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Yannick Boissenot, quando lo skialp incontra il paragliding

Text: Ilaria Chiavacci
Photos: Fabian Bodet

With: Salewa

Yannick non si accontentava di essere sia un fenomeno sugli sci che un ottimo fotografo e filmmaker: ha dovuto iniziare a volare col parapendio.

Eccellere con gli sci ai piedi, sia che si tratti di una discesa o di una risalita, non ha impedito a Yannick Boissenot di eccellere anche dietro l’obiettivo, che si tratti di una macchina fotografica o di una telecamera. Oltre i mille metri d’altitudine, a Chamonix sul Monte Bianco Yannick è di casa e lo ritrae come si potrebbe ritrarre uno di famiglia. Essere di casa sulla montagna più alta e maestosa dell’Europa Occidentale, però, non lo rende immune al fascino di sfide sempre nuove e, a trentotto anni, Yannick ha messo a segno un’altra avventura mozzafiato dove, questa volta, ha unito scialpinismo e parapendio. La ricerca di percorsi inediti è il motore di Yannick, per cui la preparazione è fondamentale: questo genere di missioni si iniziano a macchinare con mesi d’anticipo. Ancora prima che finisca l’estate, lo scialpinista-fotografo inizia a studiare i possibili tracciati da seguire e inizia a mettere in cantiere l’attrezzatura di cui avrà bisogno: combinando due discipline tanto diverse tra loro, lo scialpinismo e il parapendio, è fondamentale essere preparati ad affrontare condizioni meteorologiche che possono cambiare in maniera anche molto repentina, perciò quello che Yannick porta con sé è sempre studiato nei minimi particolari. Per missioni di questo genere un aspetto cruciale è la leggerezza: per questo da qualche anno lo scialpinista collabora con il team produttivo Salewa, che ha una linea pensata, modellata e realizzata sulle esigenze di chi pratica scialpinismo e che ha debuttato al pubblico in questo autunno/inverno 22/23.

Skialp e parapendio: cosa ti ha portato a studiare una missione strutturata con questa combo?
Negli ultimi dodici anni ho realizzato imprese sul massiccio del Monte Bianco e accompagnato spedizioni in tutto il mondo: Perù, Pakistan, India, Giappone e Alaska, sempre con gli sci e sempre su percorsi molto difficili. Ho da sempre avuto un debole per lo sci estremo, in particolare per le linee molto ripide ed esposte. Quell’amore per lo sci estremo rimane, ma oggi sono padre di due figli, il che significa che dedico un po’ meno attenzione ai miei progetti in montagna. La combinazione di parapendio e sci però è una nuova sfida per me, che mi dà piacere e soddisfazione quanto lo sci estremo e che allo stesso si concilia meglio con la mia vita attuale.

Quando ti sei avvicinato al parapendio?
Dopo il lockdown, nel 2020. Non so perché, ma dopo essere stati privati ​​della libertà mi è venuta voglia di volare. In più il riscaldamento globale sta avendo un impatto sempre maggiore sul nostro habitat e, nel lungo periodo, il parapendio potrebbe diventare sempre più pratico, se non essenziale, per raggiungere buone linee in quota e poi anche per tornare a casa. Questo mi eviterebbe lunghe discese a piedi, a volerla vedere in ottica conservativa mi fa evitare anche di sforzare le ginocchia.

Quale tra le due discipline ami di più?
Lo sci è la mia passione fin da bambino: adoro la parte di ricerca e poi il piacere di tracciare nuove linee nella neve fresca. Il parapendio è qualcosa di nuovo per me, volo soltanto da due anni e ho ancora molto da imparare. È qualcosa di diverso, ma dopo una bella volata provo la stessa soddisfazione che dopo una giornata sugli sci.

Ci racconti dell’impresa?
L’idea era quella di decollare dall’Aiguille du Midi e di atterrare alla base della parete, per poi partire per la salita e infine sciare. Dopo aver terminato la discesa idealmente sarei dovuto decollare di nuovo con il parapendio per finire poi la giornata con un atterraggio nel cortile di casa. Quindi sono partito con un primo tentativo di planata verso le Periades, dove però c’era vento fortissimo da ovest, con una velocità che ha raggiunto i 25 mph a quota 11.800, che mi ha impedito di decollare. Ho dovuto quindi dirottare la partenza a 11.150 piedi, ho potuto così attraversare la Vallée Blanche e atterrare poche centinaia di metri sotto il punto di decollo, in un canalone intatto con condizioni di neve perfette che mi ha permesso di completare con successo questo primo test. Ho atteso a lungo, sperando in una finestra meteo con buone condizioni che mi permettessero di partire dall’Aiguille du Midi e sciare la parete nord del Dome du Gouter, a 14.120 piedi. La combinazione di un inverno molto secco, come non ne ho mai visti in tutta la mia vita, e di condizioni di vento troppo impegnative per il mio livello di parapendio, mi hanno fatto desistere. Le montagne ci saranno anche il prossimo anno, almeno spero, quindi ho deciso di dare la priorità alla sicurezza durante questo progetto perché la parte del volo in parapendio è ancora un territorio relativamente inesplorato per me.

Come ci si prepara a una missione del genere?
La parte fondamentale è l’osservazione, che inizia già in estate, quando le montagne non sono ancora coperte dalla neve, poi continua in autunno, quando iniziano le prime nevicate, e culmina in inverno: è fondamentale essere sul posto il più spesso possibile, per rendersi bene conto delle condizioni. Questo in linea generale, siccome adesso ho incluso anche il parapendio nelle mie avventure significa che la preparazione e la ricerca dovranno essere ancora più meticolose: dovrò infatti trovare le aree adatte sia per il decollo che per l’atterraggio, poi potrò raggiungere la mia destinazione con gli sci.