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Col Cervino negli occhi: François Cazzanelli

Ama lo stile fast and light, ma non disdegna l’alpinismo classico. Guida Alpina da 11 anni, François Cazzanelli ha aperto vie sulle Alpi e in Himalaya, costruendo con ogni realizzazione un nuovo pezzo della sua storia. 31 anni, sorriso stampato in faccia, capelli sempre arruffati e “94 Cervini” in tasca, Cazzanelli è orgogliosamente parte delle storiche Guide del Cervino, come suo padre Valter e come i nonni, paterni e materni. Oggi veste i colori di La Sportiva e guarda alle montagne di casa con occhi diversi.

“Ho scalato in tutto il mondo. Ho raggiunto la vetta di Everest e Lhotse nella stessa stagione, sul Manaslu sono salito in velocità. Sono stato su Vinson, in Antartide, e ho ripetuto la Cassin al Denali, ma le montagne della Valtournenche sono quelle che ancora mi stimolano ad andare in montagna.”

Dalla lunga cresta che comprende Grandes e Petites Murailles, fino alla Catena del Furggen e all’attraente Gran Becca. Chi nasce alla sua ombra ha il destino segnato, verrebbe da dire. Guardando François se ne ha la conferma.

Cosa significa per te il Cervino?
È una scuola di vita. Quello che ho imparato sui suoi 4478 metri l’ho portato sulle montagne del mondo. A volte è difficile da spiegare ma esiste un legame profondo con questa montagna, che si è intensificato negli anni, salita dopo salita. Vivere alle sue pendici, osservarlo tutti i giorni, permette di coglierne le sempre nuove opportunità. Così nascono progetti, ambizioni e sogni. Non finirà mai di stupirmi.

Dai un grande valore all’alpinismo local…
Penso sia importante continuare a ricercare qualcosa di nuovo sulle montagne di casa. Quello che fai qui rimane. Una traversata, una via, un concatenamento ti rimangono sotto agli occhi, tutti i giorni. Lo guardi e pensi “io quello l’ho fatto!” e in qualche modo ti senti arricchito e appagato.

Esiste ancora spazio per qualcosa di nuovo?
Lo spazio ci sarà sempre, fin quando non finirà la fantasia degli alpinisti. Le montagne di casa offrono grandi opportunità, basta saperle cogliere.

Secondo alcuni l’alpinismo è una forma d’arte. Tu come definiresti il tuo?
È la mia personale forma di espressione. Un mio modo di esprimermi, in tutte le stagioni dell’anno, adattandomi a quello che la montagna offre.

La montagna, che sia vicino a casa o dall’altra parte del mondo, porta con sé dei rischi oggettivi. Tu fin dove sei disposto a spingerti?
Difficile dare una riposta. Spesso è l’istinto a darti lo stop, a farti comprendere quando girare le spalle alla vetta e tornare a casa. Quando lo percepisci, ti salva la vita. Sono anche convinto che cambi molto dal luogo in cui ci si trova, almeno per me. Sulle montagne vicino casa ho un approccio di un certo tipo, mentre sulle montagne in giro per il mondo l’atteggiamento è un altro.

Cosa intendi?
È difficile da far comprendere, provo con un esempio. Tutti i progetti più grandi realizzati sulle vette della Valtournenche hanno richiesto più anni di tentativi. Sulle Grandes Murailles sono dovuto tornare tre volte, per aprire la via “Diretta allo Scudo” sul Cervino ho speso quattro tentativi. Quando sento che qualcosa non va torno indietro, posso sempre ritentare.

Sappiamo che sei fidanzato ormai da diversi anni, lei come vive questa tua attività?
Io e Alessia stiamo insieme da 6 anni ormai e abbiamo un bellissimo rapporto. Lei è consapevole dei rischi che prendo in questa attività, che va ben oltre il lavoro di Guida. Insieme abbiamo vissuto tante avventure e tante situazioni che hanno contribuito a cementare il nostro legame. Devo anche dire che se nella vita ho ottenuto così tanti risultati è anche e soprattutto merito suo e della sua capacità di mettere ordine nella mia vita e in tutte le cose.

Ti immagini mai papà?
Mi piacerebbe, ma prima di concretizzarlo devo trovarmi nella giusta condizione.

Da giovani le delusioni sono ancora più forti, quale ti ha segnato di più?
Sicuramente il Kangchenjunga nel 2014. Mi sono ritrovato spiazzato dalla quota e ancora oggi conservo la delusione per non aver saputo essere all’altezza della situazione. Penso faccia parte della normale crescita di un alpinista, quando quattro anni dopo ho raggiunto la vetta dell’Everest tutto è stato diverso.

Hai un sogno nel cassetto? Uno di quelli a cui pensi e ripensi, ma che per ora cerchi di non toccare?
La sud dell’Annapurna. È da un bel po’ che ci penso, ma devo trovare il momento e il compagno giusto.

Il 2022 per te è un anno di cambiamento, da poco hai intensificato la tua collaborazione con La Sportiva, azienda con cui collabori già da diversi anni. Come ti inserisci nella realtà dell’azienda di Ziano di Fiemme?
Per me non è stato un passo facile quello di vestire il total look La Sportiva. A convincermi è stato il grandissimo calore percepito attorno a me da parte di tutta l’azienda. Per la prima volta ho sentito una forte motivazione a fare qualcosa insieme, a crescere insieme. Lo vedo sia nella disponibilità verso di me, ma anche nel lavoro di test e sviluppo prodotto che stiamo portando avanti insieme. Nei prossimi anni ci sarà da divertirsi.