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Madre Terra

“Insegnate ai vostri figli tutto ciò che noi abbiamo insegnato ai nostri: che la Terra è la madre di tutti. Tutto ciò che capita alla Terra capita anche ai suoi figli. Sputare a Terra è sputare su sé stessi. La Terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla Terra. Tutto è collegato, come il sangue che unisce una famiglia. Ciò che capita alla Terra, capita anche ai figli della Terra.” – Lettera inviata nel 1855 al presidente degli Stati Uniti Franklin Pierse dal capo Sealth della tribù Duwamish

In tutte le culture e per millenni, la biosfera è stata sempre considerata come un pianeta vivente completo di spirito, nella sua concezione più animistica. Una creatura viva che respirava, con un aspetto organico, autosufficiente, caratterizzata, ricca di coscienza, ritenuta sacra ed invocata e celebrata come una dea. Gli antichi greci la chiamavano Gea, gli aborigeni austruliani Kunapipi e i popoli andini Pachamama. Pachamama nella mitologia aimara, insieme alle dee Mallku, spirito della montagna, e Amaru, serpente alato, simboleggiava la trilogia del rapporto tra società e natura.

In tutti i culti legati alla celebrazione della Terra il filo conduttore è sempre stato la coscienza della condizione dell’essere umano come parte integrante della natura e dei suoi cicli, non al di sopra ma all’interno della natura. La Madre Terra, nella nostra storia di essere umani presenti sul pianeta, è stata trattata con il massimo rispetto in ogni parte del mondo in quanto sacra, sacra perché ogni giorno nutriva l’essere umano con i suoi frutti, lo idratava con la sua acqua e generava l’aria che veniva respirata e quindi, in quanto necessaria, di nuovo sacra. Anche in Italia ritroviamo ancora tanti riferimenti a questa attitudine di profonda gratitudine per il nostro pianeta.

Ad esempio a Sappada, in provincia di Belluno, è possibile visitare un orrido che si chiama Acquatona. Si tratta di una profonda gola scavata dal fiume Piave nel punto d’incontro con il Rio Acquatona, dove il fiume si getta con un salto di oltre 50 metri. Questa affascinante cascata si può osservare dal ponte posto a ridosso della strada provinciale poco prima del paese. Una scala di ferro porta fino al greto del fiume e quasi alle cascate. Il rumore del fiume nella forra genera un eco imponente e terrificante, maestoso e stordente, che fa rabbrividire. Acquatona significa proprio acqua donata (acqua che tuona secondo un’altra interpretazione), a suggerirci la generosità di Madre Terra che, attraverso il fiume e la cascata, ci dona acqua.

Poi, con la prima riforma protestante, le filosofie di Cartesio e di Bacone e la nuova era scientifica è arrivato il progresso e con esso non solo un miglioramento delle condizioni essenziali della civiltà ma anche un veloce e deprimente abbandono dei valori fondamentali di rispetto del pianeta e del ruolo dell’uomo inserito nel meccanismo complesso della biosfera. Piano piano abbiamo violentato questo meraviglioso pianeta vivente, saccheggiandolo e sfruttando ogni sua risorsa senza pietà. Madre Terra, da entità sacra, venerata e onorata, è divenuta un nostro esclusivo oggetto di conquista. La caratteristica più evidente e che più mi perplime, che ho scorto rievocando brevemente la triste ascesa di questa nuova società, è la convinzione comune della necessità di dover persuadere gli esseri umani del fatto che la vita sulla Terra non ha alcun significato metafisico o scopo trascendente.

Io trovo che un buon compromesso tra un atteggiamento scientifico, e quindi propulsivo per un miglioramento delle condizioni fisiche umane, ma che mantiene nelle sue basi un’attitudine più trascendentale possa essere ben rappresentato dal caso Linneo. Il medico e naturalista svedese ha ideato la nomenclatura binomia che utilizziamo ancora oggi per denominare le specie botaniche. Nacque nel 1707 nella provincia svedese di Småland.

Suo padre era pastore in una parrocchia e per seguire la sua volontà Linneo si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Uppsala. Il suo vero interesse era però la botanica e si mise così a frequentare anche le lezioni di quella materia. I suoi studi sono raccolti nell’opera principale, il Systema Naturae, pubblicato nel 1735 e più volte rimaneggiato, una sorta di rigido catalogo tassonomico delle specie animali e vegetali, dove Linneo afferma che le specie, create in forma eterna e immutabile secondo un progetto divino, sono spontaneamente disposte in un sistema naturale che si presta alla classificazione. Prima di Linneo le specie erano descritte dal nome del genere, seguito da una descrizione per esteso della specie. Il grande naturalista sostituì questo sistema con una nomenclatura binomiale più precisa, in cui anche la specie veniva individuata da un unico termine.

Secondo questa classificazione, ogni organismo vivente è identificato da un doppio nome in lingua latina, di cui il primo è relativo al genere e il secondo alla specie. Il suo sistema aggiornato costituisce ancora oggi il fondamento della classificazione del regno vegetale (e non solo). Successivamente altri studiosi introdussero nuovi generi e specie e, dovendoli diversificare da quelli stabiliti da Linneo, si decise di aggiungere al binomio latino anche l’abbreviazione del cognome del naturalista coniatore: per Linneo, la sola lettera “L”.

Linneo era molto religioso e credeva che studiando ciò che Dio aveva creato sarebbe stato possibile comprendere la saggezza divina. A suo parere lo studio della natura rivelerebbe l’ordine divino della creazione, e il lavoro del naturalista sarebbe dunque quello di costruire una “classificazione naturale” per rivelare quest’ordine nell’universo.

Io non sono religiosa ma, sentendo comunque in me una forte spiritualità, penso anch’io che osservare la natura, studiarla e comprenderla possa non solo farci entrare in contatto profondo con questa ed esserne rassicurati, ma anche svelarci in un certo qual modo il senso stesso della vita e soprattutto riacquisire un modo di percepirla e trattarla più simile a quello dei nostri avi e quindi più rispettoso.

Negli ultimi mesi sto lavorando ad un progetto che mi sta profondamente a cuore il cui nome è “Last Chance” con Stefano Tosoni, che lo ha scritto ed ideato, e Achille Mauri, di cui trovate le foto a corredo di questo articolo. Last Chance è un viaggio nei luoghi trasformati dal cambiamento climatico e un racconto degli scossoni che la biosfera sta incassando a causa dell’impatto delle nostre vite e dei nostri sistemi. E’ il nostro appello, l’ultima chiamata per ascoltare il grido di dolore della terra e insieme la nostra dichiarazione d’amore e cura per il nostro pianeta.