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L’outdoor con occhi diversi: la foresta temperata

Entrare in un habitat può trasformarsi in un’avventura entusiasmante di conoscenza, confronto, apprendimento e contemplazione se si possiedono alcune nozioni che possono rendere la nostra osservazione più analitica. Ogni singolo elemento che compone ciò che ci circonda in un ambiente naturale, e che tante volte abbiamo dato per scontato durante i nostri trekking, l’arrampicata, lo sci e le nostre passeggiate nella natura, se focalizziamo il nostro zoom ottico sui singoli dettagli, può diventare fonte di approfondimento in moltissimi ambiti come l’ecologia, la geografia, la geologia, la botanica, la zoologia e via dicendo. Insomma fare sport outdoor può non solo tenerci in forma e alimentare le nostre passioni sportive ma anche regalarci tanti buoni stimoli visivi per incuriosirci ed eventualmente avvicinarci ad una comprensione maggiore del mondo e all’arricchimento del nostro bagaglio conoscitivo.

Cosi oggi vi voglio parlare di uno dei miei habitat del cuore, la “foresta temperata” raccontandovi le sue principali caratteristiche sperando che le informazioni che vi darò vi aiuteranno ad aggirarvi fra i suoi intrighi verdi, con occhi attenti e curiosi, durante la prossima passeggiata, discesa o avvicinamento alla parete da scalare.

Con il termine foresta si indica una vasta superficie di terreno ricoperta da diverse specie arboree che si sviluppano in maniera spontanea e la cui crescita non è controllata dall’uomo. A differenziare la foresta dal bosco è proprio quest’ultima caratteristica, oltre all’estensione (maggiore nella foresta) e alla vegetazione (più variegata e incontrollata). Un terreno oggetto di selvicoltura, quindi, viene definito bosco (ceduo o fustaia), mentre quando è allo stato selvaggio è detto foresta.

Circa il 22% della superficie terrestre è coperto da foreste, il 15% di queste è rappresentato dalla foresta temperata che, quando è composta da alberi decidui, è caratterizzata da precipitazioni uniformi e abbondanti. Le foreste temperate decidue sono diffuse quasi esclusivamente nell’emisfero boreale e possono essere suddivise in tre fasce principali: la parte europea, che si estende dalle Isole britanniche alla Francia e per tutta l’Europa centrale e orientale, fino ai monti Urali. Quella dell’Asia orientale, che è diffusa nell’estremo oriente russo, in Manciuria, Corea e Giappone, e infine la foresta temperata del Nord America, che occupa gran parte dell’area compresa tra i Grandi Laghi, l’Oceano Atlantico e, a sud, il Golfo del Messico.

Benché separate da migliaia di chilometri, queste foreste decidue sono simili tra loro, non solo per quanto riguarda l’aspetto, ma anche per le specie di piante che le compongono. 

La foresta temperata presenta soltanto due strati di vegetazione: lo strato degli alberi, che sono generalmente alti al massimo 15-30 metri e, al di sotto di questa zona, uno strato di arbusti e di alberi più piccoli, alti 5-10 metri. La luce che raggiunge il suolo, quindi, è maggiore rispetto a quella, ad esempio, della foresta tropicale, e di conseguenza la flora a terra è molto rigogliosa. La luminosità ancor più elevata nella stagione primaverile, quando il sottobosco è già in fase vegetativa, mentre gli alberi sono ancora spogli, permette a molte specie che vivono al suolo di crescere, fiorire e fruttificare prima che l’estate sia inoltrata. Successivamente, quando gli alberi creano zone d’ombra costanti, crescono le piante sciafile (quelle cioè che prediligono l’ombra continua), capaci di catturare la luce a bassa intensità e di sopravvivere anche quando la volta degli alberi copre totalmente il terreno sottostante. 

Nella foresta temperata la temperatura media varia dai 10 ai 18°C circa e le precipitazioni annue dai 700 ai 1550 millimetri. Il suolo di solito, avendo un sottobosco molto sviluppato e profondo, è molto ricco di humus. La fauna che vive in questo habitat è molto varia e fra i mammiferi, a seconda delle aree, troviamo cinghiali, scoiattoli, macachi (ma solo sull’Atlante, una catena montuosa in Africa nord-occidentale, in Medio Oriente e in Asia), orsi, tanti piccoli roditori, cervi, daini, lepri, conigli, moltissime specie di uccelli, i predatori, tra cui il lupo, la volpe e la lince e, dalla penisola Anatolica fino al Pakistan si trovano il leopardo e la tigre (che possiamo ritrovare anche in Manciuria e nella Siberia sud-orientale), il tasso, la faina, la lontra e la puzzola.

Niente di più facile che trovare in una foresta tracce della presenza di animali, ad esempio, in Italia, di scoiattoli o altri piccoli roditori. Uno dei luoghi più fortunati per questo tipo di osservazione è la base degli alberi di conifere, soprattutto dell’abete rosso. Se troviamo i coni (le pigne) completamente spogli e mangiucchiati possiamo immaginare che sia opera di un roditore. Se la pigna è del tutto spoglia, ad eccezione di un ciuffetto in cima, ed è rosicchiata in maniera ordinata, sarà sicuramente opera di un topolino. Se invece non ha il ciuffetto superiore ed è mangiucchiata in maniera disordinata, allora possiamo affermare con sicurezza che è stato uno scoiattolo. Anche riconoscere le feci e le impronte degli animali nella neve è un buon modo per osservare la vita della fauna nella foresta: la forma e il contenuto delle feci (semi, peli, ossa ecc.), ad esempio, possono aiutarci a identificare l’animale che le ha prodotte e quindi dedurre la sua presenza o il suo passaggio.

Le specie arboree sono molto diversificate, anche se prevalgono gli alberi dell’ordine delle Fagali (come querce, castagni, faggi, carpini) mentre il sottobosco è composto prevalentemente da erbe e arbusti della famiglia delle Rosaceae, come rose selvatiche, lamponi, more e fragole. Da questo possiamo facilmente dedurre che la foresta temperata produce abbondanti frutti mangerecci (faggiole, castagne, ghiande, piccoli frutti, cinorrodi ecc.). Ma uno degli ingredienti più strani che si può ricavare dalla foresta temperata e di cui oggi vi voglio parlare, è sicuramente la corteccia interna di albero. Gli alberi hanno una corteccia esterna ed una corteccia interna. La corteccia esterna è lo strato che protegge l’albero dalle lesioni. La corteccia interna porta invece il nutrimento che viene prodotto attraverso le foglie ai rami, al tronco e alle radici. Raccogliere la corteccia interna comporta l’eseguire delle incisioni sull’albero con un coltello e tagliarne dei nastri. Per questo motivo questa operazione deve esser fatta solo su esemplari già caduti o abbattuti dagli enti forestali.

Incidere la corteccia di un albero in vita coinciderebbe infatti con un’azione distruttiva che porterebbe inevitabilmente l’albero alla morte e seguire questa regola diventa davvero obbligatorio. Io ho imparato a considerare la possibilità di poter utilizzare questo particolare ingrediente quando ero molto giovane, forse ragazzina, osservando le persone attorno me. All’inizio mi sembrava quasi un gioco, un modo per portare nei miei giochi di bambina elementi che trovavo la fuori, il mio luogo preferito. Crescendo, appassionata di cucina, di etnobotanica e di tutto ciò che ha costituito poi il mio lavoro, ho approfondito davvero molto e per anni l’uso della corteccia interna sperimentandone gli usi tradizionali e utilizzandola in maniera più contemporanea.

Un tempo la corteccia interna degli alberi edibili, l’unica parte del tronco che possiamo assimilare non essendo composta da cellulosa, serviva per comporre una farina di sussistenza che prevedeva di macinare insieme ad altri ingredienti più usuali (come grano, mais o altri cerali) degli ingredienti selvatici adatti al nutrimento umano, disponibili nell’introno e, soprattutto, molto molto nutrienti. Per raccogliere la corteccia interna si devono eseguire dei tagli sul tronco sull’albero, caduto o abbattuto dagli enti forestali da non più di 8 settimane, in maniera superficiale creando una forma di nastro che poi viene strappato portando via la corteccia interno ed esterna dell’albero. Per questo, ripeto per scrupolo, questa operazione deve esser fatta solo su esemplari già caduti o abbattuti. La corteccia interna può essere a questo punto essiccata a bassa temperatura, macinata in farina e utilizzata come alimento. Gli alberi la cui corteccia può essere utilizzata in questo modo sono moltissimi tra cui i più comuni: l’ontano, il frassino, il tiglio, il faggio, la betulla, l’olmo, l’abete, l’acero, il pino, il pioppo, l’abete rosso e il salice. Vi auguro una buona esplorazione auspicandomi di, per quanto possibile, avervi ispirato nel guardare a questo meraviglioso habitat con più curiosità e rispetto.