Murat Pelit Interview

Murat Pelit Interview

Murat Pelit, membro dello Swiss Paralympic Ski Team, è un atleta di Coppa del Mondo. In seguito ad un tumore maligno all’osso sacro, è rimasto con una paraplegia incompleta, ma grazie alla sua forte determinazione non si è mai dato per vinto e si è lanciato nell’avventura dello sci paraolimpico, ottenendo importanti risultati.

Ciao Murat, raccontaci un po’ di te, chi sei e da dove vieni?

Sono Murat Pelit di Stabio, ho 36 anni e da qualche anno sono ambasciatore VF International.

 

Sei sempre stato un appassionato di sport praticati all’aria aperta, dopo aver scoperto la tua malattia, un tumore maligno all’osso sacro, cosa ti ha spinto a perseguire i tuoi desideri?

Prima della malattia mi piaceva molto fare sport, stare all’ aria aperta soprattutto in montagna e anche la professione che facevo, la forestale, si prestava molto bene al mio stile di vita. Quando i medici hanno scoperto che avevo questa malattia, mi sono subito impegnato a voler tornare sulle mie montagne perché non volevo che mi mancasse qualcosa. Questa è stata la più grande forza, voler tornare ogni volta, dopo ogni operazione, a fare ciò che amavo.

 

Quanto sei rimasto in ospedale?

Sono passati oramai quindici anni da quando hanno scoperto la mia malattia. Di questi 15 anni, posso dire di averne passati almeno 7/8 in ospedale, di cui un anno intero l’ho passato a letto. Ad oggi conto più di 80 operazioni, quindi ho avuto molto tempo per riflettere. Sembra una cosa scontata, ma il fatto di avere, di vedere le montagne fuori dalla finestra della mia stanza in ospedale, è stato per me di grande aiuto.

 

Sapevi già che avresti poi praticato lo sci-bob a livello professionistico? Dove hai trovato la forza di reagire che ti ha fatto dire: “Ok io ce la posso fare”.

In realtà è nato tutto un po’per caso. Dopo che hanno terminato con l’operazione, mi hanno fatto sedere su di una carrozzina e mi hanno portato in questo centro di riabilitazione dove ti insegnavano a fare qualsiasi cosa con questo mezzo a me sconosciuto. Ero in palestra e sentivo dei ragazzi, che erano lì già da mesi, che parlavano di una possibilità di sciare ed io rimasi esterrefatto: “ ma come sciare, come si fa a sciare” e da lì ho scoperto il monosci, ho chiesto se potevo provarlo e due dottori me lo avevano proprio negato. Non avendo più la colonna legata al bacino ed essendo piena di metalli, era la cosa più sconsigliata e mi avevano suggerito di trovare un altro sport. Dopo 2 mesi e mezzo che ero uscito dal centro, avevo fatto passare l’estate e l’inverno successivo, mi ero comprato da solo lo sci-bob, avevo seguito dei corsi e durante il primo corso avevo osservato degli atleti e chiedendo chi fossero, mi era stato risposto che facevano parte della nazionale paraolimpica Svizzera di sci e mi avevano chiesto se per caso fossi interessato. Risposi subito di si ed iniziai ad allenarmi per raggiungere il mio nuovo obiettivo.

 

“Questa è stata la più grande forza, voler tornare ogni volta, dopo ogni operazione, a fare ciò che amavo”.

“Quello che dico sempre è che dietro ogni momento brutto della vita si celano 100 momenti belli. Ogni situazione di sofferenza, ti rafforza e ti fa godere maggiormente delle cose belle”.

Quanto tempo dedichi ai tuoi allenamenti?

Adesso essendo in Coppa del Mondo, diciamo che su 7 giorni almeno 4/5 li dedico all’allenamento. Per quanto riguarda la preparazione estiva diciamo che pratico anche altri sport come la bici, il wakeboard, vado un po’ in palestra e faccio fisioterapia tutti i giorni. E’ un continuo allenarsi. D’inverno, calano invece un po’ quelle che sono le attività fisiche e praticamente scio tutti i giorni. Per me la settimana è stare sulle piste.

 

Tu sei Svizzero, quindi legato alle tue montagne, ma se dovessi scegliere un tuo luogo preferito, quale sarebbe?

Sono totalmente rapito dall’Oriente, specialmente dal Vietnam, al quale mi sento legato in maniera particolare essendo vice presidente di un’associazione umanitaria. Questo mondo mi affascina moltissimo poiché riescono a trovare un equilibrio perfetto tra tecnologia e tradizione e per adesso ho visitato il Vietnam e la Cambogia e sto programmando un viaggio in Giappone.

 

Quale consiglio daresti alle persone che magari si sono trovate a dover affrontare una situazione simile alla tua?

Quello che dico sempre è che dietro ogni momento brutto della vita si celano 100 momenti belli. Ogni situazione di sofferenza, ti rafforza e ti fa godere maggiormente delle cose belle. La vita deve andare avanti e fortunatamente ci capitano anche molte cose positive.

 

Nella tua carriera di atleta, c’è mai stato un momento in cui hai pensato di non farcela?

No, in realtà non ho mai pensato di non farcela perché quando mi fisso un obiettivo, faccio qualsiasi cosa per cercare di raggiungerlo. Ci sono stati dei momenti di sconforto, quelli si, quando pensi che non ci volevano proprio, legati magari a qualche frattura, a qualche operazione che mi aveva rallentato..però cerco sempre di rimanere positivo.

Sappiamo che sei molto impegnato nel sociale, hai dei nuovi progetti a cui ti stai dedicando?

Sono vicepresidente di un’associazione umanitaria, l’ Esperance Acti, che seguo praticamente giornalmente e abbiamo diversi progetti in Indocina e soprattutto in Vietnam, dove andiamo a costruire scuole, pozzi, ponti, infermerie e oramai stanno andando avanti da molti anni. Per quanto riguarda una delle mie passioni, la pesca, faccio parte di un’associazione molto importante del Ticino, di cui sono segretario e ci occupiamo di diverse attività tra le quali il ripopolamento dei pesci. Diciamo che insieme, mi tengono molto attivo.

 

Che emozioni hai provato quando sei arrivato in Corea? E come ti sei preparato per affrontare la competizione? Come sei riuscito a calmare i tuoi pensieri e le tue paure prima di una gara?

Parto dal 15 di Gennaio, quando mi sono fratturato il polso e ho avuto davvero paura di non poter partecipare più alle Paralimpiadi. Due settimane dopo l’infortunio, i dottori mi avevano dato il loro consenso e per me quello è stato un momento di vera gioia. Dopo aver affrontato un volo di 12 ore e dopo essere arrivati al villaggio Olimpico, tutta la stanchezza che avevamo era di colpo svanita. Una volta che sei lì con così tanti atleti e di altissimo livello, realizzi che vieni ripagato da tutto il lavoro che hai fatto negli ultimi quattro anni ed è una sensazione bellissima. Io non ho potuto fare la gara di discesa libera per via della frattura al polso, però ho partecipato alla gara di Super G prima e alle Combinate dopo, ma in entrambe sono caduto. E’ stata la mia prima Paralimpiade e per me è stato davvero molto difficile, non pensavo che avrei provato delle emozioni così grandi e penso che questa mia agitazione emotiva mi abbia giocato un po’ male. Una delle cose più belle è stato avere un gruppetto di 11 amici, giunti dalla Svizzera a fare il tifo per me e nonostante io avessi un po’ di amarezza, di delusione per i risultati non raggiunti, il loro incitamento mi è stato davvero di grande aiuto. Adesso sto lavorando per la Cina, ho altri quattro anni per riscattarmi e in questo lungo periodo ci saranno due Mondiali e quindi cercherò di focalizzarmi su questi nuovi obiettivi.