravo in quello che fa. Poi per prepararmi, provare ad intervistare, commentare, tutte le cose che devo imparare prima delle Olimpiadi.

E come sta andando?
Beh, in realtà non so ancora quasi niente delle Olimpiadi, ma ne so molto di più sull’arrampicata, quindi direi che il risultato é positivo, è stata l’occasione per parlare con molti climber di calibro eccezionale e per ascoltare e raccontare storie fantastiche.

Ti senti a tuo agio nel comunicare storie di altre persone?
Onestamente, è super divertente dare voce alle grandi storie di arrampicata degli altri. Ho passato così tanto tempo a fare film e ad essere fotografato. Tutto era sempre concentrato su di me, ed è bello parlare di altre persone raccontando le loro storie. Molte non riescono nemmeno a rientrare nel podcast, perché un episodio dura solo 40 minuti. Mi piace ascoltare i vari aneddoti ed è piuttosto stimolante anche dal punto di vista personale. Una cosa che non mi aspettavo é che tanti dei miei amici lo stanno ascoltando e sto ricevendo feedback molto positivi, pare che abbiamo davvero contribuito a dare qualcosa all’arrampicata. È bello condividere queste storie, per preservarle. È un po’ come scrivere un libro o fare un film: quando hai finito, senti di aver creato qualcosa che resterà per sempre. Mi piace pensare di dare qualcosa all’arrampicata.

Cosa ti piace del “fare podcast?”
Sono sempre stato molto curioso. Mi piace scoprire le idee interessanti di altre persone: mi permette di vedere il mondo in un modo leggermente diverso. Sono curioso sì, e penso che uno dei piaceri di essere un climber professionista sia entrare in contatto con persone e storie interessanti. Non ho fatto l’università, non ho una formazione tecnica, quindi cerco di attingere da tutti al massimo!

Qual è la storia che più ti è piaciuta?
Penso che il mio episodio preferito sia il secondo in cui parliamo con Joanne Urioste, una signora che vive, come me, a Las Vegas. Lei e suo marito negli anni settanta hanno aperto la maggior parte delle famose vie a Red Rock, dove arrampico principalmente. Ora le loro vie vengono scalate almeno dieci volte, ogni fine settimana, e sono ricoperte di magnesite. La roccia è perfetta, è come una palestra. Sentire la sua storia di quando hanno aperto quelle vie in mezzo al nulla é stato fantastico!

Cosa ne pensi dell’arrampicata alle Olimpiadi?
L’arrampicata é ormai diventato uno sport mainstream, si sa. La mia opinione personale è che questa popolarità, grazie o meno alle Olimpiadi, non farà altro che aumentare il livello dell’arrampicata sia indoor che outdoor. Io lo vedo come un bene in generale, perché porta più talento nello sport, più energia. L’arrampicata storicamente é avventura. L’arrampicata indoor è indubbiamente più vicina alla performance. Man mano che il livello atletico aumenta, aumenta anche il potenziale dell’avventura. È un tema interessante: abbiamo intervistato persone che pensano che l’essere aggiunta alle discipline olimpioniche sia un male per l’arrampicata, che ne comprometta l’anima. Non lo so. Siamo giunti all’idea che l’arrampicata debba semplicemente dividersi in due discipline, come lo scialpinismo e il  freeride. Arrampicata sportiva e arrampicata, diciamo, d’avventura! Immaginatevi se qualcuno potesse scalare El Cap alla stessa velocità di uno speed climber!

Anche l’evoluzione dell’attrezzatura aiuta.
Certamente. Collaboro con The North Face da più di dieci anni ormai. Non é molto per la storia dell’arrampicata ma per quanto riguarda l’attrezzatura devo dire che sono sempre più impressionato da come tutti i prodotti siano sempre più leggeri, piccoli e performanti. Questa progressione pazzesca dei materiali é geniale e aiuta senza ombra di dubbio a vivere sempre più facilmente le avventure, in modo da preoccuparsi solo di godersi al massimo l’esperienza.

Frequenti giovani climber?
A Las Vegas arrampico spesso con due ragazzi che hanno circa 17 anni, sono sempre molto motivati ​​ed energici. Un paio di anni fa ero sempre io il più giovane, ora non lo sono più! Detta cosį mi sento davvero vecchio! Ma sì, in un certo senso sto semplicemente abbracciando questo ruolo in modo naturale, perché ora sto arrampicando spesso con persone che hanno meno esperienza di me, e sono felice di insegnare, condividere, contribuire alla loro crescita. Penso che sia un processo naturale: man mano che passa il tempo ti interessa un po’ meno di spingere al massimo. Sono felice di vivere in modo più rilassato.

Hai fatto pace con il tuo bisogno di vivere imprese eccezionali?
Penso che per fare certe cose, raggiungere certi obiettivi, tu ti debba dedicare completamente ad essi. Mente, corpo, spirito, cuore. Ma non hai bisogno sempre di queste esperienze e sensazioni in ogni momento della vita. Ci sono persone che a causa delle condizioni della montagna, o della vita, non ottengono ciò che vorrebbero, e quindi rimangono affamate per sempre, mai soddisfatte. Io sono estremamente grato di aver portato a termine  molte delle imprese che volevo fare, sono un po’ più soddisfatto ora. Sai, sono ancora super motivato, ma anche un po’ più rilassato, credo. E questo è il bello.

Abbiamo continuato a chiacchierare, di tante cose ma una conversazione lunga tra persone che parlano tanto, non é semplice da trascrivere in modo apprezzabile. Quello che possiamo raccontarvi di più, é che Alex Honnold conduce un podcast super interessante, Planet Visionaries, che mette in luce le storie di pionieri del mondo della sostenibilità. Sempre a proposito di sostenibilità, nel 2012 ha fondato la Honnold Foundation che supporta progetti di sviluppo dell’energia sostenibile in tutto il mondo. Possiamo inoltre dirvi che non verrà mai a vivere nelle Alpi perché “le strade sono piccole e tortuose, le pecore che attraversano improvvisamente la strada e il telefono non prende!” e anche nelle zone più urbane tutto é troppo complicato, rispetto a Las Vegas, per andare a scalare: “non avete mai pensato di fare delle strade dritte?”