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Fedchenko, Il ghiacciaio dimenticato

I ghiacciai ci dicono tanto del passato e, osservandoli con attenzione, permettono di predire il futuro: del ghiacciaio stesso, dei villaggi vicini e delle grandi città che sopravvivono, spesso inconsapevolmente, grazie ad esso, e dell’intero pianeta. Per questo motivo è così importante studiarli, conoscerli, proteggerli. Ed è proprio il desiderio di conoscenza e di condivisione che ha portato Cédric Gras e Matthieu Tordeur in Tajikistan, nelle Pamir Mountains, a esplorare il Fenchenko, il ghiacciaio dimenticato. Insieme a loro, il filmer Christophe Raylat e un team di ragazzi del posto che li hanno aiutati a muoversi in queste montagne e a portare tutto il materiale necessario. Alcuni di loro avevano solamente sentito parlare a scuola di questi posti lontani da tutto, dove la natura è così severa da non permettere errori di nessun tipo.

La passione, che ha portato Matthieu ad esplorare alcuni tra i ghiacciai più vasti e remoti che esistano, nasce da un più grande interesse per i deserti, per quei posti dove gli esseri umani non sono mai stati o dove non sono benvenuti. In quei posti puoi relazionarti con la natura nel suo stato più puro e così, dovendoti adattare di continuo per sopravvivere, impari molto su te stesso.

Il ghiacciaio dimenticato

Le Pamir Mountains sono piuttosto vicine a montagne decisamente più note, come la catena dell’Himalaya, ma rispetto a queste sono molto differenti. In primo luogo per i locali che non hanno nessun legame spirituale con esse. La maggior parte di chi vive in città non ha la benché minima idea che l’acqua che beve arriva (anche) dal Fedchenko e, in alcuni casi, non lo ha mai nemmeno sentito nominare. Gli unici tagiki che, al contrario, hanno un forte legame con la natura, sono i pochi che abitano i villaggi in alta quota che in inverno vengono isolati dalle nevicate e che hanno imparato ad osservare e rispettare la natura, anche a piegarsi ad essa.

Per via di quest’assenza di cultura di montagna è stato molto difficile trovare qualcuno del posto che potesse aiutare Cédric, Matthieu e Christophe nella spedizione sul Fedchenko. Qui non esistono Guide Alpine né tantomeno vi è il soccorso: l’ultimo elicottero che ha volato nelle Pamir Mountains adesso è un rottame schiantato al suolo. Alla fine si è però si è riuscito a creare un gruppo affiatato ed equilibrato, con portatori che, anche se alle prime armi, hanno mostrato di essere capaci e, soprattutto, entusiasti. Insieme, questo team eterogeneo, ha esplorato in punta di piedi il ghiacciaio dimenticato in una spedizione di 10 giorni nel mese di settembre, il migliore e nonché l’unico mese in cui è possibile arrivare al Fedchenko per via del flusso d’acqua di scioglimento del ghiacciaio. In certi punti, infatti, con dei corsi d’acqua troppo forti da essere guadati, non si potrebbe proseguire.

Immenso e importante

Nonostante Matthieu sia stato anche in Antartide, quello che lo ha più colpito del Fedchenko è la sua vastità. Non solo del ghiacciaio ma di tutta la rete di ghiacciai che si sviluppa in quelle montagne. Un vero e proprio deserto di ghiaccio, dove l’uomo può essere solo di passaggio. In un luogo così remoto, senza possibilità di soccorso, si è costretti a procedere con attenzione e ridurre il rischio al minimo: si conta solo su se stessi e sui propri compagni e si è costretti ad essere umili. Ci si sente vulnerabili e piccoli. È raro oggi, avere l’opportunità di vivere esperienze così vere.

Spesso quando osserviamo i ghiacciai la prima cosa che ci viene in mente non è la loro grandezza, ma piuttosto il loro velocissimo e inarrestabile arretramento, il che ci causa tristezza e preoccupazione. Quello che è stato osservato dal team della spedizione però è un ghiacciaio in buona salute. Per il momento. L’altitudine e l’abbondanza delle nevicate stanno bilanciando e mantenendo in buono stato il ghiacciaio oggi, ma un domani fatto di scioglimento e di alluvioni a valle è per forza di cose ipotizzato. Prima o poi, anche il Fedchenko inizierà a ritirarsi e tutti coloro che ne beneficiano saranno costretti ad adattarsi, come pretende la natura.

Quando si ipotizza un futuro sempre più drammatico per i ghiacciai ci si sente spesso impotenti e ci si chiede cos’è che si può fare per rallentare questo processo inarrestabile. Matthieu ha deciso di esplorare questi luoghi spesso dimenticati ma così importanti per la sopravvivenza di tutte le specie del pianeta e così divulgare, far conoscere. Perché solo se conosci, puoi salvare, salvarti e sopravvivere.

Fedchenko, il ghiacciaio dimenticato – Il film Picture

Il loro obiettivo è il ghiacciaio Fedchenko, lungo 77 chilometri, il più lungo ghiacciaio non polare del mondo. È un esempio delle centinaia di ghiacciai che sostengono la vita a valle nei deserti dell’Asia centrale. Dopo aver raggiunto il Tagikistan in treno, Cédric e Matthieu si avventurano nelle profondità delle imponenti montagne del Pamir. Accompagnati da un team di tagiki, intendono seguire le orme di coloro che per primi esplorarono i passi di alta montagna e i selvaggi fiumi della regione. Il cambiamento climatico ha avuto poco effetto da queste parti. Anche se a 2000 chilometri di distanza il Mare d’Aral si è prosciugato, il motivo principale è la deviazione troppo zelante dell’acqua di fusione per l’irrigazione, iniziata già in epoca sovietica. Dopo dieci giorni di viaggio, Cédric e Matthieu raggiungono una vecchia stazione di ricerca scientifica costruita proprio sopra il ghiacciaio Fedchenko. Circondata da cime glaciali mozzafiato, sembra essere stata abbandonata solo di recente dai suoi vecchi custodi. Tutti gli strumenti e gli oggetti di uso quotidiano sono rimasti com’erano. L’URSS aveva compreso l’importanza delle montagne del Pamir come spartiacque per i paesi dell’Asia centrale. Con Christophe Raylat dietro la macchina da presa, Cédric e Matthieu approfondiscono questo importante tema.