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Life at Tarfala Hut

By: Tommaso Bernacchi

 

Ho avuto il piacere di partecipare ad uno splitboarding trip nella Lapponia svedese: 4 giorni di esplorazione e curve in un terreno completamente nuovo per me. Il tour è stato organizzato da Mats, founder di Stranda Snowboards, e coordinato da Fred di Upguides, una guida francese che da anni lavora in Svezia.

Dopo un treno notturno da Stoccolma incontro Mats, le guide e i miei quattro compagni di viaggio a Kiruna, l’ultima vera e propria città prima delle infinite terre bianche della Lapponia. Non è molto grande, mi ricorda vagamente una di quelle cittadine che si vedono nei film ambientati in paesi come l’Alaska. Poco spazio per il design e l’architettura, qualche bar e naturalmente uno di quei negozi outdoor dove trovare tutto il necessario per sopravvivere nel selvaggio nord. Una particolarità di Kiruna è che la città viene letteralmente spostata ogni tot anni per via della miniera di ferro sottostante. Quando il terreno inizia a diventare instabile Kiruna trova una nuova collocazione per permettere l’estrazione del ferro. 

Il piano è quello di raggiungere l’area del Kebnekaise e trascorrere 4 notti nei rifugi esplorando la zona con le nostre splitboard,alla ricerca di belle discese. Il gruppo è molto vario e ognuno di noi ha qualche storia da raccontare, così iniziamo subito ad andare d’accordo,  saliamo sul bus in direzione Nikkaloukta, da lì inizia l’avventura. 

Nikkaluokta è la porta di ingresso verso il selvaggio nord: le strade terminano qui, lasciando spazio a un mare bianco. Da qui si dipanano più vallate separate da promontori poco elevati. In fondo spicca la vetta di Kebnekaise (2120 metri), la cima più alta della Svezia. 

L’ambiente è molto diverso rispetto a ciò a cui sono abituato… Vedo infatti numerosi gruppi di sciatori di fondo dotati di slitta su cui trasportano il necessario per le notti in rifugio. Si tratta di un tipo di turismo sciistico del tutto inusuale per uno come me abituato allo scialpinismo sull’arco alpino.

Una volta arrivati, le guardie forestali ci avvisano di un inconveniente: viste le temperature troppo elevate degli ultimi giorni, mai viste qui in questo periodo (grazie mille global warming), lo strato di ghiaccio in alcuni punti di passaggio si sta sciogliendo, rendendo molto difficile il trasporto dei viveri e delle stesse persone verso i vari rifugi. Per fortuna però in poco tempo riusciamo a trovare una via alternativa e siamo in grado di compiere il trasferimento di 19km in motoslitta verso il primo rifugio, la STF Kebnekaise Mountain Station dove trascorreremo la notte. Da qui in avanti non utilizzeremo più alcun motore che non siano le nostre gambe per spostarci. 

La STF Kebnekaise Mountain Station conta 220 letti, si potrebbe chiamare rifugio di lusso vista la presenza di un ristorante e di una sauna. È la riprova del grande flusso turistico che caratterizza queste zone, un flusso che però sembra essere molto rispettoso dell’ambiente e del lavoro degli altri. Dopo una breve risalita pomeridiana per guadagnarci qualche curva, la notte passa tranquilla, un ultimo check dei set up e degli zaini per la mattina successiva dopo di che briefing con le guide per controllare le previsioni meteorologiche e per pianificare l’itinerario. Le condizioni non sono delle più favorevoli, dopo il caldo è arrivato il vento che significa ghiaccio, crosta, duro. Ci aspetta una traversata piuttosto intensa lungo la valle Tarfalavagge per raggiungere quella che sarà la nostra casa per i prossimi 4 giorni: Tarfala Hut.

La mattina arriva ed è tempo di avviarci, appena ci addentriamo tra le betulle ecco che alla nostra sinistra compare un branco di alci, si muovono al trotto, silenziose, sebbene a una cinquantina di metri da noi, grazie al vento e alla neve che assorbono i rumori. È sempre bello imbattersi in quelli che sono i veri padroni di casa. La traversata è dura e mi permette di riflettere sul vero significato di affidabilità dell’attrezzatura. I materiali infatti vengono sollecitati parecchio durante questi itinerari. Sono abituato a fare la maggior parte dell’itinerario sul morbido, in condizioni meteo almeno discrete, solitamente se le condizioni non sono ottimali non si esce invece qui è tutto molto diverso, bisogna uscire perché dobbiamo raggiungere la meta prestabilita, non senza valutare i rischi ovviamente, ma vento o meno è necessario spostarsi per poter sfruttare la giornata seguente. L’itinerario è abbastanza semplice, senza dislivello, ma reso quasi impossibile dalle forti raffiche di vento che, complici ghiaccio e zaino pesante, mi buttano per terra 2-3 volte. 

Con qualche difficoltà arriviamo a Tarfala Hut, dove rimarremo per qualche giorno con l’obbiettivo di svolgere delle gite qui intorno. Lo scenario è incredibile. Un mare bianco, circondato da un anello di montagne, tra cui spicca il Kebnekaise. 

Il rifugio di Tarfala è proprio come me lo aspettavo: essenziale nei servizi, richiede spirito di adattamento e bisogna collaborare e partecipare al suo mantenimento. Questo significa andare a prendere l’acqua al pozzo (un buco nel ghiaccio del lago) e spalare quando necessario. Le notti passano tranquille, a lume di candela con qualche gioco da tavolo e tantissimo storytelling. Durante queste serate ho l’occasione di conoscere meglio Mats che ha la grande capacità di trasmettere una grande passione per lo snowboard e per lo shaping delle tavole. Si nota sin da subito la sua grande cultura sull’argomento. L’ultima sera del mio soggiorno, quando ormai non ci speravo neanche più (le previsioni non davano molte chance di incontrarla), è finalmente apparsa l’aurora boreale. Uno spettacolo incredibile, reso ancor più bello dall’effetto sorpresa.

Durante i giorni successivi riusciamo a portare a casa delle curve decisamente belle, in uno scenario completamente inusuale per me. Le immense e spigolose montagne di casa che di solito fanno da cornice alle mie uscite vengono sostituite da pendii più bassi e morbidi. Da quando sono arrivato qui non riesco tuttavia a distogliere lo sguardo da un canale che sembra (e lo sarà) epico, obbiettivo dell’ultima giornata del viaggio.

Quella che sto vivendo è un’esperienza davvero incredibile, sicuramente l’interpretazione più appropriata della parola skitouring: conoscere nuove zone, dormire in veri e propri rifugi isolati dalla civiltà per sciare, sciare, sciare. Come sempre, torno a casa con il cuore pieno di emozioni, di nuove amicizie e di ricordi. E sapere come il surf e lo snowboard possano, oltre al gesto in sé, donare così tanto è sempre un regalo non così scontato.