“A passo d’uomo” di Denis Imbert

“A passo d’uomo” di Denis Imbert

Tratto da “Sentieri Neri” di Sylvain Tesson, Il film di Denis Imbert con Jean Dujardin

“A passo d’uomo” nasce nel periodo di scomodo riposo che separa la realizzazione di due film. L’esperienza del COVID-19 si è appena conclusa. L’esigenza di una ri-connessione con la natura, di abbracciare una vita del tutto rurale, si affaccia prepotente. In questo frangente, Denis Imbert si imbatte in “Sentieri Neri” di Sylvain Tesson. Di Tesson ha letto tutto. È un autore universale, lo scrittore-viaggiatore per eccellenza, con questa straordinaria capacità di far viaggiare il lettore.

“Sentieri Neri” è una storia personale e intima, una vera e propria forma di autofiction. Tesson visse un’incidente a Chemonix, dove riportò un trauma cranico in seguito a una caduta da un muro di una casa che stava scalando. 

La storia del libro è quella di Pierre, autore ed esploratore che durante una serata alcolica precipita dall’alto di un edificio. Uno stupido incidente che lo porterà in un coma profondo. Sul letto di ospedale, una volta risvegliato, si promette di attraversare la Francia a piedi dal Mercantour (a Sud est) fino a Cotentin (all’estremo Nord Ovest).

Un viaggio unico e senza tempo

alla scoperta della natura, della bellezza della Francia

e di una rinascita personale.

Un viaggio unico e senza tempo alla scoperta della natura, della bellezza della Francia e di una rinascita personale.

“È stato arduo da realizzare, a partire dalla scrittura, fino alle riprese, al montaggio… Infine, solo coi primi ciak ho capito cosa stavo realizzando: sono state rivelatorie le scene del cammino del protagonista. E’ davvero una narrazione assoluta. È stato lì che ho capito che il film poteva essere realizzato” (Denis Imbert).

Importante l’incontro con lo sceneggiatore Diastème. La scrittura della sceneggiatura si basava su una forte convinzione: questa non è una storia di resilienza. È un libro e poi un film sulla riparazione. 

“Io che amo la natura nel senso cinematografico del termine, non volevo assolutamente creare immagini da cartolina. Mi sono vietato di filmare una guida turistica della Francia. La mia ossessione era la natura in quanto materia e che il personaggio scomparisse nel paesaggio. Chiedendo a Sylvain come riassumere il suo libro, mi ha risposto che era ‘una conversazione tra un paesaggio e un volto’. Ho costruito il film in questa direzione. Appena cammini, quando sei solo, entri in uno stato di introspezione. Questo è un viaggio interiore. Sylvain Tesson ci parla del valore del cammino” (Denis Imbert).

Una storia scritta e filmata “all’osso”

Una realizzazione radicale. Ritmi delle riprese serrati e team ridotto a 10 persone in totale. Imbert parte con Arnaud Humann, la guida di Sylvain, conosciuta girando un film in Siberia. Seguono le orme di Sylvain, sperimentano le difficoltà della camminata, la dolcezza del bivacco. 

“Ciò che mi interessava era che si scoprisse chi è quest’uomo grazie agli incontri che fa lungo il cammino. Che ne rivelassero l’anima”. 

Anche i suoni ricercano l’autentico. È un film quasi ‘geologico’, ricco di registrazioni di Jean che cammina su pietre. Tesson dice «dimmi su che pavimento vivi e ti dirò chi sei».

Alla fine più di un elemento rimane avvolto nel mistero. Ci sono cose che non sapremo mai, che lui non ci avrà confidato, come i dettagli dell’incidente o la sua battaglia con l’alcolismo. Trovo piacevole tratteggiare un personaggio che non chiede perdono. Il che non è per forza scandaloso ma può rappresentare l’animo di un uomo integro, semplicemente integro”. 

Una regia ‘organica’

Girato a 360 gradi, continuamente, filmando un personaggio che attraversa una valle, non il contrario.

È il personaggio a guidare. Siamo con lui. È lui che ci tira fuori dai piani sequenza e noi siamo sempre dalla parte del suo punto di vista. È sempre lui che guarda. La mia ossessione era il suo volto. Non bisogna cercare la messa in scena, bisogna solo trovare la cornice giusta, e lasciare fare al paesaggio”. 

Così emerge anche il lato selvaggio. La regia segue l’eroe, che è come un lupo che osserva la vita degli uomini, tenendosene a distanza.

“I sentieri neri sono delle tracce lasciate, che non esistono sulle mappe. Sono sentieri percorsi da animali selvatici. Mi piaceva questa idea di attraversamento. La Francia ha questa prospettiva, queste incredibili linee di fuga. Si può camminare per quattro giorni su sentieri in vetta, senza incontrare nessuno”. 

Chiaramente, non si poteva tornare indietro. Era necessario proseguire, proprio come il personaggio. 

Solo una volta o due abbiamo dormito nello stesso posto. Dovevamo andare avanti, proprio come il personaggio. Ma Tesson dice che per restare liberi non bisogna mai dormire più di due volte nello stesso posto”. 

“A passo d’uomo” sarà disponibile nelle sale a partire dal 19 ottobre 2023.

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