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Girls gotta eat dirt

L’approccio delle protagoniste; tre affascinanti donzelle su due ruote, rappresenta molto più di uno sport, dimostra che finalmente ci si sta ribellando a qualche cosa. Seppur nella consapevolezza che ogni ribellione è fine a sé stessa e morirà con i dissidenti stessi, ma tanto basta.

“We just like to go fast” suona come un payoff marchettaro e invece è la frase con cui si presentano Avra, Clare e Delilah. Non c’è niente di perfetto nella pellicola della Ripton & Co. È questa la sua forza: l’arte di non prendersi sul serio nemmeno quando si è giovani talenti della mountain bike, soprattutto quando si è giovani. Tutto è sporco, anche alcuni movimenti di camera lo sono. Le tre rider sono amiche, nonché coinquiline e compagne di viaggio. Un cameratismo femminile capace di rendere ogni donna fiera di appartenere al gentil sesso. Tre fighe in sella a una bicicletta, sempre a scherzare. Questo è “Girls gotta eat dirt”. E sì, la ingurgitano per davvero una manciata di terra a metà film. Mi chiedo se il gesto abbia ispirato il titolo o il contrario. Mi piace credere alla prima ipotesi.

Il panorama senza fine del Colorado è la scenografia del film, cambia a ogni inquadratura restando fedele a sé stesso. Un pezzo di terra quadrato, incastonato nel centro degli Stati Uniti d’America, né troppo a sud né troppo a nord, non troppo a est ma nemmeno del tutto a ovest. Si sente odore di West, piuttosto. Ci sono stata in Colorado, una sfida rendergli giustizia a parole. C’è un arido deserto fatto di afa in Colorado, di dune calde, dipinte e cangianti nel giorno. Ci sono poi spaccature tangibili, squarci terribili nella roccia rossa, crepe senza fine apparente. Vivono alberi locali, abeti verdi si innalzano di oltre 25 metri interrompendo la siccità col verde smeraldo e svelando, tra i rami meno folti, le innevate Montagne Rocciose sul retro. Acqua che evolve, dagli specchi blu dei fiumi lenti, densi e metallici, al riverbero accecante della neve più alta. Da liquida a solida. Fin nel vapore che al tramonto asciuga l’asfalto americano, che è più scuro di quello europeo.

Ci sono agglomerati urbani nel mezzo del nulla. Si fanno notare, gli esseri umani di qui, con insegne luminose intermittenti e qualsiasi stereotipo “stars and stripes” vi possa venire in memoria. Ci sono anche essere umani defilati tuttavia, i più solitari, che si avvicinano a quegli animi western, a quei luoghi di frontiera carichi di libertà e speranza. In questa breve pellicola questo ho visto, l’asprezza della vita selvaggia a contatto con la Natura in una ritmica anticonformista, un po’ Rock’n Roll e insieme un po’ Western. Eroi (eroine in questo caso) perennemente sudati che si muovono in ambienti selvaggi e polverosi. Su scenari altrettanto desolati, ma di desolata bellezza.

I copertoni sporchi delle ragazze non si limitano a ricoprire creste, nemmeno a spolverare il fondo delle foreste o i sentieri più sconnessi. Non attraversano solo uno spazio naturale ma diventano invece ponte di comunicazione tra culture e forme espressive antiche e dissimili tra loro. Accomunate dalla ricerca del gioco, dell’avventura in montagna così come dovrebbe sempre essere: senza pensieri.

A nessuno, io credo, è stato risparmiato il temuto quesito esistenziale: “E tu? Cosa farai da grande?” In queste immagini è un po’ come se la domanda fosse stata posta al contrario. Chiedere ai grandi cosa farebbero da piccoli, per poi vedere tre super fighe incarnare quella che, in fondo, è un po’ la risposta di tutti.

Le sgommate fiere, talvolta quasi sprezzanti, si congiungono a un passato in cui la ribellione era un’opzione presa sul serio. La loro è una sommossa inconsapevole, peraltro. Questo è il vero valore. Così dovrebbero essere le vere insurrezioni: felici, sporche, ignare. Il film lascia un sorriso passeggero, ma è la nostalgia per un coraggio mai avuto a restare.

Insomma, il BANFF ha festeggiato bene i suoi 10 anni in Italia. Se vi siete persi le tappe di quest’anno su Itaca On Demand trovate la raccolta di tutti i film compresa questa figata in cui si pedala, ci si diverte e “si deve mangiare terra”.

*Si consiglia, in sintesi, di alternare un buon libro a un buon cortometraggio, di superare sempre le dosi giornaliere consigliate, di assumere vicino o lontano o durante i pasti, in caso di complicazioni consultare una guida escursionistica. Il tutto da conservare alla piena portata dei bambini.