Il Ragno della Patagonia

Il Ragno della Patagonia

“Il Ragno della Patagonia” di Fulvio Mariani racconta la storia di Casimiro Ferrari e Matteo Della Bordella

Due generazioni di alpinisti,

 Uno spirito esplorativo

 Alla continua ricerca di una via ancora da tracciare.

Maestose vette su mari di ghiaccio coperti da cieli in tempesta. Quella dell’alpinismo patagonico è una sfida che solo l’elite internazionale può davvero affrontare. Su tutti i pionieri spicca un nome. È Casimiro Ferrari, che con i suoi Ragni di Lecco ha lasciato un segno sulla roccia, sul ghiaccio e sulle leggende della Patagonia.

A molti anni di distanza, qualcun altro ha deciso di ripercorre le vie del maestro e aprirne qualcuna in più. Con stile pulito, leggero e futurista, è Matteo della Bordella, insieme ai suoi compagni, a risalire le vie di Casimiro. Un’impresa di cui potremo essere tutti spettatori grazie alla telecamera di Fulvio Mariani, il regista esperto di montagne patagoniche dal 1985. 

Una raccolta ricca di filmati d’epoca, a volte inediti, che mette a confronto due generazioni di alpinisti. Cerro Torre, Cerro Murallón, Riso Patrón, la parete est del Cerro Fitz Roy. I giovani sono ancora attratti dal carisma del mitologico “Ragno della Patagonia”. Parete dopo parete, scoprono la determinazione e l’intuito esplorativo di Casimiro. Perché scalare in luoghi come quelli è un gioco con regole estremamente rigorose, e il pericolo minaccia di prendersi anche i migliori compagni. 

Fulvio Mariani: una vita tra alpinismo e fotografia

In tutto questo, Fulvio fonda la Iceberg-Film, casa di produzione, e gira con successo film sulle più importanti montagne del mondo. Con una filmografia di oltre 40 documentari e di altrettanti lavori, Fulvio e la Iceberg-Film ottengono premi e riconoscimenti a livello internazionale. Per anni, Fulvio viaggia e filma il suo luogo di “caccia” preferito: la Patagonia.

Fulvio Mariani, classe 1958, nasce a La Chaux-de-Fonds, in Svizzera. Fin da giovane manifesta un profondo interesse per l’alpinismo e la fotografia. Risale al 1985 la firma del documentario “Cumbre”, racconto della storica solitaria di Marco Pedrini, che salì il Cerro Torre in una sola giornata. Seguendo le orme di Marco, Fulvio svolge un eccezionale lavoro di regia e dimostra il suo talento d’alpinista, diventando uno dei pochi ad aver raggiunto la cima.

Nel 1989, Reinhold Messner, primo alpinista a chiudere tutti i 14 ottomila, lo vuole nella spedizione internazionale alla parete sud del Lhotse. E lo stesso anno lo si ritrova sulla stessa con il polacco Jerzy Kukuczka, il secondo salitore di tutti gli ottomila. Dalle due esperienze nasce il film “L’anno nero del Serpente”.

Casimiro Ferrari: testardaggine e intuito

La celebrità di Casimiro Ferrari è dovuta principalmente alle sue scalate sulle vette andine della Patagonia, che gli valsero il titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana nel 1977. Ad inserirlo nell’Olimpo dell’alpinismo internazionale fu però un’impresa in particolare: l’ascensione sulla parete Ovest del Cerro Torre nel 1974, con i compagni Mario Conti, Daniele Chiappa e Pino Negri. Fu quella la risoluzione di uno dei più grandi problemi alpinistici del mondo, oltre che una dimostrazione di eccezionale spirito di squadra e straordinaria testardaggine. 

Con il Cerro Torre, Casimiro ebbe sempre un rapporto particolare. Per lunghi anni visse proprio nelle sue vicinanze, tanto che poteva osservarne la cima con il binocolo direttamente dal salotto.

Nel luglio del 2001, Casimiro si trovava ancora in Patagonia, in quello che sarebbe stato il suo ultimo viaggio. Era partito durante l’inverno australe per controllare le condizioni della sua estancia; per raggiungerla, aveva dovuto percorrere a piedi una distanza di 15 chilometri attraversando neve fresca alta fino al petto. Una volta arrivato, si ammalò di polmonite e fu necessario chiamare i soccorsi. Il suo ritorno in Italia fu immediato, ma morì poco dopo, il 4 settembre 2001.

Matteo della Bordella: semplicità e concretezza

Nato e cresciuto a Varese, muove i primi passi in verticale a 12 anni. È il padre ad avviarlo, sulle pareti di casa. È solo dopo un ben numero di salite in montagna, sempre in cordata con il padre Fabio, che la passione esplode. 

Nel 2006 entra nel gruppo dei Ragni di Lecco e grazie a questo ha la possibilità di crescere come alpinista e come persona. Laureato in Ingegneria Gestionale, prosegue gli studi con un dottorato di ricerca, senza mai allontanarsi dalla vera passione: l’alpinismo. 

Ha un debole per le verticali di roccia sperdute, a difficoltà elevate, dove la sfida sta sia nel raggiungerle che nel riuscire a salirle, possibilmente in arrampicata libera e con il materiale minimo. Forse è proprio questa passione a legarlo alla Patagonia ma anche alla Groenlandia, al Pakistan, l’India e l’Isola di Baffin. L’alpinismo che gli piace è quello essenziale, concreto, leggero, per un confronto ad armi pari con la montagna. 

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