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Caroline Ciavaldini e James Pearson: climbing family

By: Ilaria Chiavacci 

Photos: Raphael Fourau 

Entrambi climber professionisti di successo, entrambi atleti The North Face, entrambi genitori che si dividono equamente la cura dei figli. “Baby Steps” è il documentario che racconta la loro storia e la scelta di Caroline che, in un mondo ideale, non dovrebbe avere nulla di fuori dell’ordinario

Caroline Ciavaldini ha 37 anni ed è una climber professionista. Prima di votarsi all’adventure climbing, è stata un portento delle competizioni indoor. James Pearson è suo marito, ha scoperto l’arrampicata a 16 anni e da quel momento non si è più tolto le scarpette. Entrambi sono atleti The North Face e insieme hanno deciso di diventare genitori. Sempre insieme hanno stabilito che le basi sulle quali avrebbero costruito la loro famiglia sarebbero state l’uguaglianza tra i genitori e l’amore per il climbing. Li ho conosciuti nell’ambito del Milano Climbing Expo. Lì Caroline ha presentato “Baby Steps”, il docufilm in cui racconta il percorso che l’ha portata ad essere madre ma allo stesso tempo a non voler rinunciare alla sua vita da sportiva. Famosa, e criticata per aver arrampicato fino all’ottavo mese di gravidanza, Caroline ha fatto della parità genitoriale uno degli asset imprescindibili. Intorno ad essi ruotano la sua vita e la sua famiglia. Ha deciso di raccontare la sua storia in modo da poter aiutare e ispirare altre donne.

Caroline

Eri preparata, prima di diventare mamma, a quello che sarebbe successo?

Dal momento zero in cui diventi genitore realizzi che quella sarà la cosa in assoluto più difficile che farai in tutta la tua vita. Non riesci veramente a mettere a fuoco tutto quello che succederà fino a che non ti ci trovi. Io sono il tipo di persona che si prepara, quindi avevo riflettuto molto sull’impatto che diventare mamma avrebbe avuto sulla mia vita di atleta. Dunque io e James abbiamo provato ad arrivare pronti: volevamo essere genitori, ma non ci è mai passato per la mente di rinunciare ad essere anche climber professionisti. Ci sono un sacco di modelli nel mondo a cui potersi ispirare e noi ci siamo documentati. Ci sono coppie che con un bambino appena nato hanno girato il mondo in van, oppure famiglie che fanno homeschooling. Abbiamo cercato di trovare il modo di fare quello che amiamo pur avendo dei bambini. I nostri figli vanno alla scuola e all’asilo normali, ma spesso ci seguono se dobbiamo stare in viaggio, come adesso. È tutta una questione di equilibrio secondo me. Sicuramente devi mettere in conto di ricavare dello spazio nella tua vita per i figli che vuoi mettere al mondo.

“Baby Steps” che messaggio vuole lanciare?

Ci sono molti messaggi che ho voluto esplicitare: ho avuto molti amici che si sono persi affrontando la genitorialità, e ci sono passata anch’io. Il messaggio fondamentale quindi credo che sia che essere genitori non è facile, mentre la nostra società ci racconta l’esatto opposto. È dura ed è ok sentirsi persi per mesi, perfino per anni se sei un genitore giovane. Questo non significa che non ne valga la pena, ma che è del tutto normale non stare bene nel momento in cui si diventa genitori.

Ti consideri femminista?

Credo di sì. È solo che, a volte, penso che le persone odino questa parola e ciò non va bene. Non mi sento una di quelle femministe super combattive, però so una cosa: io voglio l’uguaglianza e mi batto per averla. Come società abbiamo un’eredità che non è equa, non lo è stata fino a pochissimo tempo fa e in molti frangenti non lo è nemmeno adesso. La società ti spinge a pensare che, se sei donna, dovrai essere mamma e dovrai ricoprire questo ruolo meglio di qualsiasi altra cosa tu faccia nella vita. Credo che molto di questo aspetto derivi dalla tradizione cristiana e in che in Italia forse sia ancora più marcato che in Francia, ma ho visto molte delle mie amiche pensare la stessa cosa, in maniera più consapevole o meno. Io stessa, quando ho avuto il mio primo figlio, ho avuto un momento in cui volevo solo essere una mamma perfetta e silenziare tutto il resto di me. Ho vissuto questa dualità per molto tempo. Nonostante credessi di essere arrivata preparata al parto, sono stata attraversata da pensieri che mi dicevano: “Perché non lascio a James fare il climber professionista e io faccio semplicemente la mamma?” Poi succedeva che stare tutto il giorno a casa con i bambini e basta non mi rendeva felice, mentre se avevo anche solo un’ora per andarmi ad allenare mi rendevo conto di essere migliore anche con loro. Ho dovuto però fare un lavoro su me stessa per convincermi del fatto che non ero una pessima mamma solo perché mi assentavo per un’ora. A volte non ero neanche fisicamente chissà quanto lontana, magari James si prendeva cura dei bambini mentre io ero nell’altra stanza. Quindi non è neanche che non fossi lì, ma il mio cervello semplicemente non era al 100% focalizzato su di loro. In fin dei conti credo che questo sia stato un bene anche per loro, sono diventati più autonomi proprio perché capita che io non sia a loro completa disposizione.

È stato facile convincere James? 

Per niente, abbiamo avuto molte discussioni. Ho dovuto spingerlo ad abbracciare il ruolo di padre in questo modo, perché lui viene da una famiglia molto tradizionale. Secondo il modello che ha ricevuto lui il babbo lavorava, e la mamma si occupava dei figli. Il babbo inoltre era l’unico a portare la propria passione, lui era un giocatore di rugby, all’interno della vita familiare. Ho dovuto educarlo a comportarsi diversamente, ma ho dovuto educare anche me stessa, perché nemmeno io sono l’immagine dei miei genitori. Entrambi abbiamo dovuto capire e identificare il modo in cui siamo stati cresciuti per poi fare le nostre scelte ed esseri liberi di essere i genitori che volevamo essere. È solo nel momento in cui realizzi che è la società a metterti addosso tanta pressione che diventi in grado di decidere cosa è buono per te e cosa invece non lo è. Conosco molte donne per cui la passione numero uno è la famiglia. È l’unica cosa che desiderano dalla vita, e va bene così. Per me è diverso: non posso pensare di essere solo quello. Anche perché mi chiedo: se la tua passione numero uno è la famiglia, come farà questo a renderti felice per tutta la durata della tua vita? Mia mamma era un’insegnante ed è stata la mamma perfetta, ha fatto moltissimo per noi. ha sempre incoraggiato me e mia sorella a fare sport, portandoci ogni giorno dopo la scuola alle attività che praticavamo. Quello che è successo però è che, una volta che noi siamo cresciute e la sua passione numero uno se n’è andata di casa, lei è entrata in depressione e non si è più ripresa. Non voglio questo per me. I miei figli sicuramente mi rendono felice, ma ho bisogno anche di essere una persona soddisfatta a prescindere da loro.

Sei stata criticata per aver arrampicato all’ottavo mese di gravidanza?

Molte donne si sono avvicinate a me con curiosità, chiedendomi consigli e cercando di capire come mi potevo sentire o come loro potevano fare lo stesso. Non c’è stato un uomo che sia venuto a me a criticarmi, ma ho avuto molti hater su Instagram. È un mezzo diabolico. Permette a persone che non avrebbero mai il coraggio di affrontarti di persona di scriverti cose orribili.

James

Eri preparato, prima di diventare padre, a quello che sarebbe successo?

Quello che posso dire riguardo a tutto il processo di diventare genitori è che a un certo punto ti rendi conto di come le idee che avevi sempre avuto, le convinzioni su come funziona il mondo, erano totalmente sbagliate. Io ero molto preoccupato dal fatto che non avrei avuto più così tanto tempo libero come quando io e Caroline non avevamo bambini. Credevo non avremmo più potuto viaggiare ogni volta che volevamo, come era sempre stato. Avevo paura che i figli ci avrebbero portato via tutta la magia che avevamo, il lusso di poter decidere delle nostre vite liberamente. La realtà è che è molto meglio di prima. Abbiamo molto meno tempo, questo è innegabile, ma quel poco che abbiamo è più prezioso, quindi troviamo il modo di essere più efficienti in tutto. Abbiamo acquisito un sacco di abilità in questo senso. 

Ti senti di star perdendo colpi, come climber, per via dell’essere padre?

In una maniera veramente bizzarra, che non mi sarei mai aspettato, sono invece diventato più efficiente come climber. Avere meno tempo e meno opportunità di focalizzarsi sulle condizioni perfette mi fa essere più performante. Ora non è più una questione di aspettare il momento migliore, il tramonto o il calare del vento: l’unico momento che ho è quando i bambini dormono e me ne frego delle condizioni. Incredibilmente questo mi porta ad arrampicare molto meglio di prima.

È stato facile per Caroline convincerti a dividere equamente il carico genitoriale?

Tutto quello che io e Caroline abbiamo fatto dal minuto uno della nostra relazione è cercare di essere paritari. Ma credo che in questo lei mi abbia spinto molto. Mi rendo conto che io ho la tendenza a ricreare la situazione in cui sono cresciuto, che è sicuramente più tradizionale rispetto a come noi stiamo crescendo i nostri bambini. Mia mamma non ha mai lavorato per tutto il tempo in cui io e i miei fratelli eravamo piccoli. Era quella che cucinava, puliva e si accollava la maggior parte del lavoro in casa. Mio padre era quello che andava a lavorare, guadagnava e utilizzava il tempo libero della famiglia per praticare il suo sport preferito, il rugby. Ho dovuto imparare a riconoscere che un altro modello non solo è possibile, ma che è giusto perché è paritario. Ognuno di noi due ha la stessa responsabilità di guadagnare, di stare dietro ai bambini, di cucinare, di pulire. Anche lo stesso tempo da dedicare all’arrampicata. A volte mi rendo conto di avere la tendenza a voler ricreare il modello dei miei genitori, specialmente quando passiamo molto tempo con loro, come durante la vacanze di Natale. Caroline è quella che mi riporta sempre nella giusta direzione. Lei è quella che mi spinge a guardare un po’ più in là e a progredire nei miei pensieri. Ci supportiamo a vicenda, siamo una squadra.

Ti consideri femminista?

Io credo che la parola femminista sia la nostra peggior nemica quando è riferita ad un uomo. Suona genuinamente cringe. Io cerco, per quello che posso, di contribuire alla definizione di un mondo equo sia che si tratti di genere, di etnia o di religione. Per me non c’è ragione per venir trattati diversamente. Credo che, nel caso della parità di genere, non debba essere una lotta combattuta solo dalle donne, ma da donne e uomini insieme. Rispetto all’essere genitori c’è un momento legato alla gravidanza in cui c’è poco da discutere.  È ovvio che il peso sia per forza più spostato sulla donna e quindi è normale, per me, oggi voler scaricare Caroline il più possibile.

Hai ricevuto critiche o battute per aver rallentato un po’ nel climbing?

La cosa veramente triste è che l’unica che ha ricevuto delle critiche al momento è stata Caroline. La società è ancora indietro su questo e lei è vista come quella che dovrebbe stare a casa con i bambini. Si parla tanto di famiglie moderne, ma quando una famiglia lo è davvero sembra strano a molti.